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mercoledì 30 dicembre 2009

Commissioni Bancarie



COMMISSIONI BANCARIE: ANTITRUST, DA NUOVI MECCANISMI EFFETTI NEGATIVI PER I CONSUMATORI

Segnalazione inviata a Governo, Parlamento e Banca d’Italia. Costi aumentati fino a 15 volte in più rispetto alla Commissione di Massimo Scoperto per chi va in rosso

Le nuove commissioni bancarie che hanno sostituito la Commissione di Massimo Scoperto si stanno rilevando più costose per i consumatori. Lo afferma l’Antitrust in una segnalazione inviata al Governo, al Parlamento e alla Banca d’Italia, al termine di un monitoraggio effettuato sulle condizioni alla clientela applicate da sette Istituti bancari, valide anche per le banche dei rispettivi gruppi.
Dall’analisi, che può considerarsi rappresentativa dell’intero sistema bancario, in quanto ha coinvolto tutti i maggiori operatori del settore, emerge che per gli scoperti transitori di conto corrente si è verificato un innalzamento dei costi per i correntisti.

In particolare per lo scoperto è emerso che, considerando importi e durate del ‘rosso’ rappresentativi di un comportamento medio dei correntisti privi di fido, le nuove condizioni economiche si presentano in cinque casi peggiorative, in una misura che varia da circa il doppio sino a quindici volte. In un sesto caso le condizioni sono risultate equivalenti a quelle vigenti con il precedente regime normativo, mentre solo in un caso sono più vantaggiose.

Per i clienti che possono contare invece sul fido la situazione ha subito un sostanziale peggioramento rispetto alla semplice applicazione della Commissione di Massimo Scoperto fino all’entrata in vigore della legge 3 agosto 2009, n. 102, in base alla quale l’ammontare del corrispettivo omnicomprensivo per il servizio di messa a disposizione delle somme non può superare lo 0,50%, per trimestre dell’importo dell’affidamento, a pena di nullità del patto di remunerazione. La modifica ha così ridotto le precedenti aliquote trimestrali variabili dallo 0,90% al 1,50% trimestrale, oppure aliquote annue ricomprese tra il 3,60% e il 6%. Si trattava di aliquote che, secondo le verifiche effettuate dall’Autorità, risultavano sempre peggiorative della Commissione di Massimo Scoperto quando gli utilizzi delle somme avvenivano entro il fido e più vantaggiose solo quando si verificava uno sconfinamento rispetto alla somma affidata, penalizzando così i comportamenti dei clienti virtuosi. Nei casi in cui il massimo utilizzo nel trimestre era pari al fido gli importi addebitati a seguito dell’applicazione della Commissione di Massimo Scoperto e dell’applicazione delle commissioni sostitutive invece coincidevano.

Le nuove commissioni avevano inoltre una struttura regressiva, risultando mediamente più penalizzanti per i clienti che avevano un fido minore. Con la legge dello scorso agosto invece le nuove commissioni sono diventate più vantaggiose ma solo a partire da un ammontare di utilizzo del fido stesso superiore circa alla metà.
Fonte: Autorità garante concorrenza e mercato www.agcm.it

martedì 29 dicembre 2009

Autoliquidazione premi assicurativi Inail



Con l'autoliquidazione del premio, il datore di lavoro, entro il 16 febbraio di ogni anno:
comunica le retribuzioni effettivamente corrisposte nell'anno precedente;
calcola il premio anticipato per l'anno in corso (rata) e il conguaglio per l'anno precedente (regolazione);
conteggia il premio di autoliquidazione dato dalla somma algebrica della rata e della regolazione;
paga il premio di autoliquidazione utilizzando il "Modello di pagamento unificato - F24".

DICHIARAZIONE DELLE RETRIBUZIONI (modello 1031)
La dichiarazione delle retribuzioni deve essere effettuata con il modello 1031, cartaceo o telematico, nel quale devono essere indicati i dati retributivi per calcolare il premio. Sono esonerate dall'obbligo della dichiarazione delle retribuzioni le aziende artigiane che non hanno occupato dipendenti nell'anno precedente, o hanno occupato solo lavoratori con qualifica di apprendista. La violazione dell'obbligo di comunicare all'INAIL nei termini previsti l'ammontare delle retribuzioni effettivamente erogate nel periodo assicurativo, è punita con la sanzione amministrativa di € 770,00 (misura ridotta: € 250,00; misura minima: € 125,00), se la mancata o tardata comunicazione non determina una liquidazione del premio inferiore al dovuto (artt. 28 e 195 del D.P.R. n. 1124/65). In caso di PAT ponderate, le retribuzioni devono essere suddivise per singola voce di tariffa in base alla percentuale di ponderazione. Se sul modello delle basi di calcolo sono indicati più periodi (colonna "DAL" e colonna "AL") per lo stesso anno, le retribuzioni devono essere indicate per singolo periodo. Se nel modulo per la dichiarazione delle retribuzioni 1031 prestampato (campi 1-13 e 47-53) sono presenti dati errati o non aggiornati, gli stessi devono essere segnalati alla sede INAIL.
CASI PARTICOLARI
Le aziende artigiane senza dipendenti, per le quali dalle basi di calcolo del premio risulta una rata anticipata 2009, comprensiva di premio artigiani e premio dipendenti e le aziende non artigiane che hanno occupato solo apprendisti nell'anno precedente, devono indicare il valore "zero" nel campo "Retribuzioni complessive".
Le aziende artigiane senza dipendenti che intendono pagare il premio in quattro rate per la prima volta, devono ugualmente presentare la dichiarazione delle retribuzioni barrando la casella SI relativa alla rateazione legge n. 449/97 e legge n. 144/99.
RIDUZIONE DELLE RETRIBUZIONI PRESUNTE
Il datore di lavoro, che presume di erogare per l'anno di rata un importo di retribuzioni inferiori a quello corrisposto per l'anno precedente, deve inviare all'INAIL entro il 16 febbraio 2010 un'apposita comunicazione motivata di riduzione delle retribuzioni presunte per il calcolo della rata anticipata. Nella comunicazione devono essere riportate le retribuzioni riferite alle singole voci di rischio e alle eventuali quote di retribuzioni parzialmente esenti. La comunicazione può essere presentata all'INAIL in formato cartaceo o telematico, utilizzando l'apposito servizio disponibile sul sito www.inail.it nella sezione Punto Cliente.
PRIMO PAGAMENTO DEL PREMIO DI AUTOLIQUIDAZIONE
In caso di attività iniziata nel corso dell'anno precedente, il premio anticipato dovuto per l'anno in corso deve essere determinato in base alle retribuzioni presunte, riportate nella sezione "rata" del modulo per la comunicazione delle basi di calcolo dei premi.
RATEAZIONE DEL PREMIO DA AUTOLIQUIDAZIONE (art. 59, c. 19, L.449/97 e art. 55, c. 5, L. 144/99)
Il premio di autoliquidazione può essere pagato in quattro rate di uguale importo, con applicazione di interessi. Il datore di lavoro deve manifestare la volontà di avvalersi del beneficio della rateazione, barrando la relativa casella SI del modulo 1031, solo se accede per la prima volta a tale beneficio e comunque se non ha già espresso tale volontà nella precedente Autoliquidazione. Da quest'anno (Autoliquidazione 2009/2010), il datore di lavoro che non intende più pagare in quattro rate, deve manifestare tale volontà barrando la casella NO del modulo 1031. Se non si barra alcuna casella, vale quanto già dichiarato nella precedente autoliquidazione. Il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 16 febbraio 2010, le rate successive alla prima devono essere versate entro il giorno 16 dei mesi di maggio, agosto e novembre 2010 e devono essere maggiorate degli interessi. Il tasso di interesse da applicare è fissato dal Ministero dell'Economia e Finanze in tempo utile per il versamento della 2°, 3° e 4° rata ed è determinato in misura pari al tasso medio di interesse dei titoli del debito pubblico dell'anno precedente (v. www.debitopubblico.it - Link rapidi - opzione principali tassi di interessi).
REGIME IMPONIBILE AI FINI FISCALI E CONTRIBUTIVI
La base imponibile previdenziale deve essere calcolata con riferimento alla normativa fiscale relativa ai redditi di lavoro dipendente (Testo Unico delle Imposte sul Reddito come modificato dal D.Leg.vo n. 314/1997). Sono esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi le somme e i valori indicati dall'articolo 29, commi 4 e 6, T.U. n. 1124/1965 (vedi circolari INAIL n.17/1998 e n. 43/1998).
LAVORATORI CON CONTRATTO PART TIME
La base imponibile per il calcolo del premio assicurativo per i lavoratori con contratto part-time non è la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, bensì la retribuzione convenzionale oraria (minimale o tabellare), determinata moltiplicando la retribuzione convenzionale oraria (minimale o tabellare) per le ore complessive da retribuire nel periodo assicurativo (vedi circolari INAIL n.17/2009 e n. 50/2009).
Fonte www.inail.it

Le aziende non possono "spiare" la navigazione su Internet dei dipendenti



È illecito monitorare in modo sistematico pagine e siti visitati
È illecito monitorare in modo sistematico e continuativo la navigazione in Internet dei lavoratori.

Il principio è stato ribadito dal Garante privacy che ha vietato ad una società il trattamento dei dati personali di un dipendente e ha segnalato il caso all'autorità giudiziaria. La società aveva monitorato per nove mesi la navigazione on line di un lavoratore attraverso un software in grado di memorizzare "in chiaro", tra l'altro, le pagine e i siti web visitati, il numero di connessioni, il tempo trascorso sulle singole pagine.

Nel definire il reclamo il Garante, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, ha riconosciuto le ragioni del dipendente.

L'installazione di un software appositamente configurato per tracciare in modo sistematico la navigazione in Internet del lavoratore viola, infatti, lo Statuto dei lavoratori, che vieta l'impiego di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei dipendenti. Peraltro la società non aveva neanche provveduto ad attivare le procedure stabilite dalla normativa qualora tale controllo fosse motivato da "esigenze organizzative e produttive" (accordo con le rappresentanze sindacali o, in assenza di questo, autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro).

Il Garante ha ritenuto, infine, che la società sia incorsa anche nella violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza delle informazioni raccolte, poiché il monitoraggio, diretto peraltro nei confronti di un solo dipendente, è risultato prolungato e costante. In base alle Linee guida fissate dall'Autorità i datori di lavoro possono infatti procedere a eventuali controlli ma in modo graduale, mediante verifiche di reparto, d'ufficio, di gruppo di lavoro prima di passare a controlli individuali.
Fonte www.garanteprivacy.it

mercoledì 16 dicembre 2009

Interessi legali in calo



Scende dal 3% all’1% la misura del saggio degli interessi legali, come evidenziato dal decreto ministeriale sotto riportato. La misura entra in vigore dal 2010, con ovvi benefici che riguarderanno anche il ravvedimento operoso.

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 4 dicembre 2009

Modifica del saggio di interesse legale.
(G.U. n. 291 del 15-12-2009)
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
recante «misure di razionalizzazione della finanza pubblica» che, nel
fissare al 5 per cento il saggio degli interessi legali di cui
all'art. 1284, comma 1, del codice civile, prevede che il Ministro
dell'economia e delle finanze puo' modificare detta misura sulla base
del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non
superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione
registrato nell'anno;
Visto il proprio decreto ministeriale 12 dicembre 2007, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2007, con il quale la
misura del tasso di interesse legale e' stata fissata al 3 per cento
in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008;
Visto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia);
Tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli
di Stato e del tasso d'inflazione annuo registrato;
Decreta:
Art. 1
La misura del saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284
del codice civile e' fissata all'1% in ragione d'anno, con decorrenza
dal 1° gennaio 2010.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.

martedì 15 dicembre 2009

Senza PVC l’accertamento è nullo



Con la sentenz sotto riportata la Comm. Trib. regionale della Toscana ha dichiarato nullo un accertamento emesso senza essere stato preceduto da un processo verbale di constatazione, né da una qualsiasi forma di contraddittorio orale o documentale. L’art. 12 dello Statuto del contribuente, si legge nella sentenza, delinea la funzione del processo verbale di constatazione quale «strumento di tutela del contribuente nella fase di verifica":

Commissione tributaria regionale Toscana, sez. VIII, sentenza 23 ottobre 2009, n. 68
Fatto e diritto
Con ricorsi n. 2425/6 e 2426/06, la signora (omissis) impugnava due avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2000 e 2001 riguardanti le imposte IRPEF, IRAP e IVA. La ricorrente iscritta all'A.I.R.E. dal 1996 come soggetto emigrato nel Principato di Monaco, aveva dichiarato in Italia solo
redditi da fabbricati. L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Firenze, a seguito impulso dell'Ufficio Analisi e ricerca della Direzione regionale delle Entrate, nell'ambito di azioni di contrasto ai soggetti fittiziamente residenti in paesi a fiscalità privilegiata, svolse accertamenti rinvenendo documenti e notizie fiscalmente rilevanti per la posizione della signora (omissis). Negli anni in cui trattasi, la signora (omissis) aveva percepito dalla società (omissis) al netto di una ritenuta d'imposta del 30% (aliquota prevista per i residenti all'estero) compensi per Euro 210.271,27 nell'anno 2000 e Euro 252.326,04 nell'anno 2001 ed in tal modo aveva ritenuto di aver assolto il suo debito con l'erario.
L'Agenzia delle Entrate, di contro, sosteneva che l'imposta versata del 30% non poteva riguardare il caso in questione poiché per espressa previsione contenuta nell'art. 2, comma 2 bis del D.P.R. 917/86 in
vigore dall'anno d'imposta 1999 devono considerarsi residenti in Italia ai fini fiscali, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in stati tenitori aventi un regime fiscale privilegiato, salvo prova contraria. In merito la normativa fiscale italiana, in tema di soggetti passivi
d'imposta, stabilisce che "si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nell'anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (art. 2 comma 2 D.P.R. 917/86). L'Ufficio riteneva che i due criteri autonomi ed alternativi sono indicativi per individuare la residenza fiscale del soggetto
avendo riguardo non solo all'elemento formale (iscrizione all'anagrafe) ma anche a quello di natura sostanziale (domicilio o residenza ai sensi del codice civile); l'art. 43 del c.c. infatti, definisce come domicilio di una persona "il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi"
e la residenza come "il luogo in cui la persona ha dimora abituale".Con tali assunti, l'Ufficio delle Entrate, ritenendo che i redditi prodotti negli anni 2000 2001 dalla signora (omissis) erano soggetti a normale imposizione ai fini IRPEF, IRAP e IVA, calcolava le imposte e comminava le sanzioni. La signora (omissis) ricorreva alla Commissione tributaria provinciale di Firenze e sosteneva, in via
preliminare, l'illegittimità degli avvisi di accertamento per violazione dell'art. 10 della legge 212/2000 e sempre in via preliminare eccepiva la nullità degli avvisi per la violazione dell'art. 24 della legge 4/1929 e dell'art. 12 della legge 212/2000 poiché l'avviso di accertamento era stato emesso senza essere
stato preceduto da un processo verbale di constatazione; peraltro non essendoci stata nei confronti della ricorrente nessuna attività ispettiva o di verifica ha posto la stessa in condizione di non potersi avvalere di un professionista per la propria difesa. Eccepiva ancora la ricorrente la violazione dell'art. 52 del
D.P.R. n. 633/72 e dell'art. 33 del D.P.R. n. 600/73 poiché l'accertamento era basato su elementi acquisiti presso soggetti diversi dalla stessa ricorrente.
Infine, la violazione dell'art. 42 del D.P.R. 600/73 in quanto il processo verbale di constatazione a carico della società da cui discendono gli atti impugnati, non è stato allegato agli stessi avvisi di accertamento. Per quanto riguarda il merito della questione, la ricorrente sostiene l'illegittimità degli atti impugnati in relazione proprio all'art. 2 comma 2bis del T.U.I.R. essendo stata effettivamente
residente all'estero e avendo trascorso in Italia, nell'anno 2000, solo 130 giorni, numero ben inferiore ai 183 previsti per essere considerata residente in Italia. Per quanto riguarda l'imposta IRAP la stessa deve ritenersi, a parere della ricorrente, illegittima in quanto l'attività è stata svolta come collaborazione
coordinata e continuativa; conseguentemente anche ai fini IVA nulla è dovuto trattandosi di collaborazione coordinata e continuativa e non di lavoro autonomo. Infine, la ricorrente richiede la inammissibilità degli atti nella parte in cui vengono irrogate le sanzioni per mancanza di motivazioni ex art. 17 D.Lgs. 472/97, ritenendo lo stesso provvedimento autonomo. La Commissione di primo grado,
in parziale accoglimento dei ricorsi, dichiarava non assoggettabili ad IRAP ed IVA i compensi accertati; respingeva nel resto. Prontamente appellavano a questa Commissione Regionale sia l'Agenzia delle Entrate che la (omissis). La prima, richiedendo la riforma parziale della sentenza emessa dal giudice di prime cure nella parte in cui annullava le pretese avanzate in materia di IRAP e IVA e
ribadiva sostanzialmente tutto quanto già affermato in prima istanza, la seconda, invece, oltre a confermare il rapporto di lavoro autonomo reso dalla sig. (omissis) in qualità di stilista, formulava, con appello incidentale, la illegittimità della sentenza per essere gli avvisi di accertamento emessi in
violazione degli artt. 24 legge n. 4/1929 e 12 legge n. 212/00; infatti, gli stessi sono stati emessi senza essere preceduti da un processo verbale di constatazione, né da una qualsiasi forma di contraddittorio orale o documentale. Cita, il contribuente, una sentenza di Cassazione (6 agosto 2008, n. 21153) che ha
precisato che la mancata partecipazione del contribuente al controllo eseguito a suo carico travolge la legittimità dell'avviso di accertamento che recepisce le risultanze di tale controllo. Peraltro, l'obbligo di scansione degli atti (processo verbale di constatazione per la fase istruttoria e avviso di accertamento a
conclusione del procedimento impositivo) assume più rilevanza a seguito dell'adozione dello Statuto del contribuente. L'art. 12, comma 4, della legge 212/2000 delinea la funzione del processo verbale di constatazione quale "strumento di tutela del contribuente nella fase di verifica". La mancata redazione
del processo verbale di constatazione ha determinato la palese violazione del comma 7 del menzionato art. 12. Richiama, ancora, la (omissis) sulla illegittimità della sentenza per essere gli avvisi di accertamento emessi in violazione dell'art. 42 D.P.R. 600/73 e dell'art. 7 legge 212/2000 per aver la motivazione fatto riferimento ad un atto non conosciuto dall'esponente. La Commissione Regionale
Tributaria dopo ampia e approfondita discussione in merito alle richieste del contribuente sulla natura degli avvisi di accertamento e della loro legittimità rileva la violazione dell'art. 42 D.P.R. 600/73 per aver l'Agenzia delle Entrate nella motivazione riferito su di un atto sconosciuto dal contribuente e la
violazione dell'art. 12, comma 2 della legge 27/7/2000 n. 212 in quanto l'avviso di accertamento era stato emesso senza essere stato preceduto da un verbale di constatazione.
P.Q.M.
In riforma della sentenza di I grado, questa Commissione dichiara la nullità degli avvisi di accertamento per violazione della norma di cui all'art. 42 del D.P.R. n. 600/73 e dell'art. 12, comma 2 della legge 27/7/2000 n. 212.
Condanna l'Ufficio al pagamento delle spese di entrambi i gradi e liquida complessivamente in Euro 2.000,00, oltre oneri fiscali se dovuti.

lunedì 14 dicembre 2009

Non serve l’indicazione della destinazione urbanistica



L’obbligo di motivazione è soddisfatto con l’enunciazione del criterio astratto di determinazione del maggior valore adottato: pertanto, l’avviso di accertamento è valido anche quando contenga una descrizione generica del terreno, senza indicazione della destinazione urbanistica. cosi si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza sotto riportata

Corte di Cassazione, sez. trib., ordinanza 2 dicembre 2009, n. 25377
Fatto e diritto
Ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
"La C.T.R. della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate di Varese nei confronti di M.T. confermando l’annullamento di un avviso di accertamento per INVIM 1995 assumendo che l’atto difettava in radice di motivazione contenendo una descrizione generica del terreno senza alcuna indicazione della destinazione urbanistica.
Propone ricorso per Cassazione affidato a tre motivi l’Agenzia delle Entrate, resiste con controricorso la M..
Con il primo motivo, premessa la trascrizione della motivazione si valuta un valore medio di L. 50.000 mq, pertanto mq. 3670 x 50.000 = 183.500.000 l’Agenzia delle Entrate formulava il quesito: se in tema di INVIM l’obbligo della motivazione sia soddisfatto con l’enunciazione del criterio astratto di determinazione del maggior valore adottato, spettando poi all’Ufficio di fornire la prova della maggior pretesa tributaria.
La risposta al quesito deve essere positiva. Ha precisato questa Corte con sentenza n. 4632 del 2003 che: In tema di imposta di registro e di in.v.im., l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore dichiarato mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio finanziario nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che in tale atto è sufficiente che l’ufficio enunci i criteri astratti in base ai quali ha determinato il diverso valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detto obiettivo. Diversamente in sede contenziosa, non sussistendo in materia tributaria alcuna presunzione di legittimità dell’avviso di accertamento, grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare gli elementi di fatto giustificativi del "quantum " accertato nel quadro dei parametri prescelti, mentre il contribuente ha la facoltà di dimostrare l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio. L’atto soddisfa i requisiti fissati dalla massima indicando il valore venale in comune commercio alla data di riferimento del terreno a metro quadro nella zona e moltiplicando detto valore per la superficie oggetto dell’atto. L’indicazione della destinazione urbanistica non era necessaria in quanto l’adozione del criterio del valore venale in luogo di quello c.d. automatico evidenziava la ritenuta natura edificabile del suolo. Le questioni dell’esattezza di tale destinazione e della valutazione atterranno al merito.
Gli altri motivi sono assorbiti.".
Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parto costituite;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5 della manifesta fondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada cassata con rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR della Lombardia.

giovedì 3 dicembre 2009

Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8-8-1995, n. 335.



Predisposto dall'INPS nuovo Modello Unificato della domanda d'iscrizione.

Nel quadro della semplificazione dei rapporti con l’utenza, l'INPS HA ritenuto utile predisporre un modello unificato di domanda d’iscrizione alla Gestione separata. Il nuovo modello accorpa i precedenti e ne agevola la compilazione, anche in considerazione del fatto che molte informazioni pervengono all’Istituto per il tramite di ulteriori procedure informatizzate.

Pertanto, con l’entrata in uso del modello unificato di iscrizione alla Gestione separata saranno aboliti i moduli di iscrizione precedentemente in uso.
Il nuovo modulo sarà reso disponibile sul sito www.inps.it, nella sezione “modulistica”.
Contestualmente all’adozione del nuovo modello unificato verrà rilasciata la nuova procedura informatizzata volta alla ricezione on line delle domande di iscrizione.
L'applicazione è disponibile nella sezione Servizi on-line del portale www.inps.it, in particolare nei servizi per il cittadino con le diciture Lavoratori parasubordinati: iscrizione Accesso con PIN On Line e Lavoratori parasubordinati: iscrizione accesso senza autenticazione.
L'accesso è consentito sia tramite PIN On Line che senza autenticazione: nel primo caso l'utente viene riconosciuto dall'applicazione e i dati anagrafici sono automaticamente precompilati nella comunicazione di iscrizione, nel secondo caso i dati inseriti nella comunicazione di iscrizione sono sottoposti a verifica da parte degli operatori del Contact Center che si occupano di contattare telefonicamente il lavoratore.
L'applicazione è, inoltre, disponibile anche nei servizi per le aziende, consulenti e professionisti con la dicitura Lavoratori parasubordinati: iscrizione Comunicazione Iscrizione (accesso riservato ad aziende e consulenti).
(Messaggio Inps n. 26094 del 24/12/2009)

mercoledì 2 dicembre 2009

Condono previdenziale in arrivo?



La Commissione Bilancio della Camera approva l’emendamento che prevede la possibilità per le imprese di presentare una domanda di sanatoria, entro il 31 gennaio 2010, finalizzata a condonare le irregolarità contributive commesse entro il 31 ottobre 2009 anche se già iscritte a ruolo, ottenendo in questo modo la riduzione delle sanzioni al 40 per cento dell’ammontare complessivo inizialmente dovuto.
Notizia riportata su Italia Oggi del 02/12/2009

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martedì 1 dicembre 2009

Versamento imposta sostitutiva TFR - 16/12/2009



1. L’adempimento
Sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto è applicatal’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dell’11 per cento.
Il versamento dell’imposta, che è a carico del sostituto, avviene in acconto (entro il 16 dicembre) e a saldo (entro il 16 febbraio dell’anno successivo)
Va ricordato che, in relazione ai soggetti che aderiscono ad una forma pensionistica complementare non si verifica il presupposto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva in quanto risultano privi del trattamento di fine rapporto che viene interamente destinato al fondo pensione.
2. La rivalutazione del TFR
L’articolo 2120 del codice civile prevede che il fondo TFR accantonato al 31 dicembre di ogni anno (escluso le quote maturate nell’anno stesso) deve essere rivalutato sulla base di un coefficiente composto da un tasso fisso dell’1,50% e da uno variabile pari al 75% dell’aumento dell’indice dei
prezzi al consumo, per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
La rivalutazione si effettua alla fine di ciascuno anno o al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
In quest’ultimo caso l’indice ISTAT è quello risultante nel mese in cui è avvenuta la cessazione del rapporto di lavoro.
La rivalutazione del TFR è soggetta all’imposta sostitutiva, con aliquota pari all’11%.
Il versamento dell’imposta avviene in due momenti, dapprima in acconto e poi a saldo.
3. Calcolo dell’acconto
L’acconto di dicembre si può determinare utilizzando due metodi:
• storico;
• previsionale.
3.1 Metodo storico
Il calcolo mediante il metodo storico prevede che il sostituto applichi la percentuale del 90% alle rivalutazioni maturate nell’anno solare precedente, tenendo conto anche delle rivalutazioni relative ai TFR, eventualmente, erogati nel corso dello stesso anno.
3.2 Metodo previsionale
In alternativa, il sostituto d’imposta può scegliere di calcolare l’acconto, presuntivamente, nella misura pari al 90% delle rivalutazioni che maturano nello stesso anno per il quale l’acconto è dovuto.
In questo caso, il sostituto d’imposta determina con esattezza la retribuzione utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto riferita al periodo di paga di dicembre per il quale alla data prevista per il pagamento dell’acconto (appunto il 16 dicembre di ciascun anno) non è ancora “maturata” la quota del trattamento di fine rapporto di competenza.
Tale quota deve essere sommata alle restanti quote del trattamento di fine rapporto maturate nell’anno al fine di determinare la base di calcolo annuale sulla quale determinare l’acconto d’imposta del 90%.
3.3 Dipendenti cessati prima del 16 dicembre
Alle modalità di calcolo sopra descritte, fa eccezione il caso in cui prima del 16 dicembre di ciascun anno tutti i dipendenti abbiano cessato il rapporto di lavoro.
Infatti se si verifica tale è possibile applicare l’acconto non sulla quota di rivalutazione dell’anno precedente ma sulla quota di rivalutazione maturata nello stesso anno in cui si versa l’acconto.
4. Calcolo del saldo
Il saldo dell’imposta sostitutiva da versare entro il 16 febbraio dell’anno successivo all’anno a cui si
riferisce la quota di rivalutazione sulla quale l’imposta è stata calcolata, viene calcolato prendendo come riferimento la fine dell’anno e applicando l’aliquota dell’11% sulle rivalutazione del TFR determinatesi nell’anno stesso.
L’importo da versare è al netto di quanto già versato a titolo di acconto.
5. Modalità e termini di versamento
Come già anticipato, le scadenze per il versamento dell’imposta sostitutiva sono le seguenti:
• acconto: 16 dicembre di ogni anno;
• saldo: 16 febbraio dell’anno successivo.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro, in corso d’anno, i termini di versamento restano invariati.
Per il versamento, che va fatto utilizzando il modello F24, sono previsti i seguenti codici tributo:
1712, per l’acconto;
1713, per il saldo.
Inoltre, i datori di lavoro possono, eventualmente, compensare, direttamente nel modello F24, l’imposta in questione con eventuali crediti maturati.

domenica 29 novembre 2009

Equitalia, non validi gli atti notificati a mezzo posta



Notifica inesistente se non eseguita da agenti abilitati
Con la sentenza n. 909/05/09 del 23 ottobre scorso, la Commissione tributaria provinciale di Lecce ha affermato che è inesistente la notifica a mezzo posta degli atti di Equitalia eseguita direttamente e non tramite agente all’uopo abilitato.


La vicenda trae origine dall’omesso versamento d’imposte (IVA, IRPEF e IRAP), contestato a un contribuente da parte dell’Amministrazione finanziaria. Essendo decorsi gli ordinari termini per il pagamento del richiesto, il Concessionario iscrive a ruolo il debito tributario e, successivamente, decorsi gli ordinari termini di legge, iscrive ipoteca sugli immobili del contribuente, ai sensi dell'art. 77, D.P.R. n. 602/73. Tale iscrizione, ritenuta illegittima dallo stesso contribuente, viene da questo tempestivamente impugnata.

Il contribuente, in sede d’impugnazione, oltre a mettere in dubbio la legittimità dell’iscrizione ipotecaria, contesta l’inesistenza della notifica del provvedimento stesso, poiché questo non è stato notificato tramite agente notificatore abilitato ed autorizzato.

Difatti, sebbene l’art. 26, comma 1, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, rubricato “Notificazione della cartella di pagamento”, preveda la possibilità, per gli Agenti della riscossione, di notificare i propri atti per posta mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, esso, tuttavia, individua espressamente quali agenti notificatori gli ufficiali della riscossione o altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, i messi comunali o gli agenti della polizia municipale. In base all'art. 26, comma 1, citato, quindi, secondo il contribuente, la notificazione deve sempre essere effettuata da un agente notificatore abilitato, il quale può anche avvalersi del servizio postale, mentre sono certamente illegittime le notifiche eseguite a mezzo del servizio postale direttamente e non tramite agente all’uopo abilitato. Poiché, tuttavia, nel caso de quo, le condizioni di cui all’art. 26 cit. non sono state rispettate, il contribuente eccepisce l’inesistenza della notifica dell’atto impugnato.

Avverso tale eccezione, poi, l’Agente della riscossione, a sostegno della legittimità del suo operato, invoca, invece, il solo secondo periodo del succitato art. 26, primo comma, secondo il quale "la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento".

Tuttavia, stando al parere della Commissione adita, mentre il primo periodo del comma 1 dell'art. 26 si limiterebbe a individuare - con un’elencazione tassativa - i soggetti legittimati all'esecuzione della notifica, il secondo periodo del comma 1 indicherebbe il modo attraverso il quale i soggetti di cui al periodo precedente possono eseguirla. In pratica, pur rimanendo fermi i soggetti autorizzati, questi, a loro volta, invece che direttamente, possono ricorrere all'ausilio del servizio postale per la notifica degli atti.

In ragione di ciò, quindi, la Commissione tributaria, accogliendo le doglianze del contribuente, poiché nel caso de quo non risultano rispettate le condizioni tassative di cui all’art. 26 cit., dichiara la notifica dell’atto impugnato giuridicamente inesistente.

Orbene, alla luce di quanto enunciato, si può concludere rilevando che, innanzitutto, la sentenza della C.T.P. di Lecce n. 909/05/09 del 23 ottobre scorso, risulta innovativa su un tema delicato qual è per l’appunto quello delle notifiche e, nello specifico di quelle a mezzo posta, colmo di incertezze, come da ultimo statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, con le sentenze n. 9493 e n. 9377 del 2009, che tuttavia hanno affrontato l’argomento relativamente all’aspetto oggettivo e non, come nel caso de quo, soggettivo.

Ancor più importanti, infine, sono gli effetti che la sentenza in commento, laddove confermata dai giudici di grado superiore, potrebbe produrre nei confronti dell’Agente della riscossione, che, in ragione di tale pronuncia, assisterebbe alla dichiarazione d’inesistenza di tutte le notifiche, relative ai suoi atti, eseguite per posta direttamente e non da soggetto all’uopo abilitato così come prescritto dalla norma, peraltro con possibile condanna alle spese, come nel caso de quo.
(Commissione tributaria provinciale Lecce, Sentenza, Sez. V, 16/11/2009, n. 909)
Fonte: www.ipsoa.it

mercoledì 25 novembre 2009

BONUS GAS - INFORMAZIONI E CHIARIMENTI



A partire dal 15 dicembre 2009, in ottemperanza alla delibera ARG/gas 8809 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, le famiglie a basso reddito in possesso dei requisiti indicati nella sopracitata delibera, potranno presentare al proprio Comune di residenza i moduli di richiesta per ottenere il c.d. "bonus gas".
CHE COS'E'
E’ una riduzione sulle bollette del gas riservata alle famiglie a basso reddito e numerose. Il Bonus vale esclusivamente per il gas metano distribuito a rete (e non per il gas in bombola o per il GPL), per i consumi nell’abitazione di residenza.
CHI NE HA DIRITTO
Il Bonus può essere richiesto da tutti i clienti domestici che utilizzano gas naturale con un contratto di fornitura diretto o con un impianto condominiale, in presenza di un indicatore ISEE:
• non superiore a 7.500 euro
• non superiore a 20.000 euro per le famiglie numerose (con più di 3 figli a carico).
QUALI E QUANTE SONO LE CATEGORIE DI BENEFICIARI DEL BONUS GAS

In base a quanto stabilito dalla delibera ARG/gas 88/09 vengono individuate due distinte categorie di beneficiari:
Clienti domestici diretti, ovvero i clienti finali titolari di un contratto di fornitura di gas naturale in un punto di riconsegna (PDR).
Clienti domestici indiretti, ovvero le persone fisiche che utilizzano un impianto condominiale (centralizzato) alimentato a gas naturale asservito a un punto di riconsegna (PDR) .
QUANTO VALE IL BONUS GAS?
Il Bonus è determinato ogni anno dall’Autorità per consentire un risparmio del 15% circa sulla spesa media annua presunta per la fornitura di gas naturale (al netto delle imposte).
Il valore del Bonus sarà differenziato:
• per tipologia di utilizzo del gas (solo cottura cibi e acqua calda; solo riscaldamento; oppure cottura cibi, acqua calda e riscaldamento insieme);
• per numero di persone residenti nella stessa abitazione;
• per zona climatica di residenza (in modo da tenere conto delle specifiche esigenze di riscaldamento delle diverse località);
IL BONUS GAS HA VALIDITA' RETROATTIVA?
Presentando la domanda entro il 30 aprile 2010,si potrà ottenere il Bonus con effetto retroattivo al 1° gennaio 2009. in tale ipotesi la quota retroattiva del Bonus sarà erogata da Poste Italiane in un’unica soluzione tramite bonifico domiciliato.Dopo il 30 aprile, si potranno presentare le richiesta del bonus solo per i dodici mesi successivi alla presentazione della domanda.
COME VIENE EROGATO IL BONUS
A tutti i clienti domestici diretti, il Bonus sarà riconosciuto come una deduzione dalla bolletta gas.
I clienti domestici indiretti potranno ritirare il Bonus direttamente presso gli sportelli delle Poste Italiane utilizzando lo strumento del bonifico domiciliato.
QUANTO DURA IL BONUS GAS
Il Bonus è valido per 12 mesi. Entro due mesi dalla scadenza è necessario inoltrare una richiesta di rinnovo, anche per evidenziare variazioni di situazione familiare o di parametro ISEE intervenute nel frattempo.
MODULISTICA
Come stabilito dalla Delibera ARG/gas 144/09, i moduli predisposti per presentare istanza di ammissione al regime di compensazione per la fornitura di Gas naturale sono tre, tra i quali scegliere a seconda della tipologia d'utenza per la quale si richiede l'agevolazione:
1) Modulo A_Gas – Forniture individuali (clienti domestici diretti che utilizzano una fornitura autonoma)
2) Modulo B_Gas – Forniture individuali + centralizzate (per i clienti domestici diretti che sono serviti anche da un impianto condominiale centralizzato)
3) Modulo C_Gas – Forniture centralizzate (Per i clienti domestici indiretti , serviti solo da impianto condominiale centralizzato).
MODALITA' OPERATIVE
I singoli Comuni provvederanno a raccogliere le domande e, attraverso il Sistema di Gestione Agevolazioni Tariffe Energetiche(SGATE), trasmetterle telematicamente ai distributori di energia elettrica che provvederanno a erogare il bonus direttamente in bolletta.
Data la possibilità di una collaborazione con i comuni per la raccolta delle domande in oggetto, Si invitano gli uffici operativi a segnalare i Comuni eventualmente interessati alla stipula della convenzione contattandoci all'indirizzo mail isee@cgn.it o mediante quesito telematico per concordare e definire le modalità operative e di sottoscrizione.
Al fine di agevolare un successivo contatto, si prega di indicare nella comunicazione la persona referente nel Comune interessato, orari e recapiti telefonici ed eventuali indirizzi mail.
Per ulteriori informazioni: www.sgate.anci.it
Fonte Caf Cgn www.cgn.it

sabato 21 novembre 2009

Acconto Iva - scadenza 28/12/2009



Il giorno 28 Dicembre scade il termine per il versamento dell’acconto dell’IVA relativa al mese di dicembre o all’ultimo trimestre dell’anno.
Il metodo di calcolo dell’acconto è dovuto nella misura dell’88 per cento facendo riferimento ad uno dei seguenti criteri:
Metodo storico
La base di riferimento cui applicare l’aliquota dell’88 per cento è costituita, per i contribuenti mensili, dall’IVA dovuta per il mese di Dicembre del precedente anno, oppure per i contribuenti trimestrali dall’IVA dovuta per l’ultimo trimestre del precedente anno.
Metodo previsionale
La base di riferimento cui applicare l’aliquota dell’88 per cento è rappresentata dall’IVA che si prevede di dover versare per il mese di Dicembre per i mensili ovvero per l’ultimo trimestre per i trimestrali. Tale metodo, nel caso di previsione non corretta, espone al rischio di sanzioni nel caso in cui l’acconto versato risulti, a consuntivo, inferiore all’88 per cento dell’imposta definitivamente liquidata.
Metodo delle operazioni effettuate
In alternativa ai metodi precedenti, l’obbligo relativo all’acconto può essere adempiuto anche mediante il versamento di un importo determinato tenendo conto dell’imposta relativa alle operazioni annotate o che avrebbero dovuto essere annotate nei registri relative al periodo dal 1° al 20 dicembre per i contribuenti mensili ovvero al periodo dal 1° ottobre al 20 dicembre per i contribuenti trimestrali, nonchè dell’imposta relativa alle operazioni effettuate nel periodo dal 1° novembre al 20 dicembre, ma non ancora annotate non essendo decorsi i termini di emissione della fatturazione o di registrazione.
Utilizzando tale ultimo metodo l’importo calcolato va versato nella misura del 100 per cento anzichè nella misura dell’88 per cento come previsto nel caso di applicazione del metodo storico o previsionale.
Esclusioni dal versamento
L’acconto non va effettuato nei seguenti casi:
se di ammontare inferiore a Euro 103,00;
base di riferimento per il calcolo del precedente anno a credito;
inizio dell'attività nell'anno 2009;
cessazione dell'attività entro il 30.09.2009 (contribuente trimestrale);
cessazione dell'attività entro il 30.11.2009 (contribuente mensile);
opzione per il regime delle nuove iniziative (art.13 Legge 388/2000);
opzione per il regime dei minimi (Volume Affari fino a 30.000 euro);
Versamento
Il versamento deve essere effettuato tramite F24 telematico On Line, con il seguente codice tributo:
6013 contribuenti mensili,
6035 contribuenti trimestrali,
i trimestrali non devono in questo caso calcolare gli interessi del 1%
Modalità di Versamento
Il versamento dell'acconto Iva deve essere effettuato entro il 28 Dicembre. L'acconto Iva non è rateizzabile.

Sanzioni e Ravvedimento Operoso 
In caso di omesso, insufficiente o tardivo versamento di acconto si applica una sanzione amministrativa del 30% della somma non versata più gli interessi di mora. Qualora il contribuente intenda avvalersi del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. 472/1997), può versare:
entro 30 giorni (cioè entro il prossimo 27 Gennaio 2010) l’imposta o la differenza non versata, la sanzione del 2,5% più gli interessi nella misura del 3% annuo con maturazione giorno per giorno;
entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno, l’imposta o la differenza non versata, la sanzione è del 3% più gli interessi nella misura del 3% annuo con maturazione giorno per giorno.
I codici da utilizzare per i versamenti tardivi nel modello F24 sono:
8904 per la sanzione del 2,5% o 3%,
1991 per la quota interessi tardivi 3%,

Affarishop.com

mercoledì 18 novembre 2009

ACCONTO IRPEF 2009 Adempimenti e regole




Con il Decreto Legge approvato giovedì 12 novembre dal Consiglio dei Ministri (ancora in fase di pubblicazione) è stata introdotta una riduzione dell’acconto d’imposta IRPEF dal 99% al 79%, la cui seconda o unica rata dovrà essere corrisposta entro il prossimo 30 novembre.

Possono usufruire della riduzione tutte le persone fisiche che pagano l’IRPEF e cioè commercianti, artigiani, professionisti e altri lavoratori autonomi persone fisiche, nonché pensionati e dipendenti che devono corrispondere all’Erario la rata di novembre, in base ai calcoli della dichiarazione. Rimangono esclusi i contribuenti IRES, le società di capitali e gli enti commerciali.

Ai contribuenti che, alla data di entrata in vigore del DL, hanno già effettuato il versamento senza tenere conto della suddetta riduzione, è riconosciuto un credito d'imposta in misura corrispondente, da utilizzare in compensazione nel Modello F24 secondo le consuete modalità. Presumibilmente, a tal fine, sarà istituito un apposito codice tributo.

Sostituti d'imposta
Per i contribuenti che hanno presentato il modello 730, i sostituti d'imposta tratterranno l'acconto applicando la nuova percentuale del 79 per cento. Qualora sia già stata effettuata la trattenuta, i sostituti provvederanno a restituire nella retribuzione di dicembre le maggiori somme trattenute.
I Caf non devono pertanto fare alcuna rettifica ai modelli 730 presentati all'Agenzia delle Entrate nè inviare ai sostituti nuovi modelli 730/4.

Toscana: le priorità per il 2010 nella proposta di bilancio



Elencate le priorità della Regione Toscana per il 2010, durante la presentazione della proposta di bilancio che la Giunta ha approvato il 29 ottobre e che il Consiglio Regionale dovrà discutere entro la fine dell'anno. Vengono confermati i numeri del Dpef approvato a luglio: 8 miliardi e 890 milioni è la spesa prevista per il 2010, di cui il 75% è destinato alla sanità e alle politiche sociali; altrettante sono le entrate, con un ricorso al credito di 435 milioni che potrebbe non essere tutto impiegato, in relazione alla disponibilità di cassa nell'anno rispetto agli stati di avanzamento di cantieri e progetti.
La Regione conferma il fondo straordinario da 5 milioni per aiutare chi ha perso il lavoro e non può contare su alcun ammortizzatore sociale.

Aumenteranno anche i soldi per la ricerca e per sostenere le imprese che innovano (271 milioni, 61 in più rispetto al 2009) e gli investimenti destinati alla sanità, a strade e mobilità o alla tutela dell'ambiente (381 milioni, 35 in più rispetto a quest'anno).

Con Fidi Toscana la Regione continuerà a garantire l'accesso al credito alle imprese a corto di liquidità o che vogliono investire: 60 milioni già stanziati nel 2009.

Per il sostegno allo sviluppo, sono a disposizione 330 milioni di fondi europei, 196 milioni di risorse nazionali del fondo per le aree sottoutilizzate e 476 milioni di investimenti regionali, che potranno essere impiegate nei limiti consentiti dal patto di stabilità.

Ci saranno più soldi anche per gli enti locali, con 7 milioni di euro ai Comuni in difficoltà, 2,2 milioni di nuovi incentivi per le Unioni comunali, 2,8 milioni per i costi del personale delle scuole materne a rischio di chiusura e con 10 milioni alle Province per la manutenzione straordinaria delle strade.

Per l'assistenza agli anziani non autosufficienti la Regione garantirà 80 milioni l'anno che serviranno a finanziare gli interventi domiciliari e a aumentare i posti nelle residenze sanitarie assistite.
Fonte:Regione Toscana - Warrant group srl.

lunedì 16 novembre 2009

Contratto di apprendistato quale contratto a tempo determinato o indeterminato.



Importante risposta da parte del Ministero del Lavoro con nota n. 79 del 12/11/2009 su quesito proposto dal Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro. Il Ministero afferma cheil contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato al quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti de Lavoro ha presentato richiesta
d’interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla riconducibilità delcontratto di apprendistato ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure a tempo determinato.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
In proposito si ricorda che la disciplina legale del contratto di lavoro a tempo determinato, contenuta nel D.Lgs. n. 368/2001, all’art. 10, comma 1 esclude espressamente dal proprio campo di applicazione, tra gli altri, il “rapporti di apprendistato”.
Va poi tenuta presente la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, delle L. n. 25/1955 secondo cui “l’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”.
Dalla lettura della disposizione citata emerge come il Legislatore abbia conferito al rapporto di apprendistato una peculiare struttura e natura giuridica, risultanti dal fondersi dei seguenti elementi:
1) un ordinario rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla reciprocità tra la prestazione lavorativa e la retribuzione (“… apprendista assunto alle sue dipendenze (…) utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”);
2) un periodo di “tirocinio” finalizzato a fare acquisire all’apprendista le capacità e conoscenze necessarie affinché questi consegua una qualifica professionale
(“l’imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire (…) l’insegnamento
necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore
qualificato”).
La funzione formativa, insieme a quella di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, contribuiscono, dunque, a caratterizzare la “causa” del contratto di apprendistato. Sotto questo profilo, nulla è mutato con l’introduzione delle successive integrazioni e modifiche normative di cui all’art. 21, L. n. 56/1987, all’art. 16, L. n. 196/1997 ed agli artt. 47-53, D.Lgs. n. 276/2003.
Rimangono, tuttavia, sempre chiaramente distinti i due seguenti diversi momenti:
1) lo scadere del periodo di apprendistato in cui, non sussistendo più materia di
addestramento professionale, è raggiunto l’obiettivo formativo ed il datore di lavoro può recedere dal rapporto, ai sensi dell’art. 2118 c.c. (art. 19, L. n. 25/1955). Tale disdetta, avente natura di negozio unilaterale recettizio (Cass., sez. lav., 28 marzo, 1986 n. 2213) si atteggia, di fatto, come un recesso ad nutum, da considerarsi legittimo (ex plurimis Cass., sez. lav., 21 ottobre 1986 n. 6180), salva la previsione di disposizioni contrattuali collettive che espressamente estendano la tutela di cui alla L. n. 604/1966 (Cass., sez. lav., 19
dicembre 1986 n. 7757). Ove, invece, tale recesso non intervenga, il rapporto di lavoro prosegue, a tempo indeterminato, caratterizzato esclusivamente dallo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione;
2) il periodo di svolgimento dell’apprendistato, durante il quale il rapporto, pur nella sua specialità, è assimilabile all’ordinario rapporto di lavoro, (v. anche art. 2134 c.c.) per cui “non sussiste alcun razionale motivo per giustificare l’esclusione del rapporto di apprendistato dalla tutela” di cui agli artt. 1-8, 11-13 della L. n. 604/1966 ed in particolare degli artt. 6 e 8 (Corte Cost., 22 novembre 1973, n. 169).
Anche sulla base di tali ultime considerazioni, la citata sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della L. n. 604/1966 nella parte in cui esclude gli apprendisti dall’applicabilità nei loro confronti della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, nel corso del rapporto di apprendistato.
La pronuncia della Consulta ha, successivamente, trovato una coerente conferma nelle
previsioni di cui agli artt. 48, comma 3, lett. c) e d) e 49, comma 4, lett. c) ed e), D.Lgs. n. 276/2003, secondo le quali il contratto di apprendistato è caratterizzato dalla “possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile” ed al “divieto per il datore di lavoro di recedere
dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo”.
Alla luce di quanto sopra esposto, appare possibile ritenere l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, dal quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato.
Non costituisce, tuttavia, legittima causa di licenziamento il mancato superamento della c.d. prova d’arte, prima della scadenza del termine previsto per l’apprendistato, dovendo proseguire il rapporto, sotto il profilo causale dell’addestramento teorico-pratico, fino al termine stabilito.

venerdì 13 novembre 2009

Nuova intesa antievasione Entrate, Anci e Ifel



Tre alleati per un obiettivo “in Comune” Team di esperti antievasione, formazione a tutto campo, check list per segnalazioni mirate e costante monitoraggio sui risultati dell’azione segnaletica dei Comuni. Sono i principali ingredienti del Protocollo d’intesa biennale firmato oggi da Agenzia delle Entrate, Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) e Ifel (Istituto per la finanza
e l’economia locale), realizzato con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Un vero e proprio patto antievasione, con l’intento comune di dare nuova spinta alla
partecipazione degli enti locali all’accertamento. L’obiettivo dell’intesa è duplice:
uniformare il coinvolgimento dei Comuni “sentinella” in un’attività di controllo sempre più diffusa sul territorio e implementare strumenti e azioni che possano favorirla e accelerarla.
Scacco all’evasione con un piano in più mosse - L’intesa mette nero su bianco un
piano d’azione in più punti. Tra le priorità, definire una check list di fatti, elementi e informazioni che aiutino a predisporre segnalazioni qualificate direttamente utilizzabili per evidenziare comportamenti potenzialmente elusivi o evasivi. Non solo. L’Agenzia delle Entrate si impegna a realizzare dei corsi di formazione a cascata per il personale comunale, per favorire la partecipazione degli 007 locali all’accertamento. Particolare attenzione è dedicata alla diffusione di best practices riscontrate sul territorio, per favorirne la conoscenza e l’implementazione nelle altre realtà locali. Focus anche sulle
potenzialità del web e sullo studio di applicazioni informatiche utili per aumentare la qualità delle azioni che le parti in gioco possono concretamente realizzare in sinergia.
Un team antievasione al lavoro - Otto esperti altamente qualificati, provenienti per
metà da Anci ed Ifel e per l’altra metà dall’Agenzia delle Entrate, rispettivamente
specializzati nei processi di verifica e accertamento comunale ed erariale, banche dati e informatica, costituiranno il gruppo di lavoro che contribuirà, con incontri periodici dedicati, a definire le linee guida per la realizzazione degli obiettivi dell’intesa. In particolare, nella prima riunione verrà stilato un vero e proprio action planning, con un’agenda degli incontri, delle questioni all’ordine del giorno e delle priorità da affrontare.
Fonte Agenzia Entrate

giovedì 12 novembre 2009

Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Circolare 10.11.2009, n. 33



Oggetto: provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 -
modifiche apportate dall'art. 11 del D.Lgs. n. 106/2009.
Dal 20 agosto u.s. è entrato in vigore il D.Lgs. n. 106/2009, recante "Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81". Tra gli istituti di maggior rilievo, ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza, si segnala l'art. 11 del predetto D.Lgs. n. 106, che modifica significativamente la
disciplina del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale già contenuta nell'art. 14 del c.d. T.U. sicurezza.
Il provvedimento di sospensione, sebbene finalizzato "a far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori", evidenzia contestualmente profili di carattere sanzionatorio legati sia ad un "impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria", sia a condotte che reiterano
gravi violazioni "in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro".
Partendo da tale considerazione si ritiene quindi opportuno delineare compiutamente gli interventi modificativi al podere di sospensione, fornendo altresì un quadro unitario delle indicazioni di cui occorretener conto per una corretta applicazione della disciplina. In tal senso si devono pertanto ritenere superate le indicazioni già fornite in materia con precedenti circolari e lettere circolari (circ. n. 29/2006, lett. circ. 22 agosto 2007, circ. n. 24/2007, circ. n. 30/2008), da considerarsi utili solo con riferimento ai provvedimenti emanati sino al 19 agosto u.s.
I soggetti affidatari del potere
In ordine alla individuazione dei soggetti affidatari del potere di sospensione la prima modifica sostanziale da parte del D.Lgs. n. 106/2009 è l'attribuzione della competenza alla adozione del provvedimento interdittivo. non già al personale ispettivo, ma agli organi ili vigilanza di questo Ministero e delle AA.SS.LL.
Ciò comporta che titolare del potere è la struttura e cioè "l'Ufficio" da cui dipendono i funzionari ispettivi, Ufficio che in virtù del rapporto interorganico esercita detto potere mediante il proprio personale ispettivo.
Il potere di sospendere una attività imprenditoriale è anzitutto previsto qualora il personale ispettivo di questo Ministero riscontri la presenza sul luogo di lavoro di lavoratori "in nero" nonché "in caso di gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" (si ricorda che è stata abrogata dall'art. 41 del D.L. n. 112/2008, conv. da L. n. 133/2008, l'ipotesi di sospensione legata alla reiterata violazione della disciplina sui tempi di lavoro).
In forza dell'art. 14, comma 11, inoltre, l'accertamento sulla violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro deve avvenire "nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza". In sostanza, pertanto, per il personale ispettivo di questo Ministero è possibile sospendete a fronte di violazioni della
normativa prevenzionistica in quegli ambiti in cui lo stesso personale ha competenza all'accertamento.
Tali ambiti, già individuati dal D.P.C.M. n. 412/1997 sulla scorta dell'art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 626/1994, sono ora individuati dall'art. 13, comma 2, del T.U. secondo il quale: la competenza del personale ispettivo del Ministero del lavoro è relativa ai seguenti ambiti:
"a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e
smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri dei lavoro e della previdenza sociale, e della salute (...) in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
svolge attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (...)".
Evidentemente il personale ispettivo delle AA.SS.LL., in virtù di una competenza di carattere generale in materia di salute e sicurezza, può adottare il provvedimento di sospensione anche in ogni altro ambito o settore merceologico.
"Discrezionalità" del provvedimento
Il D.Lgs. n. 106/2009 mantiene la natura "discrezionale" del provvedimento, giacché è previsto che "gli organi di vigilanza (...) possono adottare provvedimenti di sospensione". Al riguardo occorre anzitutto precisare che tale "discrezionalità" - nei termini di seguito indicati - investe entrambe le ipotesi di adozione
del provvedimento (impiego di lavoratori "in nero" e gravi e reiterate violazioni prevenzionistiche).
Ciò premesso, si ritiene che il provvedimento di sospensione debba essere "di norma" adottato ogni qual volta ne siano accertati i presupposti, salvo valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell'opportunità, di non adottarlo.
Tali circostanze sono anzitutto legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro. In altre parole, laddove la sospensione dell'attività passa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l'incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento. In tal senso va dunque
precisato che il provvedimento non va adottato quando l'interruzione dell'attività svolta dall'impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l'incolumità dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una
falda d'acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi).
Va poi attentamente valutata l'opportunità di adattare il provvedimento di sospensione in tutte quelle ipotesi in cui si venga a compromettere il regolare funzionamento di una attività di servizio pubblico, anche in concessione (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica, acqua, luce, gas ecc.),
così pregiudicando il godimento di diritti costituzionalmente garantiti. Una possibile limitazione all'esercizio di tali diritti trova invece giustificazione laddove il provvedimento di sospensione per gravi e reiterate
violazioni della normativa in materia di sicurezza sia funzionale alla tutela del primario costituzionale alla salute di cui all'art. 32 cost.
In relazione alla sospensione dell'attività imprenditoriale per impiego di lavoratori "in nero", in considerazione delle evidenti ripercussioni socio-economiche che il provvedimeli determinerebbe, si ritiene invece opportuno non adottarlo quando lo stesso rechi un grave danno agli impianti o alle
attrezzature (ad es. attività a ciclo continuo) ovvero ai beni (ad es. frutti giunti a maturazione o allevamento animali).
Rispetto a quanto sopra va aggiunto che il nuovo comma 11-bis dell'art. 14 pone un vero e proprio limite alla adozione del provvedimento di sospensione - peraltro in pena sintonia con quanto già delineato nella
Direttiva del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 18 settembre 2008 - laddove stabilisce che il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in
cui il lavoratore "in nero" risulti l'unico occupato dall'impresa. Va tuttavia chiarito che, in tale ipotesi, l'eventuale accertamento circa l'impiego di un lavoratore "in nero", pur non consentendo l'emanazione del
provvedimento di sospensione, comporterà l'allontanamento del lavoratore stesso sino al momento in cui il datore di lavoro non abbia provveduto a regolarizzare la posizione, anche e soprattutto sotto il profilo della sicurezza (ad es. visite mediche, formazione e informazione). Si precisa infine che per lavoratore
"occupato" si intende qualsiasi prestatore di lavoro, anche autonomo, a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata (es. collaboratore familiare, socio lavoratore, associato in partecipazione con apporto di lavoro ecc.).
I presupposti per l'adozione del provvedimento
I presupposti per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, secondo quanto già delineato in termini di competenza, sono l'impiego di lavoratori "in nero" oltre una determinata percentuale o le "gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro".
A) L'impiego di lavoratori "in nero"
Anzitutto l'art. 14 del T.U. prevede la possibilità, per il solo personale ispettivo del Ministero del lavoro, di adottare il provvedimene di sospensione dell'attività imprenditoriale qualora si risconti "l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in mistura pari o superiore al 20 per cento del
totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro".
La previsione - contenuta, seppure con formulazione parzialmente diversa, già nell'art. 16-bis del D.L. n. 223/2006 - conferma la nozione di lavoratore "in nero" quale lavoratore "sconosciuto alla P.A.". In tal senso, il lavoratore "in nero" e dunque quel lavoratore impiegato senza preventiva comunicazione di
instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l'impiego ovvero previa comunicazioni ad altri Enti come richiesto dalla specifica tipologia contrattuale (v. ad es. lavoro accessorio).
Va peraltro evidenziato che, anche per quanto riguarda il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, il requisito della subordinazione del rapporto non costituiste un elemento essenziale, in coerenza con il complessivo assetto del D.Lgs. n. 81/2008 che ha voluto dettare regole uniformi in
materia prevenzionistica prescindendo dalla tipologia di impiego dei lavoratori nell'impresa.
Pertanto potranno considerarsi irregolari:
- tutti quei lavoratori rispetto ai quali non è stata effettuata detta comunicazione al Centro per l'impiego ovvero non siano stati effettuati gli adempimenti previsti dall'art. 23 del D.P.R. n. 1124/1965 (come riformulato dall'art. 39, comma 8, del D.L. n. 112/2008) rispetto ai soggetti ivi indicati;
- nonché tutti i soggetti comunque riconducibili alla ampia nozione di cui all'art. 2, camma 1 lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008 rispetto ai quali non si sia provveduto a formalizzare il rapporto, comprendendovi anche i soggetti che pur risultando indicati nella visura della CCIAA in quanto titolari di cariche societarie svolgono
attività lavorative a qualsiasi titolo, nonché i lavoratori autonomi occasionali (art. 2222 c.c.) non genuini per i quali dalla documentazione fiscale non si evinca che il versamento sia stato effettuato in loro favore.
In tal senso occorre dunque precisare che, rispetto ai soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'art. 18 della L. n. 196/1997 e rispetto agli allievi "degli istituti di istruzione ed
universitari ed i partecipanti ai corsi di formazione professionale (...)", stante l'assenza dell'obbligo di invio della comunicazione al Centro per l'impiego (V. note del 14 gennaio e 14 febbraio 2007), la corretta instaurazione del rapporto formativo è verificabile sulla base delle comunicazioni effettuate ai sensi
dell'art. 5 del D.M. 25 marzo 1998, n. 142; per quanto concerne i tirocinanti degli studi professionali è altresì possibile verificare la preventiva iscrizione all'Albo di riferimento.
Per quanto poi concerne il sistema di calcolo della percentuale del 20% sufficiente a consentire l'adozione del provvedimento di sospensione, l'art. 14 ha previsto che detta percentuale va individuata sul "totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro" al momento dell'accesso ispettivo (sia lavoratori "in nero" che
lavoratori regolarmente assunti). Pertanto, a titolo esemplificativo, nell'ipotesi in cui si rilevi in un'azienda la presenza di 10 lavoratori di cui 3 "in nero", la percentuale andrà calcolata su base 10 e non su base 7 (cioè i soli lavoratori regolari); ne risulterebbe pertanto che il numero di 3 lavoratori "in nero",
rappresentando il 30% del "totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, sarà sufficiente a consentire l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale.
B) Le "gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro"
L'adozione del provvedimento di sospensore è possibile altresì a fronte di "gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro" individuate con decreto di questo Ministero", sentito il Ministero dell'interno e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano.
In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività
imprenditoriale sono quelle individuate nell'Allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, allegato alla presente.
Il D.Lgs. n. 106/2009, al fine della applicazione del provvedimento di sospensione, stabilisce inoltre che "sia ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell'organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con
sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole".
In tal senso sarà cura del personale ispettivo verificare l'eventuale sussistenza di violazioni "della stessa indole" da parte del medesimo datore di lavoro, oggetto di prescrizione obbligatoria ovvero di sentenza passata in giudicato. Ne consegue che la presenza di "più violazioni" - pertanto almeno due, anche contestuali - nei cinque anni successivi rispetto alla prima violazione accertata - con prescrizione
obbligatoria ottemperata ovvero con sentenza definitiva - potrà dar luogo all'adozione del provvedimento di sospensione.
Ai sensi del novellato art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, inoltre, sono da considerarsi "della stessa indole" le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, nelle more della adozione del decreto citato, nell'Allegato I.
Le violazioni da prendere in considerazione ai fini della Adozione del provvedimento, sono evidentemente tutte quelle commesse successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 106/2009 (20 agosto u.s.) - in osservanza del principio di legalità che, anche in tali casi, occorre richiamare - e riferibili alla medesima
impresa, indipendentemente dalla persona fisica sanzionata e che ha agito per conto della stessa.
Ha ultimo occorre segnalare che, a seguito di sospensione dell'attività imprenditoriale per violazioni in materia di salute e sicurezza e conseguente adozione del provvedimento di prescrizione obbligatoria,
potrà ritenersi comunque possibile la prosecuzione dell'attività per il tempo strettamente necessario alla eliminazione irregolarità accertate ed in adempimento della prescrizione stessa. In tali occasioni il personale ispettivo avrà evidentemente cura di indicare, nell'ambito della prescrizione, le cautele da
adottare in sede di ripristino delle misure di sicurezza.
Effetti del provvedimento
Gli effetti del provvedimento devono essere esaminati sia sotto un profilo "spaziale" che "temporale".
Secondo la nuova formulazione dell'art. 14, il provvedimento ha anzitutto effetto "in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessate dalle violazioni". Gli effetti del provvedimento vanno dunque circoscritti alla singola unità produttiva, rispetto ai quali sono stati verificati i presupposti per la sua
adozione e, con particolare riferimento all'edilizia, all'attività svolta dall'impresa nel singolo cantiere.
Sotto il profilo temporale, invece, l'art. 14, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che "in ogni caso di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo avvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso
che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi".
Al riguardo è opportuno evidenziare che il differimento degli effetti può aversi nei soli casi di sospensione del lavoro "nero" - salvo le citate "situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi" - e non nei casi di violazioni prevenzionistiche, considerata la finalità che il
provvedimento assume in dette circostanze.
Va poi chiarito che, il "giorno lavorativo successivo" va inteso quale giorno di apertura dell'ufficio che ha emanato il provvedimento.
Adozione del provvedimento su "segnalazione"
L'adozione del provvedimento di sospensione può aversi "anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze". La precisazione del Legislatore delegato era già contenuta nell'art. 36-bis del D.L. n. 223/2006 (dove era previsto il coinvolgimento specifico di INPS e INAIL) e
nell'art. 5 della L. n. 123/2007. La (formulazione normativa va interpretata correttamente al fine di non vanificare lo spirito del potere di sospensione che rimane, almeno in parte, un potere di natura cautelare.
In tal senso va dunque chiarito che, a seguito della ricezione delle segnalazioni tempestivamente inviate (possibilmente via mail con scannerizzazione del verbale o via fax) da parte di altri soggetti pubblici che accertano la sussistenza dei presupposti per la sospensione dell'attività imprenditoriale, l'Ufficio può
adottare il provvedimento senza procedere ad ulteriori verifiche, purché non siano trascorsi più di sette giorni dalla data dell'accertamento. Al riguardo si coglie l'occasione per sollecitare la massima collaborazione degli Istituti affinché nelle segnalazioni medesime vengano specificati tutti i presupposti
per l'adozione del provvedimento, ivi compresi il numero e le generalità dei lavoratori "in nero" e di quelli presenti sul luogo di lavoro al momento dell'accesso ispettive.
Revoca del provvedimento
L'art. 14 del T.U. sicurezza, come modificato sul punto dal D.Lgs. n. 106/2009, prevede che il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato. In tale senso va subito precisato, pertanto, che la revoca del provvedimento compete all'Ufficio che lo ha adottato, anche mediante personale diverso da quella che ha emanato l'atto interdittivo previa verifica
della relativa documentazione.
È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza di questo Ministero:
"a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti (dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) L'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni
della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 [secondo il quale "è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti"] pari a 1.500 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 2.500 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Va quindi evidenziata la scelta del Legislatore di diversificare l'importo della somma da versare ai fini della revoca, a seconda che la stessa riguardi un provvedimento di sospensione adottato per lavoro irregolare
(euro 1.500) o un provvedimento adottato per violazioni prevenzionistiche (euro 2.500).
Qualsiasi sia il numero o la gravità degli illeciti che hanno dato luogo al provvedimento di sospensione, la somma per ottenere la sua revoca sarà dunque di euro 1.500 o di euro 2.500. Dette somme se legate alla revoca di un provvedimento adottato al personale del Ministero del lavoro, andranno ad incrementare il
Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1, comma 7, del D.L. 148/1993 (conv. da L. n. 236/1993 e saranno destinate al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare" individuati con il D.M. di cui all'art. 1, comma 1156 lett. g), della L. n. 296/2006.
Oltre al pagamento delle citate somme e altresì necessaria, ai fini della revoca, la regolarizzazione delle violazioni accertate.
In particolare per quanto riguarda la regolarizzazione delle posizioni lavorative "in nero"" occorre precisare che non potranno ammettersi le tipologie contrattuali che richiedono la forma scritta "ad substantiam", né il lavoro intermittente.
In tal senso, con specifico riferimento al settore dell'edilizia, si coglie l'occasione per ricordate che, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione di obblighi puniti penalmente (almeno in riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria ed alla mancata formazione ed informazione), il personale
ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l'ottemperanza alla prescrizione impartita.
Per quanto attiene alla regolarizzazione di lavoratori extracomunitari "clandestini" e di lavoratori minori illegalmente ammessi al lavoro, ferma restando l'impossibilità di una piena regolarizzazione, sarà comunque necessario provvedere al versamento dei contributi di legge ex art. 2126 c.c.
Va infine precisato che a regolarizzazione dei lavoratori interessati effettuata ancor prima della emanazione del provvedimento di sospensione - certamente possibile in caso di sospensione adottata a distanza di tempo dall'accertamento e di in particolare in caso di provvedimento emanato "su segnalazione delle amministrazioni pubbliche" - determinerà l'annullamento dello stesso in sede di autotutela.
Provvedimento sospensione e sequestro penale
Occorre inoltre precisare i rapporti tra il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ed il sequestro penale di cui agli artt. 354 e 355 c.p.p.
Al riguardo si ritiene che, qualora emergano le condizioni cautelari per l'adozione del provvedimento penale, il provvedimento amministrativo di cui all'art. 14 del T.U. sicurezza legato a violazioni prevenzionistiche non debba essere adottato, pur in presenza delle relative condizioni.
Ciò, evidentemente, laddove gli ambiti applicativi dei due provvedimenti coincidano (es. sequestro della totalità del cantiere oppure sequestro della zona di cantiere in cui opera l'impresa astrattamente destinataria del provvedimento di sospensione). Solo qualora gli ambiti applicativi dei provvedimenti in questione siano diversi (es. sequestro di un solo piano di un edificio in costruzione) ovvero nelle ipotesi in cui l'A.G. non convalidi il sequestro cautelare, sarà possibile adattare il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale in presenza dei presupposti di legge, stante la natura anche sanzionatoria dello stesso.
Inottemperanza al provvedimento
Sia l'iniziale formulazione dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, sia quella che scaturisce dalle novità introdotte dal D.Lgs. n. 106/2009, prevedono una specifica sanzione in caso di inottemperanza all'ordine di sospensione. È infatti stabilito che "il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di
sospensione (…) è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate
violazioni in materia di tutela della salute e della Sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nell'ipotesi di sospensione per lavoro irregolare".
L'inottemperanza al provvedimento di sospensione emanato per occupazione di lavoratori "in nero", in quanto sanzionata con pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, sembra potersi far rientrare nell'ambio applicativo della prescrizione obbligatoria di cui all'art. 301 del T.U., sicurezza, secondo il quale
"alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione
ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758".
In ordine al suo contenuto, la prescrizione consisterà nel sospendere l'attività imprenditoriale sino ad avvenuta regolarizzazione dei lavoratori interessati. Va infatti evidenziato che la prescrizione in esame è legata necessariamente al raggiungimento del fine ultimo che il Legislatore ha inteso perseguire
nell'introdurre il potere di sospensione, istituto evidentemente "strumentale" ad una sollecita regolarizzazione delle violazioni accertate.
L'adempimento alla prescrizione obbligatoria, attraverso la regolarizzazione completa delle posizioni lavorative e l'ottenimento della revoca della sospensione attraverso il pagamento della somma aggiuntiva pari ad euro 1.500, consentirà pertanto l'ammissione al pagamento di 1/4 del massimo dell'ammenda pari
a euro 1.600.
Va da ultimo precisato che, per quanto riguarda l'inottemperanza al provvedimento di sospensione emesso per gravi e reiterate violazioni prevensionistiche, è prevista invece la sanzione dell'arresto sino a sei mesi, evidentemente non ammessa a prescrizione obbligatoria. In tal caso il personale ispettivo
provvederà esclusivamente ad informare l'A.G. della commissione del reato, ferme restando la possibilità, da parte dell'imputato, di richiedere al Giudice l'applicazione della procedura agevolativa di cui all'art. 302 del T.U. sicurezza.
Ricorsi avverso il provvedimene di sospensione
L'art. 14 del T.U. sicurezza prevede la possibilità di ricorrere, in via amministrativa, avverso provvedimenti di sospensione.
Sul punto il D.Lgs. n. 106/2009 non ha apporto modifiche, cosicché è ancora previsto che "avverso i provvedimenti di sospensione (..) è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al Presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il
provvedimento di sospensione perde efficacia".
Il Legislatore delegato non ha indicato espressamente i motivi che devono legittimale il ricorso, con ciò lasciando aperta la possibilità di impugnare il provvedimento sia per vizi di merito che di legittimità.
Va poi ricordata inoltre la previsione di una forma di "silenzio incidente": il mancato pronunciamento sul ricorso da parte della DRL o del Presidente della Giunta regionale - rispettivamente avverso ricorsi per provvedimenti emanati da personale ispettivo del Ministero del lavoro e da personale ispettivo delle AA.
SS.LL - entro il termine di 15 giorni comporta infatti la perdita di efficacia dell'atto interdittivo.
Provvedimento interidittivo alla contrattazione con le PP.AA.
L'art. 14 del T.U. sicurezza, come modificato dal D.Lgs. n. 106/2009, stabilisce che "l'adozione del provvedimento di sospensione è comunicata dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al Ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche".
Il provvedimento interdittivo alla contrattazione con le PP.AA rappresenta un ulteriore strumento di carattere sanzionatorio, accessorio al provvedimento di sospensione legittimamente emanato.
Seconda tale disciplina, dunque, il provvedimento è comunicato o al Ministero delle infrastrutture, cosi come già previsto dall'art. 36-bis del D.L. n. 223/2006, ovvero alla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e Forniture. La scelta del soggetto destinatario della comunicazione dovrà
evidentemente avvenire sulla base della attività svolta dall'impresa sospesa, in modo tale che possa essere emanato un provvedimento interdittivo di durata variabile.
La norma stabilisce al riguardo che la durata del provvedimento:
- è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;
- è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari ali doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni nel caso in cui:
a) la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;
b) nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) nei casi di reiterazione. In tale ipotesi la decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di interdizione.
Inoltre, "nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni, fatta salvo l'adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell'interdizione a seguito dell'acquisizione della
revoca della sospensione".
Occorre dunque sottolineare che il provvedimento di interdizione alla contrattazione con le PP.AA. è strettamente legato alla effettiva durata del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale. Da ciò deriva che, qualora il provvedimento di sospensione, pur efficace, abbia durata pari a zero, la
comunicazione di cui sopra non sarà dovuta. Tate circostanza ricorre nelle ipotesi in cui agli effetti del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale siano stati differiti ai sensi del comma 11-bis dell'art. 14 e lo stesso sia stato revocato ancor prima del termine iniziale cosi individuato.
L'ambito di efficacia dei provvedimenti interdittivi alla contrattazione con le PP.AA., diversamente dal provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, non può evidentemente non riferirsi all'impresa nel suo complesso e quindi ad ogni attività contrattuale posta in essere dalla stessa, nei confronti di
qualsiasi Amministrazione Pubblica. Sul punto, peraltro, occorre ricordare che la disposizione si sovrappone inevitabilmente ad altre forme di interdizione alla contrattazione con la P.A. introdotte dal Legislatore, fra le quali quella legata al rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC),
in assenza del quale non e possibile, fra l'altro, la partecipazione ad appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.