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martedì 15 giugno 2010

L’EFFICACIA PROBATORIA DEGLI STUDI DI SETTORE




IL QUESITO
Si chiede di conoscere quale sia allo stato della giurisprudenza l’efficacia degli studi di settore nell’accertamento tributario.
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Premessa
Si osserva che l’accertamento basato sugli studi di settore è regolato principalmente
dalle seguenti disposizioni normative: articolo 62-sexies, comma 3, D.L. n.331/1993;
articolo 10 legge 8 maggio 1998, n.146; articolo 39 d.p.r. n.600/1973; articolo 54
d.p.r. n.633/1972.
L’accertamento da studi risulta inquadrabile fra gli accertamenti parziali di cui
all’articolo 39 comma 1 lettera d) del D.P.R. n.600/1973. Il citato articolo 39 in
materia di accertamento delle imposte sui redditi, nonché l’articolo 54 del D.P.R. n.
633 in materia di iva, prevedono espressamente che “l'esistenza di attività non
dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di
presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.”.
L’articolo 62 sexies del D.L. 331/1993 da cui prende le mosse l’accertamento da
studi, dispone che “gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62-bis del presente decreto.”.
La non congruità dei ricavi
Dal dettato normativo non si desume che la non congruità dei ricavi rispetto a quelli
che emergono dallo studio di settore costituisce presunzione legale al fine
dell’accertamento, posto che se così fosse il legislatore lo avrebbe esplicitamente
previsto. Ne si può ritenere che il mero scostamento dei ricavi indicati nelle scritture contabili rispetto a quelli presunti dallo studio di settore possa costituire per l’amministrazione finanziaria il raggiungimento dei requisiti di qualificazione della presunzione ed elevarla al rango di presunzione semplice qualificata.
Si tenga conto, altresì, che l’Amministrazione Finanziaria affinché possa procedere
all’accertamento deve dimostrare:
 l’esistenza di gravi incongruenze fra i dati dichiarati dal contribuente e quelli
desumibili dagli studi;
 la circostanza che lo studio risulti fondatamente applicabile al contribuente
sottoposto a verifica.
Si dovrà, quindi, avere riguardo al contesto in cui il contribuente opera, alle modalità di svolgimento dell’attività e ad altri elementi utili alla corretta identificazione economica del contribuente.
Lo studio di settore rappresenta certamente l’evidenza di una situazione di possibile
anomalia della posizione del contribuente, ma non giustifica di per se un
accertamento senza la presenza di ulteriori elementi concordanti nell’evidenziare una
potenziale evasione da parte del contribuente.
Ciò in quanto l’amministrazione non può “catastizzare”, il contribuente mediante
l’adozione di strumenti statistici che, per quanto affinati o affinabili, non possono mai rappresentare con precisione la situazione soggettiva del singolo contribuente.
La svolta della Cassazione a Sezioni Unite
Le recenti decisioni della Corte di Cassazione a Sezioni Riunite, n. 26635, n. 26636,
n. 26637 e n. 26638, tutte depositate il 18 dicembre 2009, vanno nella direzione della tutela del contribuente e la stessa Agenzia delle Entrate, con circolare n. 19 del 14 aprile 2010, è stata costretta ad confermare che lo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto ai ricavi rivenienti dall’applicazione dello studio di settore non giustifica di per sé l’emissione dell’avviso di accertamento da parte dell’Ufficio.
La Cassazione ha sancito che gli studi di settore legittimano l’avvio di una procedura finalizzata all’analisi della situazione del contribuente per consentire, in contraddittorio con il contribuente medesimo, le eventuali correzioni al dato statistico onde fotografare con veridicità la specifica realtà economica della singola impresa o professionista.
Occorre, dunque, necessariamente convocare il contribuente per instaurare un
contraddittorio. E’ quindi viziato l’accertamento basato sugli studi di settore senza il confronto Ufficio-contribuente, ma anche senza l’adeguata esposizione dei motivi che hanno portato l’Ufficio a non tenere conto di quanto argomentato dal
contribuente in occasione del contraddittorio. Talchè, l’Agenzia, con la citata
circolare n. 19/2010 ha invitato gli Uffici ad abbandonare eventuali contenziosi se nel giudizio di primo grado è stato eccepita da parte del contribuente la mancata
convocazione per il contraddittorio.
Ciò detto, secondo l’Agenzia l’assenza del contribuente al pur convocato
contradditorio, legittimerebbe l’accertamento basato esclusivamente sulle risultanze
degli studi, considerato che la Corte avrebbe considerato tale inerzia sufficiente a far sussistere, a carico del contribuente, i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli articoli 39, comma 1, lettera d) e 54, rispettivamente del DPR n. 600 del 1973 e del DPR n. 633 del 1972.
Al riguardo, non si condividono tali conclusioni posto che non si rinviene alcun
passaggio nelle sentenze della suprema Corte che autorizzi la predetta affermazione
dell’Agenzia. Vero è, invece, che l’Ufficio, anche nell’ipotesi in cui il contribuente non si presenti al contraddittorio, ha comunque l’onere, sulla base degli elementi a propria disposizione, di verificare e provare che le risultanze dello studio di settore sono coerenti in relazione alla specifica situazione del contribuente.
Per tale motivo, una volta ricevuto l’avviso di accertamento è importante che il
contribuente valuti se l’Ufficio ha ottemperato o meno a tale onere, eccependo
l’eventuale negligenza dell’Ufficio nel ricorso introduttivo alla Commissione Tributaria Provinciale. Da parte propria il contribuente ha l’onere, anche mediante l’utilizzo di presunzioni semplici, di rappresentare le motivazioni che escludono l’impresa dall’area dei soggetti a cui applicare lo standard che emerge dallo studio. Tale difesa, come chiarito dalla Suprema Corte, può essere svolta dal contribuente anche solo in Commissione tributaria e non necessariamente in sede di contraddittorio con l’Ufficio.
E’, tuttavia, da suggerire con fermezza l’opportunità che il contribuente già in
contraddittorio fornisca ogni elemento utile per correggere il risultato dello studio di settore.
L’Agenzia nella propria Circolare chiarisce che l’avviso di accertamento non deve
necessariamente contenere gli esisti del contraddittorio (motivazioni, giustificazioni, risposte, etc.) poiché è sufficiente che ciò risulti dal verbale consegnato al contribuente.
Anche questa affermazione non sembra condivisibile, posto che la Corte di
Cassazione ha stabilito che tali elementi devono risultare dall’avviso di accertamento.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui l’avviso di accertamento non dovesse contenere
gli elementi di cui trattasi, è opportuno nel ricorso introdotto eccepire tale circostanza chiedendo la pronuncia di nullità dell’avviso.
E’ importante sottolineare che le eccezioni non sollevate nel primo grado di giudizio, ai sensi dell’articolo 57 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, restano precluse nel grado di appello, ferma restando la più ampia facoltà di prova – in relazione alla sussistenza di tali eccezioni/rilievi – riconosciuta al contribuente, anche a mezzo di presunzioni semplici. Nel processo tributario , infatti, le eccezioni, vale a dire “lo strumento processuale con il quale si faccia valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale” (cfr. Cass. n. 22010 del 13 ottobre 2006; n. 10112 dell’11 luglio 2002), se non sono rilevabili d’ufficio, non possono essere proposte per la prima volta in appello.
RIFERIMENTI NORMATIVI
articolo 62-sexies, comma 3, D.L. n.331/1993;
articolo 10 legge 8 maggio 1998, n.146;
articolo 39 d.p.r. n.600/1973;
articolo 54 d.p.r. n.633/1972.
RIFERIMENTI DI PRASSI
Circolare Agenzia entrate n. 19 del 14 aprile 2010.
RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI
Corte di Cassazione a Sezioni Riunite, n. 26635, n. 26636, n. 26637 e n. 26638 tutte
depositate il 18 dicembre 2009.
Parere delle Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
n. 17 del 10/06/2010

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