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venerdì 2 luglio 2010

Titolo edilizio rilasciato a terzi, termine per l'impugnazione



Decorre con il completamento dei lavori

Il termine per l'impugnazione di un titolo edilizio rilasciato a terzi comincia a decorrere solo quando vi siano elementi univoci, da cui si possa evincere la sua effettiva conoscenza in relazione alle essenziali caratteristiche dell'opera, rilevanti per la verifica di conformità della disciplina urbanistica.

Il termine de quo - in assenza di altri elementi da cui si possa evincere la previa conoscenza dell'atto - decorre, dunque, non con l'inizio dei lavori, ma con il loro completamento, tranne quando si deduca l'inedificabilità dell'area, nel qual caso è sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale nel processo amministrativo opera il divieto dello ius novorum sancito dall'art. 345 c.p.c..
Il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda, dunque, anche le prove cc.dd. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata, al pari delle prove cc.dd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità.

Nel caso di specie è l'indispensabilità dei documenti a consentirne la produzione, dovendosi tale requisito ritenere integrato, ogniqualvolta il nuovo mezzo istruttorio assuma un'influenza causale determinante sull'esito del giudizio, nel senso che esso sia idoneo a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi, in modo da condurre ad un accertamento in fatto che denoti l'ingiustizia della prima decisione e ne rovesci le statuizioni.
La ratio dell'art. 345, comma 3, c.p.c., laddove prevede, in deroga al divieto dei nova in appello, l'ammissibilità delle prove indispensabili, esprime l'esigenza di garantire, per quanto possibile, l'aderenza della decisione di gravame alla verità sostanziale, in esplicazione del principio del giusto processo, sancito dall'art. 111, comma 1, Cost., la cui attuazione esige anche, se non in primo luogo, la tendenziale aderenza del risultato del processo alla verità sostanziale (in punto di fatto) e al diritto oggettivo sostanziale (in punto di diritto).

Se, poi, si considera che nel caso di specie le prove si riferiscono a fatti posti a base di un'eccezione - l'irricevibilità del ricorso per tardività - rilevabile anche d'ufficio e proponibile per la prima volta - a norma dell'art. 345, comma 2, c.p.c. - anche in grado d'appello, le prove a suffragio dei fatti posti a fondamento di siffatta eccezione ben potevano essere fornite per la prima volta in tale grado di giudizio, non avendo senso, a pena d'incorrere in una vera e propria contradictio in adiecto, ammettere la proponibilità di un'eccezione e nel contempo vietarne la prova dei fatti costitutivi.
(Sentenza Consiglio di Stato 27/05/2010, n. 3378)

Fonte: www.ipsoa.it

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