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giovedì 29 gennaio 2009

Periodo di prova nel lavoro subordinato

Nozione generale

I soggetti di un rapporto di lavoro, rispettivamente il datore di lavoro ed il prestatore, frequentemente, avvertono l’esigenza di verificare, mediante un congruo periodo di prova, la reciproca convenienza alla conclusione del contratto definitivo.
Lo scopo del datore sarà quello di valutare le attitudini e le competenze necessarie per l’espletamento delle mansioni assegnate al prestatore, mentre il lavoratore analizzerà le condizioni, i contenuti della prestazione e l’interesse allo svolgimento dell’obbligazione lavorativa.
Il contratto di lavoro pertanto, qualora sia concluso con la previsione del patto di prova, si configura come contratto sottoposto a condizione sospensiva, in quanto la sua efficacia risulterà sospesa fino al verificarsi del gradimento o del mancato recesso delle parti, o risolutiva, se il contenuto del contratto definitivo è destinato a risolversi al verificarsi del mancato gradimento o del recesso delle parti.
Il patto di prova, assume una fisionomia tipica, ricevendo una specifica regolamentazione sia dalla disciplina legislativa che da quella contrattuale.
Esso trova il suo fondamento nelle disposizioni codicistiche (art.2096 comma 1 del Codice Civile) e nell’art.4, del Regio Decreto Legge n.1825/1924 che prevedono la forma scritta per tale contratto, richiesta ad substantiam per la sua validità; la sua mancanza infatti, determina la nullità assoluta dell’assunzione in prova e la sua immediata ed automatica conversione in assunzione definitiva.

Gli orientamenti della giurisprudenza
Si ritiene che la partecipazione ad un corso di perfezionamento non sia assimilabile ad un rapporto di lavoro in prova, poiché vi è la mancanza del requisito formale, previsto "ad substantiam" dall'art.2096 del c.c.
La presenza di un corso di addestramento è estranea all'assunzione in prova; dalla partecipazione ad esso, pertanto, anche se lodevole, non discende di regola un diritto all'assunzione, mentre l'esito positivo della prova rende definitivo il contratto (Cassazione 13/6/1990 n. 5731).
La sottoscrizione del patto deve essere effettuata all’inizio del periodo di prova (Cassazione 19/11/1993 n.11427) e durante lo svolgimento di tale periodo il lavoratore gode del medesimo trattamento normativo che dovrebbe competergli in caso di assunzione definitiva, in quanto gli verrà richiesto l’adempimento delle normali prestazioni di lavoro, pari dal punto di vista qualitativo e quantitativo a quelle degli altri lavoratori di uguale qualifica (Corte Costituzionale 22/12/1980 n.189).
La stipulazione scritta del patto di prova deve essere anteriore o contestuale all'inizio del rapporto di lavoro, in mancanza esso sarà nullo, con conseguente, automatica ed immediata, assunzione definitiva del lavoratore, che non sarà più licenziabile, a meno che non ricorrano le ipotesi di giusta causa e/o giustificato motivo (Massima della Cassazione 3/1/1995, n. 25).

Contenuto
La clausola contenente il periodo di prova dovrà indicare esattamente le mansioni affidate al lavoratore (Sent. Cass.22/3/2000, n.3451), ma a differenza della forma scritta, necessaria per l'assunzione del lavoratore con patto di prova, al fine di stabilire inequivocabilmente il periodo durante il quale il recesso delle parti è libero, nulla è previsto dalla legge, circa le mansioni, la cui indicazione potrà avvenire anche con patto orale (Tribunale Milano, 31/1/1997).

Durata
Per tutelare gli interessi del lavoratore è necessario stabilire una durata massima del periodo di prova, che il codice civile non contempla, demandando alla contrattazione collettiva, il lasso di tempo previsto, in relazione alla categoria ed al livello di inquadramento.
Ma tale lacuna viene colmata indirettamente dall’art.10 della Legge 604/1966 in materia limitativa dei licenziamenti, che prevede 6 mesi per tutte le categorie di lavoratori e 3 mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive (Cassazione 13/3/1992 n.3093).
Per quanto riguarda i criteri di computo del periodo di prova, la giurisprudenza prevede diversi orientamenti, pertanto secondo una parte, qualora il termine sia fissato in mesi, in assenza di una specifica previsione, dovrà essere osservato il calendario comune, considerando anche le giornate in cui vi sia sospensione della prestazione lavorativa (Massima della Cassazione 24/12/1999 n.14538; Sentenza della Cassazione 12/9/1991 n.9536), mentre un opposto indirizzo interpretativo ritiene che la durata della prova si determina in base all’effettiva attività svolta, senza tenere conto dei periodi di sospensione per determinati eventi quali, malattia, gravidanza e puerperio, infortunio, permessi sciopero e ferie, ma solo i riposi settimanali e le festività che invece vanno considerati (Cassazione 18/7/1998 n. 7087, Cassazione 24/10/1996 n.9304).
Nel caso in cui il periodo di prova sia stabilito in giorni, dovranno essere considerati solo i giorni in cui effettivamente viene prestata attività lavorativa, ad esclusione dei periodi in cui opera la sospensione, comprendendo, invece i riposi settimanali e le festività.
Il periodo di prova può essere sospeso nel caso di aspettativa per la copertura di cariche pubbliche, decorrendo con la ripresa del servizio (art.2 comma 2 Legge 816/1985).
Si precisa che è, in ogni caso, demandata alla contrattazione collettiva la previsione delle ipotesi in cui opera la sospensione del periodo di prova.

Recesso
Ciascuna delle parti contraenti ha la facoltà di recedere liberamente dal rapporto di lavoro in prova, senza obbligo di darne preavviso all’altra (art.2096 comma 3 Codice Civile) né di pagare l’indennità sostitutiva (art.4, del Regio Decreto Legge n.1825/1924).
Qualora la prova sia stabilita per un periodo minimo necessario tale facoltà non potrà essere esercitata prima della scadenza del termine pattuito, a meno che non ricorra una giusta causa di licenziamento (art.10 della Legge 604/1966).

Gli orientamenti della giurisprudenza
E’ illegittimo il comportamento del datore di lavoro che esercita il potere di recesso prima di aver effettivamente verificato le capacità professionali del lavoratore o qualora il periodo di prova risulti obiettivamente insufficiente a verificare la capacità del prestatore, o conseguentemente all’esito negativo della prova in relazione a mansioni superiori rispetto a quelle pattuite (Sent. Cass. 6/6/1987 n.4979, Cass.8/2/2000, n.1387).
E’ inoltre illegittimo il licenziamento, intimato dal datore durante il periodo di prova, qualora sia riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto di lavoro, spettando in tal caso al lavoratore l’onere di provare l’esistenza di una di tali condizioni, al fine di ottenere l’annullamento del recesso (Sent. Cass.12/3/1999, n. 2228).
E’ prevista la possibilità per il datore di intimare il licenziamento anche oralmente, poiché l’obbligo della comunicazione scritta sorge solo dal momento in cui l’assunzione del lavoratore diviene definitiva e in ogni caso decorso il termine massimo del periodo di prova, pari a 6 mesi (Corte Cost.4/12/2000, n.541).
Qualora il recesso sia considerato illegittimo sarà riconosciuto, al lavoratore, il diritto a terminare la prova e ad ottenere il pagamento delle retribuzioni per i giorni residui, considerando che il datore di lavoro, nel lasso di tempo tra l'interruzione del periodo di prova ed il giorno della prefissata sua scadenza, avrebbe potuto esercitare la facoltà di recesso, senza limiti e condizioni (Sent. Cass.18/11/1995, n. 11934).

CASI PARTICOLARI

Apprendisti
Il datore di lavoro e l’apprendista possono convenire, precedentemente o contestualmente, all’assunzione, un periodo di prova che non può eccedere la durata di due mesi (art.9 Legge 25/1955), superati i quali l’assunzione dell’apprendista diviene definitiva.
Al riguardo è stato comunque affermato che sono legittime quelle clausole, previste dai contratti collettivi, che al fine di tutelare gli interessi degli apprendisti, prevedono, ad esempio nel caso di prestazioni lavorative di natura tecnica, richiedenti particolare perizia o per motivi indipendenti dalla volontà o diligenza dell’apprendista, la possibilità di rinnovare il periodo di prova per una durata non superiore a due mesi.
La contrattazione collettiva consente, inoltre, l’esonero dello svolgimento del periodo di prova o una sua riduzione, qualora gli apprendisti, precedentemente all’assunzione, abbiano frequentato con profitto corsi professionali.
Un volta terminato il suddetto periodo di prova, l’assunzione dell’apprendista diviene definitiva.

Part time
In virtù del principio di non discriminazione, sancito dalle disposizioni normative relative al lavoro a tempo parziale, spettano al lavoratore che effettua prestazione lavorativa ad orario ridotto (part-time) i medesimi diritti previsti per il lavoratore a tempo pieno, anche riguardo la durata del periodo di prova (art.4, comma 2 D.Lgs. 61/2000).
E’ compatibile, infatti, il periodo di prova con il rapporto di lavoro part-time, pertanto saranno applicate le norme relative alla generalità dei rapporti di lavoro, a condizione che tale periodo risulti da atto scritto non posteriore all’inizio del rapporto di lavoro stesso (circolare Ministero del Lavoro del 26/8/1986 n.102).
La sua quantificazione è prevista dalla contrattazione collettiva, entro i limiti fissati dalla legge secondo il principio di proporzionalità, concretizzandosi nello stesso numero di giorni computabili per il rapporto full-time, per quanto riguarda il contratto part-time di tipo orizzontale, mentre nel caso di part-time verticale, dovranno essere computati solo i giorni effettivamente lavorati.

Contratto a tempo determinato
Non esistono ostacoli all’inserimento del patto di prova in un contratto a tempo determinato nei limiti, si intende, di durata stabiliti dalla normativa generale e dalla contrattazione collettiva.
Anche il patto di prova deve risultare da atto scritto e deve essere di data non posteriore all’inizio dell’attività lavorativa, esso dovrà essere espresso in modo esplicito, non essendo sufficiente, semplicemente, la sua previsione nel contratto collettivo (art.2096 cod. civ.).
Le conseguenze di tale patto comportano la libertà di ciascuna delle parti di recedere dal contratto durante la prova senza necessità di preavviso (art.4 R.D.L. 1825/1924).
Si precisa che qualora il patto di prova sia considerato nullo, ad esempio, per carenza di forma scritta, rimane valida l’apposizione del termine poiché, osservate le disposizioni in materia, la nullità della prova non determina anche la nullità del contratto a termine; ci troveremo pertanto innanzi ad un rapporto di lavoro definitivo, quindi senza periodo di prova, pur rimanendo la tipologia contrattuale a tempo determinato.
E’ ammessa, inoltre la reiterazione del periodo di prova in due contratti di lavoro a tempo determinato, successivamente stipulati fra le stesse parti, in virtù dell’astratta volontà delle parti stesse di derogare alla disciplina tipica del rapporto e consentire ad una di esse la libera recedibilità prima della scadenza del termine.
Tale ripetizione è consentita, al fine di verificare la permanenza delle qualità professionali del lavoratore e la sua personalità complessiva, in relazione all'adempimento della prestazione, poiché tali elementi sono certamente suscettibili di modifiche nel corso del tempo e talvolta tra le due assunzioni può trascorrere un notevole intervallo temporale (Sent.Cass.18/2/1995, n. 1741).

per maggiori informazioni info@studiogennai.com oppure fax 0587/949935

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