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mercoledì 29 settembre 2010

La Corte di Cassazione interviene sul tempo tuta per i dipendenti



Con il termine “tempo tuta” si identifica il tempo impiegato dal lavoratore per indossare e svestire gli abiti da lavoro. La Corte di Cassazione ha affermato che tale tempo, necessario per indossare gli abiti di servizio, sulla base di una specifica indicazione del datore di lavoro, costituisce tempo di lavoro retribuito (sentenza n. 19358 del 10/09/2010).

Nel rapporto di lavoro, sottolinea la suprema Corte, deve distinguersi una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, ed una fase preparatoria, relativa a prestazioni od attività accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa (art. 2104 seconda comma Codice Civile) ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria.
Di conseguenza al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro (tempo estraneo a quello destinato alla prestazione lavorativa finale) deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva.

Fatto
Un gruppo di dipendenti ha convenuto in giudizio il datore di lavoro chiedendo l'equivalente di venti minuti di retribuzione giornaliera per 45 settimane, a fronte del cd “ tempo tuta”.
Secondo le disposizioni datoriali, per entrare nel perimetro aziendale, i dipendenti dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino magnetico di riconoscimento, indi percorrere cento metri ed accedere allo spogliatoio, ivi indossare gli indumenti di lavoro forniti dall'azienda, effettuare una seconda timbratura del tesserino prima dell'inizio del lavoro; al termine, dovevano effettuare una terza timbratura, accedere allo spogliatoio per lasciare gli abiti di servizio, passare una quarta volta il tesserino al tornello e uscire.
L’azienda ha eccepito che nel corso delle operazioni suddette i lavoratori rimanevano comunque liberi di disporre del proprio tempo e non erano sottoposti al potere datoriale; soltanto con l’inizio effettivo del turno di lavoro essi erano sottoposti agli ordini ed alle indicazioni dei superiori gerarchici. Dunque non poteva ravvisarsi nel cd. “tempo tuta” il sinallagma contrattuale che determina il diritto alla retribuzione.

Il giudice di prime cure ha stabilito che il tempo necessario per la vestizione non costituisce tempo di lavoro retribuito.
La Corte di Appello ha invece riconosciuto, nella misura equitativamente determinata del 50 per cento, il diritto dei dipendenti alla retribuzione per il cd. “tempo tuta”, non essendo possibile determinare con certezza il tempo effettivamente impiegato dai lavoratori per le sole operazioni di vestizione.

Decisione

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’appello, osservando che secondo consolidato orientamento della giurisprudenza: “Ai fini di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica: in particolare, ove sia data facoltà di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività, lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito” (Cass. n. 15734/2003).
Il principio è stato confermato da una recente pronuncia (Cass. sentenza n. 15492/2009), secondo la quale: “sono da ricomprendere nelle ore di lavoro effettivo, come tali da retribuire, anche le attività preparatorie o successive allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché eterodirette dal datore di lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il tempo ed il luogo di esecuzione. Né può ritenersi incompatibile con tale interpretazione la norma del contrattuale secondo la quale "le ore di lavoro sono contate con l'orologio dello stabilimento o reparto", posto che tale clausola non ha una funzione prescrittiva, ma ha natura meramente ordinatoria e regolativa, ed è destinata a cedere a fronte dell'eventuale ricomprensione nell'orario di lavoro di operazioni preparatorie e/o integrative della, prestazione lavorativa che siano, rispettivamente, anteriori o posteriori alla timbratura dell'orologio marcatempo”.
Sentenza tratta dalla rivista "Pianeta lavoro previdenza"

martedì 28 settembre 2010

Cambiano le finestre di accesso alla pensione



INPS, i correttivi alla previdenza
Decorrenze dei trattamenti pensionistici, ricongiunzione, fondi speciali di previdenza, verifica dei dati reddituali per i titolari di prestazioni collegate al reddito, facoltà per i pensionati a basso reddito di dilazionare determinati versamenti, invalidita’ civile, l'INPS riepiloga i contenuti della manovra correttiva.

L'INPS fa presente che il 30 luglio 2010 è entrata in vigore la legge n. 122/2010 che ha convertito il decreto legge n. 78/2010.

L’art. 12 (commi da 1 a 6) della predetta legge ha introdotto, dal 1° gennaio 2011, una nuova disciplina in materia di decorrenza della pensione di vecchiaia e dei trattamenti di anzianità, lasciando impregiudicati i requisiti di accesso ai predetti trattamenti pensionistici. Le nuove decorrenze si applicano esclusivamente a coloro che raggiungono i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso a pensione a partire dal 1° gennaio 2011, mentre non sono applicabili ai lavoratori che abbiano maturato i predetti requisiti entro il 31 dicembre 2010, anche se a tale data non siano ancora aperte le “finestre di accesso” al pensionamento previste dalle leggi n. 243/2004 e n. 247/2007.

Destinatari della nuova disciplina sono dal 1° gennaio 2011:

a) i lavoratori e le lavoratrici del “settore privato” che maturano il diritto all’accesso alla pensione di vecchiaia a 65 anni, per gli uomini, o a 60 anni per le donne, ovvero che maturano i previsti requisiti per l’accesso al pensionamento con età inferiori ai sensi dell’allegato art. 1, comma 6, della legge n. 243/2004.

b) i lavoratori del “settore pubblico” che maturano il diritto all’accesso al pensionamento con i medesimi requisiti esposti nel precedente punto a).

c) le lavoratrici iscritte alle forme esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti (destinatarie della disciplina in materia di elevazione dell’età pensionabile di cui all’art. 22-ter, comma 1, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78).

d) i lavoratori e le lavoratrici iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, e a fondi sostitutivi, esclusivi ed esonerativi, che maturano il diritto al pensionamento secondo le regole generali vigenti nei propri ordinamenti.

A decorrere dal 1° gennaio 2011, tali soggetti conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico di anzianità e vecchiaia (art. 12, comma 1 e 2) secondo quanto segue:

a) coloro i quali conseguono il diritto alla pensione a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti anagrafici e contributivi;

b) coloro i quali conseguono il diritto alla pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti anagrafici e contributivi.

I trattamenti in parola decorrono ovviamente dal primo giorno del mese successivo allo scadere del citato differimento di 12 o 18 mesi. Stante il tenore letterale della legge, i trattamenti pensionistici a carico della gestione separata seguono la disciplina in materia di decorrenze prevista per le pensioni a carico delle gestioni dei lavoratori autonomi, senza che abbia più rilevanza, al riguardo, l’iscrizione o non iscrizione, al momento del pensionamento ad altra forma pensionistica obbligatoria.

L'INPS segnala che, con effetto sulle istanze presentate dal 1° luglio 2010, l’operazione di ricongiunzione nel FPLD dalle forme di previdenza sostitutive, esonerative ed esclusive dell’AGO avverrà a titolo oneroso, alle medesime condizioni fissate dai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 2 della stessa legge n. 29/1979, conformemente a quelle già previste dall’articolo 1, comma 4, per la ricongiunzione nel FPLD dei periodi di contribuzione maturati nelle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi ART/COM e CD/CM.

L’articolo 38, commi 7 e 8, della legge n. 122/2010, prevede interventi a favore dei pensionati con reddito da pensione inferiore ai 18 mila euro. Gli interventi sono indirizzati a dilazionare determinati versamenti rendendoli meno onerosi per gli interessati.
(Circolare INPS 24/09/2010, n. 126)

Imposta sostitutiva del 10 per cento su retribuzioni erogate ai dipendenti per lavoro straordinario



Agenzia Entrate Circolare 47/E del 27/09/2010

Con la risoluzione 83/2010 l’Agenzia delle Entrate ha precisato, tra l’altro, che
il regime agevolativo consistente nell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%,
prevista dall’articolo 2 del DL n. 93 del 2008, deve ritenersi applicabile anche con
riferimento alle erogazioni relative alle prestazioni di lavoro straordinario a condizione che queste siano riconducibili ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa.
In relazione alle richieste di chiarimenti pervenute, si precisa che la recente
risoluzione non ha inteso ricondurre nell’ambito dell’agevolazione il lavoro
straordinario in quanto tale ma ha inteso chiarire che risulta agevolabile il lavoro
straordinario in quanto correlato a parametri di produttività.
Le prestazioni lavorative rese oltre l’ordinario orario di lavoro sono state
agevolabili senza ulteriori condizioni soltanto per l’anno 2008, in base alla originariaformulazione dell’articolo 2 del DL n. 93 del 2008.
Negli anni 2009 e 2010 le disposizioni che prevedevano la detassazione degli
straordinari non sono state prorogate e, pertanto, l’imposta sostitutiva non può
applicarsi alle ipotesi di straordinario che non sia possibile ricondurre tra i premi diproduttività.
In base alla normativa vigente lo straordinario agevolabile è, quindi, solo quello
per il quale sussista un vincolo di correlazione con i parametri di produttività. Il
vincolo può sussistere sia nell’ipotesi di straordinario cosiddetto “forfetizzato,” reso dai dipendenti che non sono vincolati dall’orario di lavoro, sia per le altre tipologie di prestazione straordinaria di lavoro. Analogo criterio risulta valido per ricondurre nel beneficio fiscale le prestazioni di lavoro supplementare o reso sulla base di clausole elastiche.
In merito alla “prova” della correlazione tra straordinario e parametri di
produttività si richiama quanto precisato nella circolare n. 49 del 2008 in relazione alle altre fattispecie agevolabili sulla base di parametri di produttività per le quali è stato affermato che tale correlazione deve essere documentata dall’impresa, ad esempio attraverso la comunicazione scritta al lavoratore della motivazione della somma corrisposta.
E’ necessario quindi che anche il nesso tra il lavoro straordinario (o
supplementare o reso in funzione di clausola elastica) e gli incrementi di produttività,trovi riscontro in una documentazione proveniente dall’impresa che può consistere inuna dichiarazione con la quale l’impresa stessa attesti che la prestazione lavorativa abbia determinato un risultato utile per il conseguimento di elementi di competitività eredditività legati all’andamento economico della impresa.
Si precisa, infine, che anche l’agevolazione delle retribuzioni relative alle
prestazioni di lavoro notturno e di lavoro organizzato su turni è subordinata al
perseguimento di un incremento di produttività che trovi riscontro in una dichiarazionedell’impresa.

martedì 21 settembre 2010

L'INPS recupera la 14ma mensilità indebita del 2008



Da settembre a dicembre 2010
Pensioni sotto la lente dell'INPS. A luglio è stata effettuata la verifica dei requisiti per avere diritto alla somma aggiuntiva, con il confronto fra l’importo erogato, sulla base dei redditi presunti, e l’importo effettivamente spettante, sulla base dei redditi consolidati del 2008.

A favore dei pensionati ultrasessantaquattrenni, titolari di uno o più trattamenti pensionistici è prevista la corresponsione di una somma aggiuntiva, in presenza di determinate condizioni reddituali, a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria.

La somma aggiuntiva è determinata in funzione dell’anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale.

Tale somma aggiuntiva è stata corrisposta, per l’anno 2008, unitamente alla rata di luglio, secondo gli importi riepilogati nella seguente tabella.

Lavoratori dipendentiLavoratori autonomiSomma aggiuntiva anno 2008Limite di reddito Anni di contribuzioneImportoTM annuo x 1,5Limite massimo Fino a 15Fino a 18 € 336,00€ 8.640,84€ 8.976,84 Sopra 15 fino a 25Sopra 18 fino a 28€ 420,00€ 8.640,84€ 9.060,84 Oltre 25 Oltre 28€ 504,00€ 8.640,84 € 9.144,84

Agli interessati era stata contestualmente inviata una comunicazione, nella quale si faceva riserva di verificare il diritto e la misura del beneficio concesso, sulla scorta dei redditi definitivi dell’anno 2008.

La verifica in argomento ha riguardato le pensioni, in essere al momento della lavorazione, i cui titolari avevano usufruito della 14.a mensilità nell’anno 2008. Con l’elaborazione, effettuata nel corso del mese di luglio 2010, è stato effettuato il confronto fra l’importo erogato, sulla base dei redditi presunti, e l’importo effettivamente spettante, sulla base dei redditi consolidati del 2008.

l recupero dell’intera somma aggiuntiva ovvero del maggior importo corrisposto viene effettuato a partire dalla rata di settembre a quella di dicembre 2010.
(Messaggio INPS 16/09/2010, n. 23402)

Esenzione canone RAI, per gli over 75 la scadenza è il 30 novembre



Come ottenere l’esenzione e richiedere il rimborso

La legge Finanziaria 2008 ha abolito il pagamento del canone RAI per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni; l’agevolazione si applica con riferimento ai canoni dovuti a decorrere dall’anno 2008. Al contribuente che, pur dotato dei requisiti necessari per fruire dell’esenzione, ha effettuato il versamento del canone, è riconosciuto il diritto di recuperare gli importi versati presentando istanza di rimborso.
Con la circolare n. 46/E/2010, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in ordine ai criteri e alle modalità da osservare ai fini dell’applicazione del beneficio.

I requisiti
Colui che richiede l’agevolazione deve:
-aver compiuto 75 anni di età entro il termine per il pagamento del canone di abbonamento RAI (attualmente il 31 gennaio e il 31 luglio di ciascun anno );
-non convivere con altri soggetti diversi dal coniuge (che siano titolari di un reddito proprio, precisa la circolare n. 46/E/2010);
-possedere un reddito che, unitamente a quello del proprio coniuge convivente, non sia superiore complessivamente a 516,46 euro per 13 mensilità. A tal proposito, precisa il documento di prassi, il limite di reddito, pari a (516,45 euro x 13 mensilità =) 6.713,98 euro, è dato dalla somma del reddito imputabile al soggetto interessato all’agevolazione e al coniuge convivente dello stesso e deve essere riferito all’anno precedente a quello per il quale si intende fruire dell’agevolazione.

Calcolo del reddito
Il reddito che rileva, ai fini della fruizione dell’agevolazione, è dato dalla somma:
-del reddito imponibile (cioè al netto degli oneri deducibili) risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata per l’anno precedente (per chi è esonerato dalla presentazione della dichiarazione, si assume a riferimento il reddito indicato nel modello CUD);
-dei redditi soggetti ad imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta (quali, ad esempio, gli interessi maturati su depositi bancari, postali, BOT, CCT e altri titoli di Stato, nonché i proventi di quote di investimenti);
-delle retribuzioni corrisposte da enti o organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica;
-dai redditi di fonte estera non tassati in Italia.Sono invece esclusi dal calcolo:
-i redditi esenti da IRPEF (pensioni di guerra, rendite INAIL, pensioni erogate ad invalidi civili);
-il reddito dell’abitazione principale e relative pertinenze;
-i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni;
-altri redditi assoggettati a tassazione separata.

Come ottenere l’esenzione
Gli interessati devono compilare ed inviare (rivolgendosi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate) il di esenzione: si tratta di una dichiarazione sostitutiva (accompagnata da documento di identità) che prova il possesso dei requisiti previsti dalla legge.

La dichiarazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata entro il 30 aprile di ciascun anno, da parte di coloro che per la prima volta fruiscono del beneficio; coloro che intendono fruire dell’esenzione per la prima volta relativamente al secondo semestre dell’anno dovranno presentarla entro il 31 luglio (per il 2010, entro il prossimo 30 novembre).

Per le annualità successive, i contribuenti potranno continuare ad avvalersi dell’agevolazione senza dover presentare nuove dichiarazioni. Chi, invece, nel corso dell’anno attiva per la prima volta un abbonamento al servizio radiotelevisivo, deve inviare la dichiarazione entro 60 giorni.

Come ottenere il rimborso
Coloro che hanno pagato il canone di abbonamento relativo agli anni 2008, 2009 e 2010 pur essendo in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione, possono chiederne il rimborso inoltrando istanza in carta libera, utilizzando l'.
Con la richiesta di rimborso deve essere consegnata o spedita anche la dichiarazione sostitutiva, attestante il possesso dei requisiti per godere dell’agevolazione relativamente al canone pagato.

Sanzioni
Gli abusi sono puniti con una sanzione amministrativa di importo compreso tra 500 e 2.000 euro per ogni annualità, oltre al pagamento del canone evaso e degli interessi maturati. In caso di dichiarazioni mendaci, si applicano le sanzioni penali previste dall’art. 76, D.P.R. n. 445/2000.
(Circolare Agenzia delle Entrate 20/09/2010, n. 46/E)

venerdì 10 settembre 2010

Assemblea sindacale e limiti temporali



Sentenza 22/07/2010 n. 17217 Corte di Cassazione

In tema di diritto dei lavoratori a riunirsi in assemblea durante l'orario di lavoro, il limite temporale di dieci ore annue retribuite, previsto dall'art. 20, primo comma, della legge n. 300 del 1970 con salvezza delle migliori condizioni previste dalla contrattazione collettiva, va riferito alla generalità dei lavoratori dell'unità produttiva e non ai singoli lavoratori, e nella suddivisione del monte ore tra organizzazioni e rappresentanze sindacali trova applicazione il criterio della prevenzione nelle convocazioni, dovendo escludersi che l'accordo interconfederale 20 dicembre 1993 (che ha riservato sette ore annuali di assemblea retribuita alle RSU e le ulteriori tre ore ai sindacati stipulanti il c.c.n.l. applicato nell'unità produttiva) abbia attribuito il monte ore complessivo a ciascuna organizzazione sindacale.

mercoledì 8 settembre 2010

Fissazione della misura degli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo



IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del presente
provvedimento
DISPONE
1. Determinazione interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a
ruolo.
1.1 A decorrere dal 1° ottobre 2010, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 5,7567% in ragione annuale.
1.2 Il presente provvedimento è pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Motivazioni
L’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
prevede l’applicazione degli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, a partire dalla notifica della cartella e fino alla data di pagamento, ad un tasso da determinarsi annualmente con decreto del Ministero delle Finanze, con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.
In attuazione della richiamata disposizione, e dopo aver interpellato la Banca d’Italia, con provvedimento del 4 settembre 2009, è stata fissata, con effetto dal 1°ottobre 2009, al 6,8358 per cento in ragione annuale, la misura del tasso di interesse da applicare nelle ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo.
Considerato che, come detto, l’art. 30 prevede una determinazione annuale del tasso
di interesse in questione, è stata interessata la Banca d’Italia che, con nota n. 327293 del 23 aprile 2010, ha stimato al 4,7567% la media dei tassi bancari attivi con riferimento al periodo 1.1.2009-31.12.2009.
Tenuto conto, quindi, della flessione registrata nell’anno 2009 dei tassi bancari attivi, si ritiene congruo ridurre al 5,7567% l’attuale misura degli interessi di mora.
Il tasso è stato individuato applicando la maggiorazione di un punto percentuale alla
media dei tassi bancari attivi, come individuata dalla Banca d’Italia.
Tale maggiorazione si ritiene necessaria per differenziare, in ragione della condotta
del contribuente, le misure del tasso di interesse nelle diverse ipotesi di riscossione mediante ruolo.
Infatti, il decreto ministeriale 21 maggio 2009, di razionalizzazione della misura
degli interessi per la riscossione e il rimborso dei tributi, prevede un tasso di interesse del 4,5% annuo per la rateazione e la sospensione della riscossione mediante ruolo.
Il presente provvedimento fissa, dunque, con effetto dal 1°ottobre 2010, al
5,7567 per cento in ragione annuale, la misura del tasso di interesse da applicare nelle ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, di cui all’articolo 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Riferimenti normativi
a)Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 67, comma 1, art. 68, comma 1)
Statuto dell’Agenzia delle Entrate (art. 5, comma 1)
b)Disciplina degli interessi di mora
Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (art. 30)
Provvedimento Direttoriale 4 settembre 2009
c)Disposizioni relative all’individuazione della competenza ad adottare gli atti della pubblica amministrazione
Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (artt. 4, 14 e 16)

lunedì 6 settembre 2010

Cartelle sotto controllo con la delega al professionista



Da Equitalia una nuova modalità di utilizzo dell'estratto conto on line

Con il nuovo sistema di gestione deleghe, gli intermediari abilitati ai servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate potranno tenere sotto controllo direttamente dal computer la situazione dei loro assistiti.

La nuova modalità di accesso all’estratto conto – si legge nel comunicato stampa diffuso oggi da Equitalia - rientra nella strategia di ampliamento dei servizi ai contribuenti che punta sulla operatività on line come ulteriore canale di contatto in aggiunta agli sportelli.

In particolare, il contribuente, già in possesso delle credenziali di accesso all’estratto conto, può conferire fino a un massimo di due deleghe per la consultazione della propria situazione a intermediari abilitati ai servizi on line dell’Agenzia delle Entrate attraverso la funzione “Deleghe”, presente nel menu interno del servizio estratto conto.

Il contribuente dovrà inserire il codice fiscale dell’intermediario e cliccare su “Delega”.

Tutti i professionisti delegati che già utilizzano i servizi online dell’Agenzia delle Entrate possono utilizzare le stesse credenziali anche per consultare la posizione dei propri assistiti con Equitalia. Il professionista delegato può consultare immediatamente i dati del cliente selezionando il codice fiscale o la partita IVA d’interesse tra quelli dei deleganti che il sistema mette automaticamente a disposizione.

La prima volta che opera in qualità di delegato, il professionista deve preliminarmente leggere e accettare il regolamento del servizio.

La delega ha una durata di due anni, si rinnova automaticamente ed è revocabile sempre attraverso il servizio web in qualsiasi momento.
(Comunicato stampa 03/09/2010 - Equitalia)

giovedì 2 settembre 2010

Servono elementi concreti per supportare l’accertamento



Gli studi di settore sono solo il presupposto

E’ illegittimo l’accertamento fondato esclusivamente sui dati parametrici ricavati dallo studio di settore, specificamente contestati dai contribuenti e non altrimenti asseverati dall’Amministrazione finanziaria con elementi concreti desunti dalla realtà economica dell’impresa.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18941 del 2010, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della CTR, favorevole alla società contribuente in considerazione della non perfetta rispondenza tra l’attività esercitata dalla stessa società (operante nel settore tessile a Prato) e quella presa in considerazione dallo studio di settore, e delle difficoltà delle aziende di tessuti della zona.

In proposito, le Sezioni Unite della Cassazione hanno già affermato che le risultanze degli studi di settore - non costituendo fatto concreto noto e certo, specificamente inerente al contribuente, suscettibile di evidenziare in termini di rilevante probabilità l’entità del suo reddito, ma rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni - rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ma (ove siano contestati sulla base di allegazioni specifiche) sono inidonei a supportare l’accertamento medesimo, se non confortati da elementi concreti desunti dalla realtà economica dell’impresa che devono essere provati e non semplicemente enunciati nella motivazione dell’accertamento.
(Cassazione civile Ordinanza, Sez. Trib., 31/08/2010, n. 18941)
fonte www.ipsoa.it