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martedì 25 maggio 2010

Rapporti di lavoro a tempo parziale nel settore edile – obbligo contributivo



Si pubblica la Circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro N. 8 del 24.05.2010 in materia di lavoro a tempo parziale in edilizia, emanata in relazione al rinnovo del CCNL di settore che prevede norme restrittive sull'utilizzo di personale part-time.

Generalità
La disciplina del rapporto a tempo parziale è contenuta nel decreto legislativo n. 61/2000 e successive modifiche, il quale è stato emanato in attuazione della Direttiva Comunità Europea 15 dicembre 1997, n.81/97, che recepisce L’Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (si veda il Principio n. 3 della Commissione principi interpretativi delle norme in materia di lavoro).
L’articolo 9 del citato decreto legislativo disciplina gli ambiti previdenziali del rapporto a tempo parziale, stabilendo che la retribuzione minima oraria - da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale - si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
In altri termini un minimale contributivo orario è determinato mediante l’applicazione della seguente formula:
minimale giornaliero (art. 7, L. 638/83) X numero giorni di lavoro settimanali (pari a 6) diviso le ore normali settimanali previste dal CCNL per i lavoratori a tempo pieno.
Il comma 4 del citato articolo 9 stabilisce che nei casi di rapporto a tempo parziale ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si computa “proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale”.
Settore edile – contribuzione virtuale
L’articolo 29 del decreto legge n. 244/1995 - convertito con modificazioni in legge 8 agosto 1995, n. 341- stabilisce che i datori di lavoro esercenti attività edile sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico e' assolto mediante accantonamento presso le casse edili.
Con decreto ministeriale 16 dicembre 1996 sono stati esclusi, in aggiunta, i seguenti eventi:
1) permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore annue;
2) eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della cassa integrazione guadagni per i periodi per i quali e' stata richiesta ed in pendenza di istanza di concessione;
3) periodi di assenza dal lavoro per ferie collettive, per i lavoratori che non le hanno maturate;
4) periodi di assenza per la frequenza di corsi di formazione professionale non retribuiti dal datore di lavoro e svolti presso gli Enti scuola edili, anche se indennizzati dagli Enti medesimi.
Agevolazioni contributive
L’articolo 1, comma 1175 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), stabilisce che “a decorrere dal 1 luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Il provvedimento, dunque, afferma il principio costituzionale in base al quale lo Stato riconosce le agevolazioni contributive ai datori di lavoro subordinandole al rispetto delle previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
E’ bene sottolineare che tale previsione non introduce una deroga ai principi di determinazione della base imponibile previdenziale, ma limita il suo intervento al solo riconoscimento dei benefici contributivi concessi dalle norme statali.
Contratto collettivo settore edile
Il contratto collettivo nazionale del settore Edilizia Industria, firmato il 18/06/2008, disciplina l’istituto del lavoro a tempo parziale con la finalità di contribuire alle attività di contrasto di fenomeni di improprio utilizzo di tale tipologia contrattuale nel settore.
L’articolo 78 del contratto stabilisce che:
“Fermo restando quanto previsto dalla legge, nelle more dell'adozione dei criteri di congruità da parte delle Casse Edili le parti stabiliscono che un'impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato”.
La stessa norma contrattuale dispone inoltre che:
“Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell'impresa”.
Interpretazioni amministrative
In questo contesto giuridico, l’Inps con la circolare n. 6/2010 in chiave ispettiva, ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina contributiva da applicare ai contratti a tempo parziale stipulati in eccedenza rispetto al limite percentuale fissato dal contratto collettivo del settore edile.
Al riguardo l’Istituto previdenziale afferma che “una volta raggiunta l’indicata percentuale del 3% del totale dei lavoratori a tempo indeterminato nell’impresa, o superato il limite pari al 30 per cento degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa, ogni ulteriore contratto a tempo parziale stipulato deve considerarsi adottato in violazione delle regole contrattuali”.
La circolare n. 6/2010, con riguardo alla contribuzione virtuale sopra descritta, afferma che “Considerato che, fra le predette esclusioni, non compare il caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, si ritiene, in accordo col Ministero del lavoro, che l’istituto della contribuzione virtuale debba essere applicato anche al part-time in edilizia nel caso in cui la stipula di tale tipologia di rapporto sia avvenuta in violazione del limite contrattualmente ….pertanto, per ogni rapporto stipulato in violazione di tale limite, la carenza di legittimazione contrattuale alla stipula comporta l’applicazione della contribuzione virtuale, come se il rapporto non fosse a tempo parziale”.
Profili di criticità
L’interpretazione fornita dall’Istituto previdenziale non è coerente con il quadro giuridico di riferimento e con precedenti orientamenti forniti dallo stesso Istituto.
Preliminarmente occorre distinguere due profili; il primo, relativo agli effetti della violazione contrattuale richiamata ai fini dell’applicazione della contribuzione virtuale, il secondo relativo agli effetti della medesima violazione ai fini dei benefici normativi e contributivi.
Ai fini che qui interessano, appare opportuno analizzare il primo dei due profili sopra evidenziati.
Sul punto, l’Inps con la circolare n. 269/1995, con cui ha illustrato il criterio di applicazione della contribuzione virtuale con specifico riferimento ai rapporti a tempo parziale nel settore edile, ha affermato che per questa tipologia di rapporti “la contribuzione va assolta rispetto all'orario ridotto contrattualmente praticato senza dar luogo alla contribuzione virtuale”.
In altri termini, lo stesso Istituto previdenziale ha affermato che la contribuzione virtuale non può trovare applicazione nei rapporti a tempo parziale e ciò anche nel rispetto di un principio di non discriminazione e di riproporzionalità previdenziale presenti nel nostro ordinamento.
Peraltro, lo stesso Istituto previdenziale ha affrontato più recentemente con il messaggio n. 5143 del 14 febbraio 2005 il problema dell’ efficacia delle disposizioni limitative contenute nei contratti collettivi ai fini dell’applicazione degli obblighi previdenziali previsti da norme di legge (analizzando un’analoga previsione contenuta nel contratto collettivo nazionale del settore commercio).
In particolare, con il predetto messaggio è stato affrontato il tema dell’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali nei riguardi dei lavoratori a tempo parziale nel caso in cui un CCNL stabilisca un vincolo di orario minimo che le parti devono rispettare a livello di pattuizione individuale. Si tratta di fatto di limiti analoghi a quelli previsti per il contingentamento dei contratti a tempo parziale fissati dal CCNL del settore industria.
Sul punto, l’Inps – richiamando proprio l’articolo 9 del D.Lgs. n. 61/2000 - ha affermato che indipendentemente da quanto stabilito dal contratto collettivo di riferimento “i contributi previdenziali ed assistenziali devono essere calcolati….. tenendo conto dell’orario pattuito tra le parti nel contratto di lavoro a tempo parziale, anche se inferiore a quello minimo definito dal
CCNL di riferimento” e ciò, fissando un principio generale in base al quale i limiti della contrattazione collettiva (sia riferiti ad un numero di ore minimo del rapporto a tempo parziale sia riferiti alla percentuale massima di avvio dei rapporti) non possono incidere sulla determinazione della base imponibile della contribuzione previdenziale che deve rimanere ancorata “tenendo conto dell’orario pattuito tra le parti nel contratto di lavoro a tempo parziale”.
Peraltro, anche sotto un profilo sostanziale, le scelte interpretative dell’Inps portano ad una disparità di trattamento al verificarsi dei medesimi comportamenti. Infatti, se nel settore commercio venisse avviato un contratto a tempo parziale oltre i limiti fissati dal contratto collettivo, il lavoratore avrebbe una copertura previdenziale commisurata correttamente alla durata parziale della prestazione. Mentre, se l’analoga situazione avvenisse nel settore edile, il lavoratore avrebbe una copertura previdenziale commisurata ad una prestazione a tempo pieno anche svolgendo una prestazione a tempo parziale.
Peraltro, va anche analizzato che nessuna disposizione di legge limita, direttamente o indirettamente, il ricorso al part time, né attribuisce delega in tal senso alla contrattazione collettiva. Al contrario, il D.Lgs. n. 61/2000 recepisce la direttiva comunitaria che sostiene e promuove questa tipologia contrattuale, ponendo sullo stesso piano il lavoro a tempo pieno e a tempo parziale e non in rapporto regola-eccezione (come accade per il lavoro a termine).
In conclusione, relativamente ai rapporti di lavoro a tempo parziale avviati nell’edilizia, si ritiene che la contribuzione virtuale possa trovare legittima applicazione solo nell’eventualità in cui in sede ispettiva venisse concretamente accertato che il rapporto di lavoro avviato non corrisponda all’effettiva prestazione resa dal lavoratore.

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