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lunedì 16 novembre 2009

Contratto di apprendistato quale contratto a tempo determinato o indeterminato.



Importante risposta da parte del Ministero del Lavoro con nota n. 79 del 12/11/2009 su quesito proposto dal Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro. Il Ministero afferma cheil contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato al quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti de Lavoro ha presentato richiesta
d’interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla riconducibilità delcontratto di apprendistato ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure a tempo determinato.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
In proposito si ricorda che la disciplina legale del contratto di lavoro a tempo determinato, contenuta nel D.Lgs. n. 368/2001, all’art. 10, comma 1 esclude espressamente dal proprio campo di applicazione, tra gli altri, il “rapporti di apprendistato”.
Va poi tenuta presente la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, delle L. n. 25/1955 secondo cui “l’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”.
Dalla lettura della disposizione citata emerge come il Legislatore abbia conferito al rapporto di apprendistato una peculiare struttura e natura giuridica, risultanti dal fondersi dei seguenti elementi:
1) un ordinario rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla reciprocità tra la prestazione lavorativa e la retribuzione (“… apprendista assunto alle sue dipendenze (…) utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”);
2) un periodo di “tirocinio” finalizzato a fare acquisire all’apprendista le capacità e conoscenze necessarie affinché questi consegua una qualifica professionale
(“l’imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire (…) l’insegnamento
necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore
qualificato”).
La funzione formativa, insieme a quella di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, contribuiscono, dunque, a caratterizzare la “causa” del contratto di apprendistato. Sotto questo profilo, nulla è mutato con l’introduzione delle successive integrazioni e modifiche normative di cui all’art. 21, L. n. 56/1987, all’art. 16, L. n. 196/1997 ed agli artt. 47-53, D.Lgs. n. 276/2003.
Rimangono, tuttavia, sempre chiaramente distinti i due seguenti diversi momenti:
1) lo scadere del periodo di apprendistato in cui, non sussistendo più materia di
addestramento professionale, è raggiunto l’obiettivo formativo ed il datore di lavoro può recedere dal rapporto, ai sensi dell’art. 2118 c.c. (art. 19, L. n. 25/1955). Tale disdetta, avente natura di negozio unilaterale recettizio (Cass., sez. lav., 28 marzo, 1986 n. 2213) si atteggia, di fatto, come un recesso ad nutum, da considerarsi legittimo (ex plurimis Cass., sez. lav., 21 ottobre 1986 n. 6180), salva la previsione di disposizioni contrattuali collettive che espressamente estendano la tutela di cui alla L. n. 604/1966 (Cass., sez. lav., 19
dicembre 1986 n. 7757). Ove, invece, tale recesso non intervenga, il rapporto di lavoro prosegue, a tempo indeterminato, caratterizzato esclusivamente dallo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione;
2) il periodo di svolgimento dell’apprendistato, durante il quale il rapporto, pur nella sua specialità, è assimilabile all’ordinario rapporto di lavoro, (v. anche art. 2134 c.c.) per cui “non sussiste alcun razionale motivo per giustificare l’esclusione del rapporto di apprendistato dalla tutela” di cui agli artt. 1-8, 11-13 della L. n. 604/1966 ed in particolare degli artt. 6 e 8 (Corte Cost., 22 novembre 1973, n. 169).
Anche sulla base di tali ultime considerazioni, la citata sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della L. n. 604/1966 nella parte in cui esclude gli apprendisti dall’applicabilità nei loro confronti della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, nel corso del rapporto di apprendistato.
La pronuncia della Consulta ha, successivamente, trovato una coerente conferma nelle
previsioni di cui agli artt. 48, comma 3, lett. c) e d) e 49, comma 4, lett. c) ed e), D.Lgs. n. 276/2003, secondo le quali il contratto di apprendistato è caratterizzato dalla “possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile” ed al “divieto per il datore di lavoro di recedere
dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo”.
Alla luce di quanto sopra esposto, appare possibile ritenere l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, dal quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato.
Non costituisce, tuttavia, legittima causa di licenziamento il mancato superamento della c.d. prova d’arte, prima della scadenza del termine previsto per l’apprendistato, dovendo proseguire il rapporto, sotto il profilo causale dell’addestramento teorico-pratico, fino al termine stabilito.

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