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martedì 2 aprile 2013

Benefici contributivi e assunzione ex dipendente

 La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 9 del 8 marzo 2013, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito alla disciplina delle agevolazioni contributive concesse, in presenza di determinati requisiti, al datore di lavoro che effettui nuove assunzioni. In particolare, l’istante chiede se la disposizione normativa citata possa trovare applicazione nel caso in cui la nuova assunzione riguardi ex di pendenti della medesima impresa, in possesso del requisito dello stato di disoccupazione, licenziati per diminuzione di personale ovvero che abbiano esercitato il diritto di recesso da un rapporto di lavoro part-time.

 La risposta in sintesi:

"...Ciò premesso, in relazione all’ipotesi di assunzione di ex dipendente licenziato per riduzione di personale si ritiene che, se in capo al medesimo lavoratore si siano nuovamente configurati i requisiti di legge, nessuna preclusione può applicarsi al riconoscimento per intero del beneficio. Se quindi il lavoratore perde lo stato di disoccupazione e poi lo riacquista, iniziando a maturare da zero un nuovo periodo di 24 mesi di disoccupazione, nel rispetto di ogni altra condizione prevista dalla legge, non può ostare al riconoscimento del beneficio il solo fatto che il lavoratore assunto ai sensi dell’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990 fosse già stato alle dipendenze dello stesso datore di lavoro in un precedente rapporto agevolato. In tal caso l’agevolazione contributiva deve essere quindi riconosciuta per intero e non va, invece, contratta cumulando i periodi agevolati precedenti.
In ordine alla possibilità per il datore di lavoro di usufruire delle agevolazioni in esame nel caso in cui assuma “nuovamente, dopo alcuni mesi, un lavoratore part-time a 20 ore settimanali, precedentemente dimessosi e per il quale aveva già beneficiato delle agevolazioni medesime” , nelle 3 fattispecie realizzatesi anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 92/2012, si ritiene che il beneficio debba essere riconosciuto solo per il periodo residuo rispetto al limite massimo di fruizione dei 36 mesi, ciò in quanto non vi è stata interruzione dello stato di disoccupazione.
Si evidenzia, tuttavia, che successivamente al 18 luglio 2012, la fattispecie da ultimo prospettata non risulta più configurabile alla luce dell’intervenuta abrogazione – ad opera dell’art. 4, comma 33, lett. c), L. n. 92/2012 – dell’art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 181/2000 nella parte in cui prevedeva la “conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgi mento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione”.
Per completezza si rappresenta che, a seguito della nuova formulazione dell’art. 4 sopra citato, la perdita dello stato di disoccupazione attualmente si verifica “ in caso di mancata presentazione senza giustificato moti vo alla convocazione del servizio competente nell’ambito delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 del medesimo D.Lgs.”, ovvero “in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavo ro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, ex L. n.196/1997”. La disposizione normativa citata, così come modificata, prevede inoltre “la sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi”.

Nuovi lavori - crowdsourcing

La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 12 del 27 marzo 2013, ha risposto ad un quesito della Confindustria in merito alla corretta interpretazione dell’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, concernente l’autorizzazione preventiva rilasciata alle Agenzie per il Lavoro, da questo Ministero, ai fini dell’espletamento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale. 
In particolare l’istante chiede se, ai sensi della citata disposizione, anche le società aventi ad  oggetto la gestione di siti internet mediante l’attività c.d. di crowdsourcing debbano richiedere la suddetta autorizzazione.

 La risposta in sintesi:

"...Conformemente alle osservazioni innanzi svolte ed in risposta al quesito avanzato si ritiene che non sia necessaria l’autorizzazione preventiva di cui agli artt. 4 e 6, D.Lgs. n. 276/2003 per lo svolgimento dell’attività di crowdsourcing qualora quest’ultima promuova la stipulazione di contratti di natura commerciale tra i quali la compravendita e l’appalto. 
Nelle ipotesi in cui l’attività di crowdsourcing involga, invece, la conclusione di contratti d’opera professionale ex art. 2222 c.c., appare necessario richiedere l’autorizzazione ai sensi della citate disposizioni normativa esclusivamente se dalla stipulazione di questi contratti consegua un’attività prolungata in favore del committente tale da configurare la costituzione di posizioni lavorative in seno alla sua organizzazione.”.