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giovedì 29 luglio 2010

Bonifici detraibili, le regole delle Entrate per la ritenuta del 10%



Nessuna sanzione in caso di violazione

La ritenuta d'acconto del 10%, che banche e Poste Italiane devono applicare sui bonifici relativi al pagamento di interventi di recupero del patrimonio edilizio e di risparmio energetico, deve essere operata sull’importo del bonifico decurtato dell’IVA del 20%. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 40/E pubblicata oggi.

A seguito dell'emanazione - prima - dell’art. 25 del D.L. n. 78/2010 e - successivamente - del provvedimento n. 94288 del 30 giugno scorso, le Entrate forniscono ulteriori chiarimenti in merito alla ritenuta d'acconto del 10% da effettuare sui bonifici disposti per spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio e di risparmio energetico.

In particolare, banche e Poste Italiane S.p.A. dovranno:
-operare, all'atto dell'accreditamento dei pagamenti, le ritenute d'acconto, con obbligo di rivalsa;
-effettuare il relativo versamento utilizzando il modello F24;
-rilasciare la certificazione delle ritenute d'acconto eseguite al beneficiario stesso;
-indicare nella dichiarazione dei sostituti d'imposta i dati concernenti i pagamenti effettuati.Con la circolare n. 40/E/2010, si precisa che i pagamenti effettuati mediante bonifico bancario dai contribuenti che intendono avvalersi della detrazione d’imposta del 36%, prevista per le ristrutturazioni edilizie di immobili abitativi, o della detrazione d’imposta del 55%, prevista per gli interventi di risparmio energetico realizzati su edifici esistenti, sono comprensivi del corrispettivo per la prestazione del servizio o per la cessione dei beni e della relativa imposta sul valore aggiunto addebitata in via di rivalsa dal beneficiario del bonifico.

La base di calcolo su cui operare la ritenuta non deve, però, comprendere l’IVA; altrimenti verrebbero alterate le caratteristiche di neutralità di tale imposta. Ne deriva che la misura dell’aliquota IVA può variare in relazione alla tipologia di spesa cui afferisce il bonifico. Tuttavia, il soggetto tenuto ad effettuare la ritenuta non conosce l’ammontare dell’IVA compreso nell’importo del bonifico, informazione che, anche se richiesta all’ordinante il bonifico, comporterebbe un notevole aggravio nella procedura di accreditamento e sarebbe senz’altro soggetta a margini di imprecisione. Pertanto, - si legge nel documento di prassi - l’IVA verrà applicata con l’aliquota più elevata. Conseguentemente, la ritenuta d’acconto del 10% dovrà essere operata sull’importo del bonifico decurtato dell’IVA del 20%.

Inoltre, qualora le somme oggetto di bonifico siano già sottoposte a ritenuta, per evitare che le imprese e i professionisti che effettuano prestazioni di servizi o cessioni di beni per interventi di ristrutturazione edilizia o di riqualificazione energetica subiscano sullo stesso corrispettivo più volte il prelievo alla fonte, dovrà essere applicata la sola ritenuta del 10% ex art. 25 D.L. n. 78/2010.

Pertanto, i sostituti d’imposta che, per avvalersi della agevolazioni fiscali previste per tali interventi, seguono i pagamenti mediante bonifici bancari o postali, non opereranno su tali somme le ritenute ordinariamente previste dal DPR n. 600/1973. Nel caso in cui i destinatari del bonifico usufruiscano di regimi fiscali per i quali è prevista la tassazione del reddito mediante imposta sostitutiva dell’IRPEF, la ritenuta del 10% operata dalla banca o da Poste SPA sulle somme loro accreditate potrà essere scomputata dalla stessa imposta sostitutiva.

Infine, l'Agenzia entrate fornisce un'ulteriore ed importante precisazione: in sede di prima applicazione della disposizione introdotta dal D.L. n. 78/2010 non verranno irrogate sanzioni laddove si riscontrano violazioni della norma, ai sensi dell'art. 10, comma 3, dello Statuto del contribuente.
(Circolare Agenzia delle Entrate 28/07/2010, n. 40/E)
Fonte www.ipsoa.it

mercoledì 28 luglio 2010

Miniproroga per le scadenze di Agosto

Pubblichiamo il testo del decreto del presidente del Consiglio dei ministri che proroga al 20 agosto le scadenze fiscali che cadono dal 1 al 20 del mese. Il provvedimento per il rinvio dei termini è in attesa di pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale».

ARTICOLO 1
1. Gli adempimenti fiscali e il versamento delle somme di cui agli articoli 17 e 20, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che hanno scadenza nel periodo compreso tra il giorno 1 e il giorno 20 del mese di agosto 2010, possono essere effettuati entro il medesimo giorno 20, senza alcuna maggiorazione.
2. Resta ferma la scadenza del versamento, maggiorato dell'importo nella misura dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo, dovuto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2010, concernente il differimento, per l'anno 2010, dei termini di effettuazione dei versamenti dovuti dai soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore nonché il differimento del termine per la trasmissione in via telematica delle dichiarazioni modello 730/2010.

martedì 20 luglio 2010

Studi di settore, il mero richiamo ai parametri non ferma l'accertamento



Salvo il diritto alla difesa del contribuente

L'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente - nonostante il rituale invito - ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, che - con l'ordinanza n. 15909 depositata lo scorso 6 luglio - ha accolto il ricorso proposto dall'Agenzia entrate contro la sentenza di secondo: i giudici di seconde cure, nel respingere l'appello dell'Amministrazione finanziaria, hanno affermato che il richiamo sic et simpliciter ai parametri non è sufficiente a motivare l'accertamento, in quanto, non risultando nell'atto indicato il motivo dello scostamento contabile, il contribuente sarebbe leso nel proprio diritto di difesa.

Al riguardo, l'Agenzia ritiene che la CTR avrebbe erroneamente annullato l'accertamento del maggior reddito non ritenendo sufficiente il richiamo ai "parametri" nè necessaria alcuna prova contraria del contribuente debitamente invitato in via amministrativa a contraddire con l'ufficio tributario.

Tale tesi viene confermata dalla S.C., secondo cui "la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata ex lege dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. Tuttavia, l'esito del contraddittorio non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito".
(Cassazione civile Ordinanza, Sez. Trib., 06/07/2010, n. 15909)
Fonte www.ipsoa.it

lunedì 12 luglio 2010

Gestione delle comunicazioni di assunzione nel periodo feriale



Assunzioni con fax se il consulente del lavoro e' in ferie o ha lo studio chiuso
Lo prevede la circolare 20/08 del Ministero del lavoro.


Con l'istituzione del Libro unico viene abolita la maxisanzione per il lavoro sommerso nei casi in cui l'impresa che si è affidata a consulenti del lavoro si trovi nell'impossibilità di effettuare la Comunicazione obbligatoria mediante il modello telematico (UniLav), per esempio in coincidenza con le ferie o, comunque, con la chiusura dello studio del consulente esterno.
Ciò a condizione però che il datore di lavoro abbia proceduto all'invio della comunicazione preventiva a mezzo fax e mediante il modello «UniUrg», abilitato alla nuova funzionalità (mentre prima era operativo soltanto per i casi di malfunzionamento dei sistemi informatici ministeriali).
In tale ipotesi il datore di lavoro dovrà documentare agli ispettori l'affidamento degli adempimenti al professionista esterno e la chiusura dello studio, mentre per il professionista resta l'obbligo di inviare la Co nel primo giorno utile successivo dopo la riapertura dell'ufficio.
Si tratta di un intervento richiesto dal Consiglio Nazionale dell'Ordine e contenuto a pagina 15 della circolare n.20/08.

sabato 10 luglio 2010

La super Banca è ora realtà



Primo consiglio d’amministrazione per la Bientina-Valdinievole
BIENTINA. La fusione tra Banca di Credito Cooperativo di Bientina e Credito Cooperativo Valdinievole, deliberata dalle rispettive assemblee lo scorso 30 aprile, è finalmente operativa. Il primo consiglio di amministrazione svoltosi mercoledì scorso ha avuto come principale argomento all’ordine del giorno la cooptazione dei quattro componenti eletti dall’assemblea della ex Banca di Bientina.
Si allarga quindi a 11 componenti il consiglio di amministrazione che resterà in carica fino alle prossime elezioni di maggio 2011, con due vicepresidenti che coadiuveranno il lavoro del presidente Pieri. Ecco la composizione del nuovo Cda: Valentino Pieri, 65 anni, commerciante, residente a Montecatini Terme, presidente; Ezio Tonfoni, 66 anni, residente a Montecatini, vicepresidente vicario; Giuseppe Brini, 61 anni, originario di Bientina ma da anni residente a Pontedera, vicepresidente; Stefano Silvestri, 62 anni, titolare di uno studio fotografico a Montecatini Terme; Alessandro Giorgetti Giannessi, 80 anni, residente a Massa e Cozzile, ex dirigente della Società Autostrade e vera memoria storica della banca, essendo uno dei soci fondatori del Credito Valdinevole; Paolo Galligani, 60 anni, ex di sindaco Bientina; Giovandomenico Caridi, 45 anni, imprenditore pisano con attività prevalente nel settore edile; Piergiovanni Buonamici, 52 anni, medico cardiologo all’ospedale di Careggi a Firenze; Franco Bianchi, 54 anni, residente a Bientina, dirigente della società Soft Italia Spa; Dino Sottani, 64 anni, residente a Buggiano, ex dipendente dell’Agenzia delle Entrate di Pistoia; Piero Marchetti, 71 anni, imprenditore, socio della ditta Verinlegno Spa di Massa e Cozzile.
Quattordici filiali su un territorio che abbraccia ben cinque province e circa 160 dipendenti rappresentano la struttura operativa della nuova banca. «Grande è l’impegno con cui stiamo affrontando questo momento di transizione - afferma il direttore generale Leonardo Quiriconi - per unificare sistemi e procedure, modalità di approccio al lavoro e al mercato in generale. Sono certo che da questa esperienza, grazie a uno staff professionale e motivato, sapremo costruire un istituto così solido e propositivo da far ben presto dimenticare le difficoltà affrontate dalla ex Banca di Bientina in questi ultimi anni».
I dati complessivi aggiornati al 31 maggio presentano numeri di particolare rilievo: impieghi lordi per 538.300.617 euro; raccolta diretta per 616.374.961 euro; raccolta indiretta per 128.735 euro.
«Una banca - affermano i dirigenti - nata con le migliori premesse, pronta a confermare il proprio stile fatto di trasparenza, correttezza e affidabilità, a dare sostegno alle famiglie e a tutto il territorio».
da il Tirreno del 10/07/2010

venerdì 9 luglio 2010

Disabili, tutela ampia per permessi e congedi



Prevale l'esigenza di assistenza
La fruizione dei permessi mensili va possibilmente programmata ma l’esigenza di tutela ed assistenza del disabile prevale comunque e, inoltre, è possibile fruire del congedo straordinario per assistere il disabile anche se lo stesso presta attività lavorativa.

Ai sensi dell’art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992, successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile anche frazionabili in ore, retribuiti, coperti da contribuzione figurativa e fruibili anche in maniera continuativa, a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

L’art. 20 della Legge n. 53/2000 ha stabilito che i permessi di cui all’art. 33 della Legge n. 104/1992, spettano anche nel caso in cui non via sia convivenza col disabile purché lo stesso sia assistito con continuità ed esclusività.

Una questione in materia che è sempre più spesso dibattuta, a causa della mancanza di specifica disciplina normativa, è quella relativa alle modalità di fruizione dei permessi mensili ed al preavviso dovuto al datore di lavoro e l’interpello n. 31/2010 del Ministero del Lavoro interviene sull’argomento su richiesta dell’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori fornendo alcune precisazioni. Innanzitutto la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva afferma il necessario contemperamento del diritto all’assistenza del disabile con il buon andamento dell’attività imprenditoriale; infatti per il Ministero, si deve ritenere possibile una programmazione dei permessi con cadenza settimanale o mensile, quando:

- il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza;

- purché tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad avere un’effettiva assistenza;

- purché si seguano criteri quanto più possibile condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze. In questo contesto è importante che la suddetta predeterminazione dei criteri garantisca il mantenimento della capacità produttiva dell’impresa e non ne comprometta il buon andamento ed a tal fine, i dipendenti dovrebbero rispettare i medesimi criteri nel momento in cui abbiano necessità di modificare la giornata di fruizione dei permessi.

Tuttavia, come la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva specifica, vista la ratio della normativa, le esigenze di assistenza e di tutela del disabile prevalgono sempre sulle esigenze imprenditoriali. Ed anche nell’altro argomento trattato dall’interpello n. 30/2010, e relativo al congedo straordinario per assistenza ai disabili, disciplinato dall’art. 42, comma 5 della Legge n. 53/2000, prevalgono le esigenze di assistenza e tutela del disabile.

La risposta è sollecitata dall’Istituto Nazionale di Statistica, alla luce della circolare INPS n. 34 del 15 marzo 2001, la quale aveva affermato l’esclusione del beneficio in questione, nel caso in cui il portatore di handicap da assistere, prestasse a sua volta attività lavorativa nel periodo di godimento del congedo da parte degli aventi diritto. In realtà, come correttamente il Ministero del Lavoro specifica, non può essere conforme allo spirito della normativa porre un limite alla fruizione del congedo da parte di chi deve assistere un disabile, anche perché l’assistenza può consistere in attività collaterali ed ausiliare rispetto allo svolgimento dell’attività lavorativa del disabile.

Stante quanto sopra, conclude l’interpello, il diritto alla fruizione del congedo ex art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001 non può essere escluso a priori nei casi di svolgimento di attività lavorativa del disabile, per il medesimo periodo. A questo punto, con riferimento proprio a questa ultima conclusione ci si dovrebbe aspettare un’apertura dell’INPS in materia che, in pratica, dovrebbe cambiare il suo precedente orientamento. D’altra parte, l’INPDAP, già nel 2002, con la circolare n. 2 del 10 gennaio 2002, non aveva posto lo stesso limite dell’INPS, ed oggi, soprattutto alla luce dell’interpello in commento, non è certamente ancora ammissibile un diverso trattamento per i disabili a seconda che chi li assista sia un dipendente privato o pubblico.
(Interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 06/07/2010, n. 30)
Fonte www.ipsoa.it

venerdì 2 luglio 2010

Titolo edilizio rilasciato a terzi, termine per l'impugnazione



Decorre con il completamento dei lavori

Il termine per l'impugnazione di un titolo edilizio rilasciato a terzi comincia a decorrere solo quando vi siano elementi univoci, da cui si possa evincere la sua effettiva conoscenza in relazione alle essenziali caratteristiche dell'opera, rilevanti per la verifica di conformità della disciplina urbanistica.

Il termine de quo - in assenza di altri elementi da cui si possa evincere la previa conoscenza dell'atto - decorre, dunque, non con l'inizio dei lavori, ma con il loro completamento, tranne quando si deduca l'inedificabilità dell'area, nel qual caso è sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale nel processo amministrativo opera il divieto dello ius novorum sancito dall'art. 345 c.p.c..
Il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda, dunque, anche le prove cc.dd. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata, al pari delle prove cc.dd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità.

Nel caso di specie è l'indispensabilità dei documenti a consentirne la produzione, dovendosi tale requisito ritenere integrato, ogniqualvolta il nuovo mezzo istruttorio assuma un'influenza causale determinante sull'esito del giudizio, nel senso che esso sia idoneo a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi, in modo da condurre ad un accertamento in fatto che denoti l'ingiustizia della prima decisione e ne rovesci le statuizioni.
La ratio dell'art. 345, comma 3, c.p.c., laddove prevede, in deroga al divieto dei nova in appello, l'ammissibilità delle prove indispensabili, esprime l'esigenza di garantire, per quanto possibile, l'aderenza della decisione di gravame alla verità sostanziale, in esplicazione del principio del giusto processo, sancito dall'art. 111, comma 1, Cost., la cui attuazione esige anche, se non in primo luogo, la tendenziale aderenza del risultato del processo alla verità sostanziale (in punto di fatto) e al diritto oggettivo sostanziale (in punto di diritto).

Se, poi, si considera che nel caso di specie le prove si riferiscono a fatti posti a base di un'eccezione - l'irricevibilità del ricorso per tardività - rilevabile anche d'ufficio e proponibile per la prima volta - a norma dell'art. 345, comma 2, c.p.c. - anche in grado d'appello, le prove a suffragio dei fatti posti a fondamento di siffatta eccezione ben potevano essere fornite per la prima volta in tale grado di giudizio, non avendo senso, a pena d'incorrere in una vera e propria contradictio in adiecto, ammettere la proponibilità di un'eccezione e nel contempo vietarne la prova dei fatti costitutivi.
(Sentenza Consiglio di Stato 27/05/2010, n. 3378)

Fonte: www.ipsoa.it