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sabato 29 maggio 2010

Cambiano le soglie di reddito per ottenere l'assegno familiare




Al via la rivalutazione dei livelli di reddito familiare. In base ai nuovi valori, che si applicano nel periodo 1° Luglio 2010-30 giugno 2011, viene riconosciuto o meno l'assegno per il nucleo familiare. Questi livelli sono determinati annualmente, in linea con la variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolato dall'Istat. Le tabelle con le nuove soglie sono state pubblicate nella circolare Inps 69/2010 . Sempre l'Inps ha comunicato, con un messaggio interno (14454/2010), che martedì scatterà, per la gestione artigiani e commercianti, la formazione dei ruoli esattoriali per la rata in scadenza a febbraio 2010.
Dal 21 giugno, poi, è prevista l'emissione degli avvisi bonari per la rata in scadenza a maggio 2010. Infine, con messaggio 14480/2010, l'ente di previdenza ha chiarito che il lavoratore interessato a fruire dei permessi per assistere un portatore di handicap in situazione di gravità ricoverato a tempo pieno dovrà regolarmente proporre domanda prima del godimento del permesso.

martedì 25 maggio 2010

Rapporti di lavoro a tempo parziale nel settore edile – obbligo contributivo



Si pubblica la Circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro N. 8 del 24.05.2010 in materia di lavoro a tempo parziale in edilizia, emanata in relazione al rinnovo del CCNL di settore che prevede norme restrittive sull'utilizzo di personale part-time.

Generalità
La disciplina del rapporto a tempo parziale è contenuta nel decreto legislativo n. 61/2000 e successive modifiche, il quale è stato emanato in attuazione della Direttiva Comunità Europea 15 dicembre 1997, n.81/97, che recepisce L’Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (si veda il Principio n. 3 della Commissione principi interpretativi delle norme in materia di lavoro).
L’articolo 9 del citato decreto legislativo disciplina gli ambiti previdenziali del rapporto a tempo parziale, stabilendo che la retribuzione minima oraria - da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale - si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
In altri termini un minimale contributivo orario è determinato mediante l’applicazione della seguente formula:
minimale giornaliero (art. 7, L. 638/83) X numero giorni di lavoro settimanali (pari a 6) diviso le ore normali settimanali previste dal CCNL per i lavoratori a tempo pieno.
Il comma 4 del citato articolo 9 stabilisce che nei casi di rapporto a tempo parziale ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si computa “proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale”.
Settore edile – contribuzione virtuale
L’articolo 29 del decreto legge n. 244/1995 - convertito con modificazioni in legge 8 agosto 1995, n. 341- stabilisce che i datori di lavoro esercenti attività edile sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico e' assolto mediante accantonamento presso le casse edili.
Con decreto ministeriale 16 dicembre 1996 sono stati esclusi, in aggiunta, i seguenti eventi:
1) permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore annue;
2) eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della cassa integrazione guadagni per i periodi per i quali e' stata richiesta ed in pendenza di istanza di concessione;
3) periodi di assenza dal lavoro per ferie collettive, per i lavoratori che non le hanno maturate;
4) periodi di assenza per la frequenza di corsi di formazione professionale non retribuiti dal datore di lavoro e svolti presso gli Enti scuola edili, anche se indennizzati dagli Enti medesimi.
Agevolazioni contributive
L’articolo 1, comma 1175 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), stabilisce che “a decorrere dal 1 luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Il provvedimento, dunque, afferma il principio costituzionale in base al quale lo Stato riconosce le agevolazioni contributive ai datori di lavoro subordinandole al rispetto delle previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
E’ bene sottolineare che tale previsione non introduce una deroga ai principi di determinazione della base imponibile previdenziale, ma limita il suo intervento al solo riconoscimento dei benefici contributivi concessi dalle norme statali.
Contratto collettivo settore edile
Il contratto collettivo nazionale del settore Edilizia Industria, firmato il 18/06/2008, disciplina l’istituto del lavoro a tempo parziale con la finalità di contribuire alle attività di contrasto di fenomeni di improprio utilizzo di tale tipologia contrattuale nel settore.
L’articolo 78 del contratto stabilisce che:
“Fermo restando quanto previsto dalla legge, nelle more dell'adozione dei criteri di congruità da parte delle Casse Edili le parti stabiliscono che un'impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato”.
La stessa norma contrattuale dispone inoltre che:
“Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale, laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell'impresa”.
Interpretazioni amministrative
In questo contesto giuridico, l’Inps con la circolare n. 6/2010 in chiave ispettiva, ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina contributiva da applicare ai contratti a tempo parziale stipulati in eccedenza rispetto al limite percentuale fissato dal contratto collettivo del settore edile.
Al riguardo l’Istituto previdenziale afferma che “una volta raggiunta l’indicata percentuale del 3% del totale dei lavoratori a tempo indeterminato nell’impresa, o superato il limite pari al 30 per cento degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa, ogni ulteriore contratto a tempo parziale stipulato deve considerarsi adottato in violazione delle regole contrattuali”.
La circolare n. 6/2010, con riguardo alla contribuzione virtuale sopra descritta, afferma che “Considerato che, fra le predette esclusioni, non compare il caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, si ritiene, in accordo col Ministero del lavoro, che l’istituto della contribuzione virtuale debba essere applicato anche al part-time in edilizia nel caso in cui la stipula di tale tipologia di rapporto sia avvenuta in violazione del limite contrattualmente ….pertanto, per ogni rapporto stipulato in violazione di tale limite, la carenza di legittimazione contrattuale alla stipula comporta l’applicazione della contribuzione virtuale, come se il rapporto non fosse a tempo parziale”.
Profili di criticità
L’interpretazione fornita dall’Istituto previdenziale non è coerente con il quadro giuridico di riferimento e con precedenti orientamenti forniti dallo stesso Istituto.
Preliminarmente occorre distinguere due profili; il primo, relativo agli effetti della violazione contrattuale richiamata ai fini dell’applicazione della contribuzione virtuale, il secondo relativo agli effetti della medesima violazione ai fini dei benefici normativi e contributivi.
Ai fini che qui interessano, appare opportuno analizzare il primo dei due profili sopra evidenziati.
Sul punto, l’Inps con la circolare n. 269/1995, con cui ha illustrato il criterio di applicazione della contribuzione virtuale con specifico riferimento ai rapporti a tempo parziale nel settore edile, ha affermato che per questa tipologia di rapporti “la contribuzione va assolta rispetto all'orario ridotto contrattualmente praticato senza dar luogo alla contribuzione virtuale”.
In altri termini, lo stesso Istituto previdenziale ha affermato che la contribuzione virtuale non può trovare applicazione nei rapporti a tempo parziale e ciò anche nel rispetto di un principio di non discriminazione e di riproporzionalità previdenziale presenti nel nostro ordinamento.
Peraltro, lo stesso Istituto previdenziale ha affrontato più recentemente con il messaggio n. 5143 del 14 febbraio 2005 il problema dell’ efficacia delle disposizioni limitative contenute nei contratti collettivi ai fini dell’applicazione degli obblighi previdenziali previsti da norme di legge (analizzando un’analoga previsione contenuta nel contratto collettivo nazionale del settore commercio).
In particolare, con il predetto messaggio è stato affrontato il tema dell’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali nei riguardi dei lavoratori a tempo parziale nel caso in cui un CCNL stabilisca un vincolo di orario minimo che le parti devono rispettare a livello di pattuizione individuale. Si tratta di fatto di limiti analoghi a quelli previsti per il contingentamento dei contratti a tempo parziale fissati dal CCNL del settore industria.
Sul punto, l’Inps – richiamando proprio l’articolo 9 del D.Lgs. n. 61/2000 - ha affermato che indipendentemente da quanto stabilito dal contratto collettivo di riferimento “i contributi previdenziali ed assistenziali devono essere calcolati….. tenendo conto dell’orario pattuito tra le parti nel contratto di lavoro a tempo parziale, anche se inferiore a quello minimo definito dal
CCNL di riferimento” e ciò, fissando un principio generale in base al quale i limiti della contrattazione collettiva (sia riferiti ad un numero di ore minimo del rapporto a tempo parziale sia riferiti alla percentuale massima di avvio dei rapporti) non possono incidere sulla determinazione della base imponibile della contribuzione previdenziale che deve rimanere ancorata “tenendo conto dell’orario pattuito tra le parti nel contratto di lavoro a tempo parziale”.
Peraltro, anche sotto un profilo sostanziale, le scelte interpretative dell’Inps portano ad una disparità di trattamento al verificarsi dei medesimi comportamenti. Infatti, se nel settore commercio venisse avviato un contratto a tempo parziale oltre i limiti fissati dal contratto collettivo, il lavoratore avrebbe una copertura previdenziale commisurata correttamente alla durata parziale della prestazione. Mentre, se l’analoga situazione avvenisse nel settore edile, il lavoratore avrebbe una copertura previdenziale commisurata ad una prestazione a tempo pieno anche svolgendo una prestazione a tempo parziale.
Peraltro, va anche analizzato che nessuna disposizione di legge limita, direttamente o indirettamente, il ricorso al part time, né attribuisce delega in tal senso alla contrattazione collettiva. Al contrario, il D.Lgs. n. 61/2000 recepisce la direttiva comunitaria che sostiene e promuove questa tipologia contrattuale, ponendo sullo stesso piano il lavoro a tempo pieno e a tempo parziale e non in rapporto regola-eccezione (come accade per il lavoro a termine).
In conclusione, relativamente ai rapporti di lavoro a tempo parziale avviati nell’edilizia, si ritiene che la contribuzione virtuale possa trovare legittima applicazione solo nell’eventualità in cui in sede ispettiva venisse concretamente accertato che il rapporto di lavoro avviato non corrisponda all’effettiva prestazione resa dal lavoratore.

venerdì 21 maggio 2010

Il restauro dei locali ferma l’accertamento da studi di settore



Scostamento motivato, non è gestione diseconomica

I lavori di ristrutturazione dei locali in cui si svolge l’attività commerciale impediscono una normale gestione dell’azienda: si tratta di una circostanza di cui non si può non tenere conto nel valutare se è motivato o meno lo scostamento tra i risultati dichiarati dal contribuente e le risultanze dello studio di settore.

Lo ha precisato la terza sezione della Commissione tributaria provinciale di Milano nell’accogliere il ricorso di un contribuente (con attività di ristorante, trattoria, pizzeria) cui l’Ufficio, a seguito dell’applicazione degli studi di settore, aveva accertato un maggior reddito imponibile e maggiori imposte IRPEF, IRAP, IVA e contributi INPS. Secondo l’Ufficio, i risultati dichiarati dal contribuente apparivano antieconomici, in quanto a fronte di ricavi visibilmente più bassi vi erano costi alti, molto simili a quelli dichiarati negli altri anni.

La CTP Milano ha tuttavia confermato l’operato del contribuente, che già in sede di contraddittorio aveva evidenziato che i ricavi dell’annualità accertata erano stati influenzati dai lavori di ristrutturazione che avevano interessato i locali ove veniva svolta l'attività commerciale: la situazione di restauro dei locali non ha di fatto consentito una normale gestione e, tale circostanza, va presa in considerazione ai fini di decidere.

Lo scostamento delle risultanze dello studio di settore risulta essere stato, a giudizio del Collegio, più che motivato, non integrando così lo stesso l'ipotesi di gestione diseconomica (fondamento dell'accertamento con il metodo dello studio di settore).

Di fronte alla contestazione di gestione diseconomica (differenza tra dichiarato e risultanze da studi di settore), la Corte di Cassazione ha esplicitato il principio che il fisco debba innanzitutto verificare se la condotta del contribuente sia effettivamente irrazionale. Nella fattispecie, affrontare un periodo di minor ricavi per migliorare, ristrutturare e adeguare i locali della propria azienda non dovrebbe potersi ritenere irrazionale, soprattutto quando porti ad un incremento di ricavi successivi.

Neppure dunque si può parlare di risultati abnormi o contrari al senso comune: il contribuente ha tenuto un comportamento più che razionale, credibile, non producente risultati contrari al senso comune, ma solo necessitato dalle reali condizioni di gestione dell'attività.
(Commissione tributaria provinciale Milano, Sentenza, Sez. III, 17/05/2010, n. 203)
tratto da www. ipsoa.it

giovedì 13 maggio 2010

Quando si possono chiedere le osservazioni alle organizzazioni sindacali?



Facoltà discrezionale del giudice di merito
La Corte di Cassazione stabilisce i presupposti per la richiesta di osservazioni scritte ed orali alle organizzazioni sindacali stipulanti un contratto collettivo, ma limita al solo primo grado di giudizio la facoltà del giudice di richiederle.

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione afferma che, nel rito del lavoro, la facoltà di richiedere osservazioni scritte ed orali alle organizzazioni sindacali stipulanti un contratto collettivo può essere esercitata solo nel primo grado di giudizio e non anche in appello, e presuppone che la norma contrattuale presenti aspetti oscuri ed ambigui che le informazioni delle organizzazioni sindacali possano chiarire.

In senso opposto, in precedenza, la giurisprudenza ha sempre ammesso l'esercizio della facoltà in discorso in appello. Così, tra le altre, Cass. Sez. L, sentenza n. 5207 del 23 settembre 1988, ha ritenuto che, in tema d'interpretazione di dichiarazioni transattive, le informazioni ed osservazioni dei rappresentanti delle associazioni sindacali (la cui assunzione può avvenire anche in sede di appello, non applicandosi ad esse, che non sono mezzi di prova, il divieto di cui al secondo comma dell'art. 437 cod. proc. civ.), se sono utili per la ricostruzione della vicenda che ha portato al rilascio della dichiarazione, non possono risolversi in valutazioni interpretative riservate al giudice, il quale deve procedere direttamente alla interpretazione della volontà delle parti, anche in base al prioritario criterio ermeneutico dell'elemento letterale.

Sulla natura processuale del mezzo, e sulla non assimilabilità alle istanze istruttorie, Cass. Sez. L, Sentenza n. 6845 del 23 luglio 1994, secondo cui, nel rito del lavoro, la richiesta d'informazioni alle associazioni sindacali indicate dalle parti, pur non potendo essere annoverata tra i mezzi di prova, costituisce tuttavia un peculiare strumento processuale che consente al giudice di acquisire dati per una migliore valutazione della fattispecie sottoposta al suo esame, sicché dalle risultanze di tali informazioni il giudice può dedurre argomenti di prova da utilizzare per la formazione del proprio convincimento.

Per Cass. Sez. L, Sentenza n. 1318 del 15 febbraio 1985, nelle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatorie, la parte che abbia preannunciato, con l'atto introduttivo del giudizio di appello, di volersi avvalere di informazioni degli istituti di patronato ed assistenza sociale, secondo la previsione dell'art. 446 cod. proc. civ., ma non abbia poi provveduto a far intervenire all'udienza di discussione alcun rappresentante di detti istituti, nè a produrre documenti scritti dai medesimi provenienti, non può dolersi della mancata adozione di provvedimenti per l'acquisizione d'ufficio di tali informazioni, ciò rientrando nei poteri discrezionali del giudice del merito, in base ad una valutazione di necessità legittimamente esprimibile, in senso negativo, anche per implicito.

Anche secondo Cass. Sez. L, Sentenza n. 1282 del 23 febbraio 1984 e Sez. L, Sentenza n. 2979 del 13 maggio 1982, poiché a norma dell'art. 446 cod. proc. civ. (nel nuovo testo fissato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973 n. 533), gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti possono, su istanza dell'assistito, in ogni grado del giudizio rendere informazioni ed osservazioni orali e scritte nella forma di cui all'art. 425 dello stesso codice, il giudice è tenuto a prendere in esame l'istanza ed ad indicare gli specifici motivi in base ai quali ritenga di disattenderla. Tuttavia, incombendo all'assistito l'onere di specificare la materia delle informazioni ed osservazioni, che il patronato da lui officiato intende rendere, per consentire all'altra parte ogni opportuno controllo e al giudice di valutare la loro rilevanza ai fini della decisione, nessun addebito può essere mosso al giudice di secondo grado per avere, soltanto per implicito, disattesa l'istanza formulata nel contesto dell'atto d'appello in modo del tutto generico.

Limiti diversi all'utilizzabilità dell'istituto sono stati stabiliti in passato da altre sentenze. Per Cass. Sez. L, Sentenza n. 2173 del 12 maggio 1989, in tema di controversie di lavoro, l'istanza della parte per l'acquisizione di informazioni delle associazioni sindacali - le quali, non hanno valore di prova, costituendo solo elementi utili ad un chiarimento dei termini della controversia - deve contenere l'esatta indicazione dell'associazione cui dette informazioni debbono essere richieste, essendo altresì necessario, qualora l'organizzazione sindacale non risponda per iscritto, che la persona incaricata di renderle oralmente in giudizio sia munita di titolo giustificativo del potere di rappresentanza della organizzazione stessa.

Secondo Cass., Sez. L, Sentenza n. 2200 del 2 marzo 1987, nel rito del lavoro, il lavoratore dipendente, ove convenga in giudizio il datore di lavoro per sentirlo condannare al pagamento di pretese differenze retributive, assumendo l'applicabilità delle tariffe previste dalla contrattazione collettiva di categoria, non può adempiere all'onere probatorio al riguardo dell'adesione del datore di lavoro all'organizzazione sindacale firmataria di tale contratto mediante la richiesta (fatta dal giudice) di informazioni alle stesse associazioni sindacali (ex articoli 421 e 425 cod. proc. civ.), che non è preordinata all'accertamento di meri dati di fatto.

In ogni caso, è stato affermato in ordine alla sindacabilità delle scelte del giudice di merito, che la possibilità che ha il giudice, di richiedere informazioni e osservazioni, scritte o orali, alle associazioni sindacali, prevista dal secondo comma dell'art. 421 cod. proc. civ., costituisce una facoltà discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio o mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (Cass. Sez. L, Sentenza n. 6336 del 18 aprile 2003).
(Cassazione civile Sentenza, Sez. Lav., 04/05/2010, n. 10711)
Fonte www. ipsoa.it

mercoledì 12 maggio 2010

Artigiani e commercianti, contributi fermi nel 2010



Scadenza 17 maggio 2010

Primo appuntamento Inps del 2010 per artigiani e commercianti. Entro il giorno 17 va versata la prima rata del contributo minimo.
Anche quest’anno contributi previdenziali bloccati per artigiani e commercianti.
L’Inps ha confermato che le aliquote sono rimaste ferme al 20% del reddito imponibile per cui pagheranno qualcosa in più (19 euro ) per effetto dell’aggiornamento del minimale soltanto coloro che non hanno redditi superiori a 14.334 euro .

Ma vediamo nei dettagli , a pochi giorni dalla scadenza della prima rata del 2010, quali sono le cifre effettivamente da pagare e le modalità di versamento.

BASE IMPONIBILE
Il contributo per la pensione si calcola applicando l’aliquota contributiva in vigore al totale dei redditi di impresa da denunciare ai fini IRPEF per l’anno in corso.
Ma poiché nessuno è in grado di sapere in anticipo quale sarà il reddito prodotto, il problema si risolve ricorrendo, come per le imposte dirette, a una base imponibile provvisoria data dal reddito dell'anno precedente.
I versamenti da effettuare alle varie scadenze sono quindi degli acconti basati sul reddito del 2009, ai quali seguirà un conguaglio nel giugno del 2011, quando si conoscerà il reddito effettivamente conseguito nel 2010.
I contributi previdenziali sono dovuti da tutti coloro che lavorano abitualmente nell'impresa.
E’ il caso di ricordare che per i soci di S.r.l la base imponibile è costituita dalla quota di partecipazione agli utili, prescindendo da eventuali accantonamenti a riserva o dalla loro effettiva distribuzione.

CONTRIBUTO MINIMO
Sul reddito imponibile il prelievo è pari al 20%, fermo restando che sarà dovuto comunque un contributo minimo .
Questo si ricava applicando le aliquote in vigore (20% per gli artigiani e 20,09% per i commercianti) a un minimale di reddito fissato in 14.334 euro nel 2010. I commercianti verseranno qualcosa in più (0,09%)per il finanziamento dell’assegno mensile erogato ai piccoli esercenti che cessano dall’attività prima del compimento dell’età pensionabile .
Di conseguenza il contributo minimo da versare nel 2010,comprensivo di una quota di 7,44 euro per la maternità, è di 2.874,24euro per gli artigiani e di 2.887,14 per i commercianti .
Tali importi sono ridotti rispettivamente a 2.444,22 e 2.457,12 per i collaboratori familiari fino a 21 anni, perché fino al mese del compimento dell’età beneficiano di una riduzione di tre punti dell’aliquota contributiva.
Per i periodi di attività inferiori all’anno ,i contributi sono rapportati a mese per cui gli importi minimi sono rispettivamente per di 239,52 euro per gli artigiani e di 240,60 o per i commercianti, ridotti a 203,69 e 204,76 per i rispettivi collaboratori sotto i 21 anni.

Il contributo minimo è dovuto da tutti gli iscritti anche se realizzano redditi inferiori al minimale .
Fanno eccezione gli affittacamere e gli agenti di assicurazione inquadrati nel contratto collettivo di categoria come produttori del 3°e 4° gruppo , ai quali è consentito versare il contributo sul reddito effettivamente conseguito.

OLTRE IL MINIMALE

Sulla quota di reddito eccedente il minimale di 14.334,00 euro, artigiani e commercianti devono versare rispettivamente un contributo del 20 e del 20,09%. L'aliquota sale ancora di un punto in percentuale sulla quota di reddito che supera il tetto di retribuzione pensionabile (42.364 euro nel 2010) .

Considerando anche questa maggiorazione , quest’anno avremo la seguente situazione:

---> fascia di reddito tra 14.334 e 42.364,00 euro: il contributo è del 20% per gli artigiani e del 20,09 % per i commercianti .

---> fascia di reddito tra 42.364,01e 70.607,00: il contributo è del 21 %per gli artigiani e del 21,09% per i commercianti.

DOPPIO MASSIMALE
L’importo di 70.607 euro costituisce il massimale imponibile, che si ricava maggiorando di 2/3 il tetto pensionabile di 42.364 euro.
Sulle quote di reddito eccedenti il massimale, non si versano pertanto contributi e non si maturano quote di pensione. E’ il caso di ricordare che il massimale è più alto ( 92.147 euro nel 2010) per gli artigiani e i commercianti ,che si sono iscritti all’Inps dopo il 31 dicembre 1995 e che in futuro avranno una pensione calcolata con il metodo contributivo. Non più agganciata quindi al valore dei redditi degli ultimi anni di attività ma alla massa dei versamenti effettuati nell’arco di tutta la vita lavorativa.

SCONTO PER I PENSIONATI
I pensionati che al compimento del 65° anno di età continuano a lavorare possono beneficare di uno sconto del 50% sui contributi da versare.
La riduzione non è automatica in quanto viene applicata solo se l’interessato presenta all’Inps un ‘apposita richiesta .
In questo caso alla cessazione dell’attività lavorativa il pensionato avrà diritto ad un supplemento che verrà calcolato ovviamente sulla base del contributo ridotto .

COME SI VERSA
Da quando è entrato a regime il sistema di pagamento unificato con il modello F24 ,il contributo minimo si versa in quattro rate trimestrali, che per l’anno 2010 scadono rispettivamente il 17 maggio (il giorno 16 cade di domenica) , il 16 agosto (prorogato di norma di qualche giorno con decreto ministeriale ), il 16 novembre e il 16 febbraio del 2011.
Mentre i contributi dovuti sulla quota eccedente il minimale, relativi al saldo del 2009, al primo e al secondo acconto del 2010, vanno versati entro i termini previsti per il pagamento dell’IRPEF .
Le aliquote sono ridotte di tre punti per i collaboratori familiari fino a 21 anni
tratto da www.ipsoa.it di Sergio D'Onofrio

lunedì 3 maggio 2010

Banca di Bientina, sì alla fusione



L’assemblea dei soci ha ratificato l’incorporazione col Credito Valdinievole

Venerdì scorso l’assemblea straordinaria dei soci del Credito Cooperativo Valdinievole riunita in sessione straordinaria ha approvato la fusione per incorporazione con la Banca di Bientina. Il presidente del Credito Valdinievole Valentino Pieri ha illustrato il percorso e i motivi che hanno portato a questa manovra, soffermandosi soprattutto sulle opportunità di sviluppo e crescita per entrambi i territori. La Banca di Bientina è reduce da un periodo non facile a causa di una serie di criticità su crediti che lo scorso anno l’hanno portata a essere commissariata da parte di Banca d’Italia. Anche i soci della stessa Banca di Bientina nel primo pomeriggio hanno a loro volta approvato la fusione.
Il 30 aprile è dunque la data che sancisce la nascita di una unica grande banca che opererà su cinque province e ben 38 comuni. «Il nuovo istituto - ha spiegato Pieri - prenderà il nome di Credito Valdinievole Banca di Credito Cooperativo di Montecatini Terme e Bientina, avrà un totale di 14 filiali (Montecatini, 3, Traversagna, Pieve a Nievole, Larciano, Cintolese, Masotti, Bientina, Montecalvoli, Altopascio, Pontedera, Navacchio e Montacchiello) oltre alle tesorerie dei Comuni di Montecarlo, Massa e Cozzile e Altopascio per un totale di circa 170 dipendenti. I soci saliranno quasi a 2.900 e la massa amministrata supererà 1 miliardo e 300 milioni di euro».
La volontà da parte di tutti è quella di creare da subito la migliore sinergia fra le due realtà appena unite, in modo da ottimizzare al massimo i benefici di questo rafforzamento per tutti i territori interessati.
da Il Tirreno del 03/05/2010