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martedì 15 dicembre 2009

Senza PVC l’accertamento è nullo



Con la sentenz sotto riportata la Comm. Trib. regionale della Toscana ha dichiarato nullo un accertamento emesso senza essere stato preceduto da un processo verbale di constatazione, né da una qualsiasi forma di contraddittorio orale o documentale. L’art. 12 dello Statuto del contribuente, si legge nella sentenza, delinea la funzione del processo verbale di constatazione quale «strumento di tutela del contribuente nella fase di verifica":

Commissione tributaria regionale Toscana, sez. VIII, sentenza 23 ottobre 2009, n. 68
Fatto e diritto
Con ricorsi n. 2425/6 e 2426/06, la signora (omissis) impugnava due avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2000 e 2001 riguardanti le imposte IRPEF, IRAP e IVA. La ricorrente iscritta all'A.I.R.E. dal 1996 come soggetto emigrato nel Principato di Monaco, aveva dichiarato in Italia solo
redditi da fabbricati. L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Firenze, a seguito impulso dell'Ufficio Analisi e ricerca della Direzione regionale delle Entrate, nell'ambito di azioni di contrasto ai soggetti fittiziamente residenti in paesi a fiscalità privilegiata, svolse accertamenti rinvenendo documenti e notizie fiscalmente rilevanti per la posizione della signora (omissis). Negli anni in cui trattasi, la signora (omissis) aveva percepito dalla società (omissis) al netto di una ritenuta d'imposta del 30% (aliquota prevista per i residenti all'estero) compensi per Euro 210.271,27 nell'anno 2000 e Euro 252.326,04 nell'anno 2001 ed in tal modo aveva ritenuto di aver assolto il suo debito con l'erario.
L'Agenzia delle Entrate, di contro, sosteneva che l'imposta versata del 30% non poteva riguardare il caso in questione poiché per espressa previsione contenuta nell'art. 2, comma 2 bis del D.P.R. 917/86 in
vigore dall'anno d'imposta 1999 devono considerarsi residenti in Italia ai fini fiscali, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in stati tenitori aventi un regime fiscale privilegiato, salvo prova contraria. In merito la normativa fiscale italiana, in tema di soggetti passivi
d'imposta, stabilisce che "si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nell'anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (art. 2 comma 2 D.P.R. 917/86). L'Ufficio riteneva che i due criteri autonomi ed alternativi sono indicativi per individuare la residenza fiscale del soggetto
avendo riguardo non solo all'elemento formale (iscrizione all'anagrafe) ma anche a quello di natura sostanziale (domicilio o residenza ai sensi del codice civile); l'art. 43 del c.c. infatti, definisce come domicilio di una persona "il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi"
e la residenza come "il luogo in cui la persona ha dimora abituale".Con tali assunti, l'Ufficio delle Entrate, ritenendo che i redditi prodotti negli anni 2000 2001 dalla signora (omissis) erano soggetti a normale imposizione ai fini IRPEF, IRAP e IVA, calcolava le imposte e comminava le sanzioni. La signora (omissis) ricorreva alla Commissione tributaria provinciale di Firenze e sosteneva, in via
preliminare, l'illegittimità degli avvisi di accertamento per violazione dell'art. 10 della legge 212/2000 e sempre in via preliminare eccepiva la nullità degli avvisi per la violazione dell'art. 24 della legge 4/1929 e dell'art. 12 della legge 212/2000 poiché l'avviso di accertamento era stato emesso senza essere
stato preceduto da un processo verbale di constatazione; peraltro non essendoci stata nei confronti della ricorrente nessuna attività ispettiva o di verifica ha posto la stessa in condizione di non potersi avvalere di un professionista per la propria difesa. Eccepiva ancora la ricorrente la violazione dell'art. 52 del
D.P.R. n. 633/72 e dell'art. 33 del D.P.R. n. 600/73 poiché l'accertamento era basato su elementi acquisiti presso soggetti diversi dalla stessa ricorrente.
Infine, la violazione dell'art. 42 del D.P.R. 600/73 in quanto il processo verbale di constatazione a carico della società da cui discendono gli atti impugnati, non è stato allegato agli stessi avvisi di accertamento. Per quanto riguarda il merito della questione, la ricorrente sostiene l'illegittimità degli atti impugnati in relazione proprio all'art. 2 comma 2bis del T.U.I.R. essendo stata effettivamente
residente all'estero e avendo trascorso in Italia, nell'anno 2000, solo 130 giorni, numero ben inferiore ai 183 previsti per essere considerata residente in Italia. Per quanto riguarda l'imposta IRAP la stessa deve ritenersi, a parere della ricorrente, illegittima in quanto l'attività è stata svolta come collaborazione
coordinata e continuativa; conseguentemente anche ai fini IVA nulla è dovuto trattandosi di collaborazione coordinata e continuativa e non di lavoro autonomo. Infine, la ricorrente richiede la inammissibilità degli atti nella parte in cui vengono irrogate le sanzioni per mancanza di motivazioni ex art. 17 D.Lgs. 472/97, ritenendo lo stesso provvedimento autonomo. La Commissione di primo grado,
in parziale accoglimento dei ricorsi, dichiarava non assoggettabili ad IRAP ed IVA i compensi accertati; respingeva nel resto. Prontamente appellavano a questa Commissione Regionale sia l'Agenzia delle Entrate che la (omissis). La prima, richiedendo la riforma parziale della sentenza emessa dal giudice di prime cure nella parte in cui annullava le pretese avanzate in materia di IRAP e IVA e
ribadiva sostanzialmente tutto quanto già affermato in prima istanza, la seconda, invece, oltre a confermare il rapporto di lavoro autonomo reso dalla sig. (omissis) in qualità di stilista, formulava, con appello incidentale, la illegittimità della sentenza per essere gli avvisi di accertamento emessi in
violazione degli artt. 24 legge n. 4/1929 e 12 legge n. 212/00; infatti, gli stessi sono stati emessi senza essere preceduti da un processo verbale di constatazione, né da una qualsiasi forma di contraddittorio orale o documentale. Cita, il contribuente, una sentenza di Cassazione (6 agosto 2008, n. 21153) che ha
precisato che la mancata partecipazione del contribuente al controllo eseguito a suo carico travolge la legittimità dell'avviso di accertamento che recepisce le risultanze di tale controllo. Peraltro, l'obbligo di scansione degli atti (processo verbale di constatazione per la fase istruttoria e avviso di accertamento a
conclusione del procedimento impositivo) assume più rilevanza a seguito dell'adozione dello Statuto del contribuente. L'art. 12, comma 4, della legge 212/2000 delinea la funzione del processo verbale di constatazione quale "strumento di tutela del contribuente nella fase di verifica". La mancata redazione
del processo verbale di constatazione ha determinato la palese violazione del comma 7 del menzionato art. 12. Richiama, ancora, la (omissis) sulla illegittimità della sentenza per essere gli avvisi di accertamento emessi in violazione dell'art. 42 D.P.R. 600/73 e dell'art. 7 legge 212/2000 per aver la motivazione fatto riferimento ad un atto non conosciuto dall'esponente. La Commissione Regionale
Tributaria dopo ampia e approfondita discussione in merito alle richieste del contribuente sulla natura degli avvisi di accertamento e della loro legittimità rileva la violazione dell'art. 42 D.P.R. 600/73 per aver l'Agenzia delle Entrate nella motivazione riferito su di un atto sconosciuto dal contribuente e la
violazione dell'art. 12, comma 2 della legge 27/7/2000 n. 212 in quanto l'avviso di accertamento era stato emesso senza essere stato preceduto da un verbale di constatazione.
P.Q.M.
In riforma della sentenza di I grado, questa Commissione dichiara la nullità degli avvisi di accertamento per violazione della norma di cui all'art. 42 del D.P.R. n. 600/73 e dell'art. 12, comma 2 della legge 27/7/2000 n. 212.
Condanna l'Ufficio al pagamento delle spese di entrambi i gradi e liquida complessivamente in Euro 2.000,00, oltre oneri fiscali se dovuti.

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