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mercoledì 28 aprile 2010

TARSU: si applica in via automatica la tariffa previgente



Il Comune annulla la delibera che individua le nuove tariffe

Con la sentenza n. 8875 del 14 aprile 2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso in cui il Consiglio Comunale annulli la delibera con cui sono state stabilite nuove tariffe per la tassa smaltimento dei rifiuti (TARSU) si deve automaticamente applicare la tariffa vigente in precedenza.

La questione affrontata dai giudici di legittimità nasce a seguito dell’impugnazione da parte di un contribuente della cartella di pagamento relativa alla TARSU per il 2001 nei confronti di un comune ligure e del concessionario per la riscossione; in particolare il contribuente chiedeva l'annullamento della cartella, sostenendo, tra l'altro, l'infondatezza della pretesa in quanto fondata su delibera consiliare di modifica al regolamento alla tassa e di Delibera di Giunta recante l'adozione delle tariffe per detto anno, annullate dal giudice amministrativo.

La Commissione Provinciale ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la cartella di pagamento avrebbe potuto essere impugnata per eventuali vizi propri, non per contestare la legittimità dell'imposizione tributaria.

Per converso la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto ammissibile il ricorso contro la cartella anche per vizi della presupposta iscrizione a ruolo; la CTR ha rilevato che, a seguito dell'annullamento delle predette delibere comunali da parte del giudice amministrativo, si configurava la non più opinabile inesistenza delle fonti amministrative dell'obbligazione tributaria, con conseguente radicale assenza di fondamento per l'esercizio del potere impositivo; tuttavia, ha ritenuto che l'imposta fosse dovuta, ma non in virtù e nella misura indicata in cartella, dovendosi (D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 69, comma 1) intendere prorogata la tariffa in precedenza approvata e non oggetto di annullamento da parte del giudice amministrativo.
Avverso questa sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

Le problematiche in materia di deliberazione delle tariffe

L’articolo 69 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, prevede che entro il 31 dicembre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie, da applicare nell'anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e revisionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti. Le deliberazioni tariffarie, divenute esecutive a norma di legge, sono trasmesse entro trenta giorni alla direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze, che formula eventuali rilievi di legittimità nel termine di sei mesi dalla ricezione del provvedimento.

Particolarmente rilevante è l'obbligo di motivazione imposto dall'articolo 69, in deroga al principio generale stabilito dalla legge n. 241/1990 e successive modifiche e integrazioni, che pur non lo prevede per gli atti normativi. Per costante giurisprudenza, infatti, è da ritenersi illegittima la determinazione delle tariffe del tributo in assenza di adeguata motivazione che dia atto delle scelte e delle soluzioni adottate in conseguenza delle attività economiche interessate, nell'ottica di una tendenziale copertura dei costi del servizio.

Non meno importante è il principio di correlatività tra rifiuti prodotti e tassa applicata, introdotto dall'articolo 65 del D.Lgs n. 507/1993. Poiché l'applicazione del criterio dell'effettività della produzione dei rifiuti si configura come derogatorio rispetto a quello presuntivo tradizionale, le istruzioni delle Finanze hanno sempre raccomandato "un'articolazione tariffaria che commisuri all'effettiva produzione di rifiuti tutti gli oneri del servizio".

Va anche osservato che, nonostante l'organo deliberante competente in materia non risulti espressamente indicato dal D.Lgs 507/1993 (l'articolo 69 si limita, infatti, a un generico riferimento al "Comune"), a seguito della riforma dell'ordinamento degli enti locali, attuata con il D.Lgs 267/2000 (cd. TUEL), ha trovato definitiva soluzione la vexata quaestio relativa all'individuazione dell'organo comunale competente ad adottare i provvedimenti di determinazione delle aliquote (tariffe) dei tributi locali.

L’analisi della Corte di Cassazione

Nel caso di specie, i giudici di legittimità attesa la natura demolitoria delle pronunce di annullamento del giudice amministrativo, affermano che gli atti amministrativi annullati (nella specie le delibere comunali di approvazione del regolamento TARSU e della relativa tariffa) devono ritenersi espunti dalla realtà giuridica con efficacia ex tunc. Devono ritenersi, cioè, come mai venuti ad esistenza

In questo senso, può affermarsi che l'art. 69, comma 1, del citato decreto legislativo, trovi applicazione in siffatte ipotesi non già in via analogica, nè estensiva, ma in via diretta, atteso che, dopo la pronuncia demolitoria del giudice amministrativo, non vi è alcuna distinzione tra l'ipotesi di mancata deliberazione e l'ipotesi di illegittima deliberazione, e cioè tra l'ipotesi di mancato esercizio del potere pubblicistico attribuito dalla norma all'autorità amministrativa e l'ipotesi di illegittimo esercizio del medesimo.

In altri termini, secondo i giudici di legittimità, la norma de qua può essere direttamente "letta" in questo senso: "in caso di mancata valida deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso".
(Sentenza Cassazione civile 14/04/2010, n. 8875)
Fonte www.ipsoa.it

venerdì 23 aprile 2010

Lavoro, societa', ambiente, pene e sanzioni: approvata oggi in via definitiva dalla Camera la Legge Comunitaria 2009.



Approvazione definitiva

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare, il disegno di legge comunitaria A.C. 2449-C del quale, dopo la conlcusione dell'esame in sede referente da parte della XIV Commissione, inizia il 19 aprile la discussione in Assemblea, consta ora di 56 articoli, suddivisi in tre Capi, nonché degli allegati A e B, che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (10 direttive nell’Allegato A e 52 nell’Allegato B).

Il progetto di legge interviene in diversi settori, ora delegando il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale mediante l’adozione di decreti legislativi, ora modificando direttamente la legislazione vigente per assicurarne la conformità all’ordinamento comunitario.

Il Capo I reca disposizioni di carattere generale sui procedimenti per l’adempimento degli obblighi comunitari, mediante il conferimento di deleghe al Governo per il recepimento delle direttive riportate negli allegati A e B entro il termine previsto da ciascuna direttiva, per l’adozione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da provvedimenti comunitari, e per l’adozione di testi unici o codici di settore finalizzati al coordinamento delle disposizioni attuative delle direttive comunitarie, adottate sulla base delle deleghe contenute nel provvedimento, con le norme vigenti nelle stesse materie.

Nel corso dell’esame al Senato sono stati approvati cinque articoli aggiuntivi recanti alcune modifiche alla legge n. 11/2005 in materia di informazione al Parlamento sul processo normativo comunitario e di verifica da parte delle Camere del rispetto del principio di sussidiarietà.

Il Capo II reca disposizioni particolari di adempimento per il recepimento di direttive e specifici principi e criteri di delega legislativa.

Si citano in particolare
>>> l'attuazione della direttiva 2008/46/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici),
>>> l’abrogazione della norma (articolo 14, comma 8, della legge 82/2006) che impone ai laboratori di analisi, che analizzano qualsiasi prodotto vinoso, di effettuare la ricerca sistematica dei denaturanti previsti dalla stessa legge.

Ulteriori previsioni riguardano:
>>> la protezione delle acque dall’inquinamento derivante dalla produzione di deiezioni e lettiere avicole;
>>> gli obblighi di comunicazione in materia di apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato negli anni 2007-2008;
>>> le disposizioni riguardanti gli allergeni alimentari;
>>> la delega al Governo per il riordino delle norme in materia di latte alimentare parzialmente o totalmente disidratato;
>>> il finanziamento della politica agricola comune;
>>> il rafforzamento della tutela delle produzioni vinicole di pregio che si fregiano di una DOC o IGP;
>>> la facoltà di vendere e somministrare bevande alcoliche in occasione di fiere, sagre, mercati o altre riunioni straordinarie o di manifestazioni promozionali di prodotti tipici locali;
>>> le norme in materia di inquinamento acustico degli edifici;
>>> le disposizioni sanzionatorie amministrative per le violazioni di regolamenti comunitari.

Nel corso dell’esame al Senato sono stati inseriti diversi articoli aggiuntivi riguardanti, in particolare:
>>> l'attuazione delle direttive nel settore energetico ed in quello dei rifiuti,
>>> la tutela penale dell'ambiente,
>>> la regolamentazione nei sistemi di pagamento,
>>> la remunerazione degli amministratori di società quotate,
>>> il riassetto della normativa in materia di pesca ed acquacoltura,
>>> il mercato interno dei servizi postali,
>>> la tutela della fauna selvatica,
>>> il riutilizzo di documenti nel settore pubblico,
>>> il riordino dell'Amministrazione degli Affari esteri.

Tra le modifiche apportate dalla XIV Commissione nel corso dell'esame in terza lettura si segnalano in particolare:
>>> la soppressione all'art. 25 della previsione che il trattamento economico omnicomprensivo degli amministratori di società quotate non possa superare il trattamento annuo lordo dei membri del Parlamento e quelle,
>>> all'art. 43, riguardanti la tutela della fauna selvatica e la disciplina dei calendari venatori Caccia .

Il Capo III reca prevede tre deleghe volte all’attuazione di alcune decisioni quadro adottate nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, riguardanti:
>>> la lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti;
>>> la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali;
>> la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati ed alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti.

Nel corso dell’esame al Senato è stata inoltre inserita la delega per l’attuazione di una decisione quadro relativa alla lotta alla posizione della vittima nel procedimento penale.

* FONTE: Camera dei Deputati, Comunicato 22/4/2010

giovedì 15 aprile 2010

Cessioni immobiliari, stop al contenzioso



Non basta più la sola differenza tra prezzo dichiarato e valore normale

Per gli accertamenti in materia di IVA e di reddito d’impresa effettuati sulle cessioni immobiliari, gli uffici devono valutare l’abbandono dei contenziosi tributari se l’unico elemento di prova è lo scostamento del corrispettivo dichiarato rispetto al valore normale.

Questa è l’indicazione che l’Agenzia delle Entrate ha fornito con la circolare n. 18/E emanata ieri: l’art. 24 della legge Comunitaria 2008 (legge n. 88/2009) ha fatto venir meno la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di fondare la rettifica delle dichiarazioni sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato per la cessione di beni immobili e il relativo valore normale; nel recente documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate fornisce i necessari chiarimenti in merito alla decorrenza di tali modifiche e ai relativi effetti, al fine di garantire l’uniformità dell’attività degli uffici.

Per effetto della Comunitaria 2008, lo scostamento tra il corrispettivo dichiarato per le cessioni immobiliari e il loro valore normale non costituisce più una presunzione legale relativa (come stabiliva invece il D.L. n. 223/2006), bensì una presunzione semplice. Ciò anche con riferimento al passato: l’abrogazione della presunzione legale relativa a suo tempo introdotta dal decreto-legge Bersani produce effetti anche con riferimento al periodo pregresso.

Con la conseguenza che gli Uffici porteranno avanti il contenzioso in materia soltanto nel caso in cui gli accertamenti siano fondati - oltre che su questa presunzione semplice - anche su altri elementi quali un importo del mutuo superiore al valore della compravendita o un prezzo di vendita ricostruito attraverso le indagini finanziarie diverso rispetto a quello dichiarato.
(Circolare Agenzia delle Entrate 14/04/2010, n. 18/E)

martedì 6 aprile 2010

Taglia-burocrazia, si accorciano i tempi per la P.A.



Procedimenti amministrativi

Entro il 4 luglio 2010 - in adempimentoTaglia-burocrazia, si accorciano i tempi per la P.A. dell'articolo 7 della legge 69 del 2009 - tutte le pubbliche amministrazioni devo adeguare i termini dei propri procedimenti al tetto massimo di 90 giorni, oppure di 180 giorni, ma solo nel caso di procedimenti eccezionalmente complessi, quando emergono elementi di sostenibilita' organizzativa e di approfondita valutazione degli interessi pubblici in questione.
p>L'atto di indirizzo detta alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali le linee guida per l’attuazione dell’articolo 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69, con la finalità di fornire i criteri d’azione per la predisposizione degli schemi di regolamento per la rideterminazione dei termini procedimentali e per l’attuazione delle disposizioni in materia di responsabilità dirigenziale e di grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati da ciascun procedimento.

La legge n. 69 del 2009 apporta importanti modifiche alla legge n. 241 del 1990, per ridurre i termini di conclusione dei procedimenti ed assicurare l’effettività del loro rispetto da parte delle amministrazioni.

Entro il 4 luglio 2010 – in adempimento dell'articolo 7 della legge 69 del 2009 – tutte le pubbliche amministrazioni devo adeguare i termini dei propri procedimenti al tetto massimo di 90 giorni, oppure di 180 giorni, ma solo nel caso di procedimenti eccezionalmente complessi, quando emergono elementi di sostenibilità organizzativa e di approfondita valutazione degli interessi pubblici in questione.

Le amministrazioni dello Stato, entro la scadenza di luglio, devono provvedere all'emanazione di nuovi regolamenti che elenchino tutti i procedimenti amministrativi di cui sono titolari e, per ciascuno di essi, indicare quali sono i termini di conclusione previsti.

La stessa norma del 2009, inoltre, prevede la responsabilità del dirigente nel caso di reiterata violazione dei termini e il risarcimento del danno ingiusto causato da un ritardo di natura dolosa o colposa.

In vista del raggiungimento di questo obiettivo, il Dipartimento della funzione pubblica ha messo a disposizione delle amministrazioni statali una procedura informatica per rendere più veloci e monitorabili l'aggiornamento dei termini dei procedimenti e per realizzare la banca dati nazionale dei procedimenti amministrativi statali.

I cittadini potranno accedere ai regolamenti adottati dalle amministrazioni che hanno utilizzato la procedura informatica.

FONTE: Ministero per la pubblica amministrazione e per l'innovazione
(Decreto 12/01/2010, G.U. 01/04/2010, n. 76)

lunedì 5 aprile 2010

Illegittimo l’accertamento basato unicamente sugli studi di settore



Lo studio di settore è un semplice parametro

L’accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore viola il principio di capacità contributiva: lo ha affermato la Commissione tributaria regionale di Roma, sezione staccata di Latina, con sentenza del 4 marzo scorso.

La sentenza in commento, avendo ad oggetto un argomento molto discusso quale per l’appunto gli studi di settore, ben si presta ad alcune riflessioni.

A tal fine, è, innanzitutto, opportuno rilevare la fonte normativa degli studi di settore, che va ricercata negli articoli 62-bis e 62-sexies, comma 3, D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427). In particolare, l’art. 62-sexies, comma 3, del decreto citato, che rappresenta la norma di riferimento in tema di accertamento da studi di settore, stabilisce che gli accertamenti (analitici-induttivi) di cui agli articoli 39, comma 1, lettera d), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in tema di imposte dirette) e 54, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (in tema di IVA) “possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore”.

Secondo tale previsione normativa, dunque, lo studio di settore è investito semplicemente della funzione di agevolare l’espletamento da parte dell’Amministrazione finanziaria della funzione accertativa, permettendo alla stessa, in presenza di gravi incongruenze, di procedere ad accertamento analitico-induttivo.

Conseguentemente, quindi, lo studio di settore è soltanto un semplice e puro indice di riferimento per consentire all’Ufficio fiscale di adottare il particolare tipo di accertamento analitico-induttivo, nei casi e alle condizioni tassativamente previsti dagli artticoli 39, comma 1, lettera d), D.P.R. n. 600/1973 e 54, D.P.R. n. 633/1972 (e successive modifiche ed integrazioni).

Lo stesso art. 62-sexies, comma 3, cit., difatti, richiede espressamente, per legittimare l’accertamento, che si verifichi una grave incongruenza tra i ricavi o i compensi dichiarati dal contribuente e quelli fondatamente desumibili “dagli” studi di settore.
Questo perché, se il legislatore avesse voluto attribuire a questi ultimi valore di presunzione legale relativa, avrebbe potuto semplicemente stabilire che gli accertamenti possono essere fondati “sugli” studi di settore.
Pertanto egli, non ritenendo sufficiente il risultato degli studi di settore come fatto noto per determinare acriticamente i risultati conseguiti dal contribuente, ha richiesto la presenza di “gravi incongruenze” tra questi ultimi e gli studi di settore.

Orbene, ciò premesso, è a questo punto opportuno rilevare che la sentenza in commento condivide pienamente quest’interpretazione che esclude la legittimità dell’accertamento basato unicamente sugli studi di settore.

A sostegno di tale tesi, difatti, in essa sono riportate, in primis, le indicazioni fornite sull’argomento dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008, secondo cui “la stima effettuata mediante gli indicatori di normalità economica in parola non legittima, pertanto, l'emissione di atti di accertamento automatici, esclusivamente basati sulla stima medesima”.

Ad ulteriore conferma di ciò, poi, è riportato un passo della sentenza n. 18983 del 10 settembre 2008 della Corte di Cassazione, secondo cui "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la procedura di determinazione induttiva dell'ammontare dei ricavi e dei compensi sulla base di coefficienti presuntivi […] consente all'Ufficio, ove occorra, di integrare o addirittura sostituire i detti coefficienti con elementi particolari, propri del contribuente sottoposto a verifica, con esclusione, quindi, di ogni automatismo dei coefficienti; ciò in quanto il principio della flessibilità degli strumenti presuntivi trova origine e fondamento nell’articolo 53 della Costituzione, non potendosi ammettere che il reddito venga determinato in maniera automatica a prescindere dalla capacità contributiva del soggetto sottoposto a verifica…".
E’ in ragione di tali argomenti che, quindi, i giudici di merito condividono le motivazioni addotte in appello circa l’illegittimità di un avviso di accertamento che, basandosi esclusivamente sugli studi di settore, riteneva inammissibile che un’azienda dichiarasse un reddito inferiore di un proprio lavoratore dipendente.

Le stesse, in definitiva, sono pienamente condivisibili, poiché, in ragione di quanto enunciato, lo studio di settore è un semplice parametro. Esso, difatti, indirizza l’attività di selezione e controllo degli Uffici fiscali, i quali, tuttavia, se decidono di adottare il particolare tipo di accertamento analitico-induttivo, devono motivare adeguatamente e dimostrare le “gravi incongruenze” tra il reddito dichiarato e gli studi di settore, senza alcuna inversione dell’onere della prova da parte del contribuente, dato che si è in presenza di presunzioni semplici e non legali, successivamente, però, proprio perché lo studio di settore, di per sé, non determina alcun maggior reddito, per determinarlo e quantificarlo, essi devono servirsi di ulteriori elementi, del tutto mancanti nel caso de quo, al punto di legittimare l’annullamento del relativo accertamento.
(Commissione tributaria regionale Lazio, Sentenza, Sez. XXXIX, 04/03/2010, n. 287)
Fonte Il quotidiano Ipsoa www.ipsoa.it

venerdì 2 aprile 2010

Un sistema per CRM in azienda



Un CRM in sintesi è un sistema per la gestione delle relazioni con il cliente, ma in realtà è qualcosa di molto più complesso che attraversa in modo diretto e trasversale tutta l'azienda.
Il CRM (Customer Relationship Management) oramai ha assunto un ruolo fondamentale nellea ziende, le grandi compagnie sono disposte ad investire milioni di euro per dotarsi di sofisticati sistemi CRM, ma per quale motivo? Ed una Piccola o Media Impresa deve investire nel CRM? E quali sono i vantaggi che ha un'azienda nell'implementare un CRM?
Negli anni '20-'30 le aziende erano per lo più orientate alla produzione di massa, si pensi alla Ford "T". Negli anni '30-'50 vi fu un orientamento alla vendita dei prodotti (selling orientation): in presenza di una grande offerta di prodotti, le imprese per differenziarsi dovevano puntare sulla comunicazione e sulla capillarità dei punti vendita o nella vendita diretta. Dagli anni '50 agli anni
'90/2000 vi è stato un periodo in cui le aziende erano orientate al marketing (marketing orientation), ossia ci si accorse che prima di produrre un bene, era necessario capire se questo bene era necessario (o richiesto) dal mercato. Dagli anni '90 si parla di aziende orientate al cliente(customer orientation).
Ma cosa significa in concreto l'orientamento al cliente? I manager sempre più riconoscono che il vero capitale aziendale non consta solo nel prodotto/servizio offerto, o nel padroneggiare i canali di vendita, ma piuttosto nelle risorse definite "intangibili". In particolare questo valore risiede
nelle relazioni che l'impresa ha con i propri clienti, con i fornitori, con i partner e nella capacità di mettere a frutto questo capitale. Ecco quindi che le aziende si dotano di "strumenti" capaci di gestire questa relazione: Customer Relationship Management.
A cosa serve il CRM
IL CRM è uno dei tre software fondamentali di cui si dotano le aziende, insieme all'ERP(Enterprise Resource Planning) e SCM (Supply Chain Management). Nell'adozione di questi software le imprese compiono sforzi di non poco conto in termini di uomini, tempo e risorseeconomiche e spesso, "grazie" o per "colpa" dell'adozione di questi software, le imprese ripensano all'intera organizzazione aziendale.
Il CRM in modo particolare risulta trasversale a tutta l'azienda ed è molto più ostico da assimilare degli altri (nota: il concetto di "assimilazione" del software risulta molto importante soprattutto a fini del calcolo del ROI Return On Investment). Banalizzando un poco, i sistemi ERP "devono"
essere usati per tenere sotto controllo i costi, le entrate, le fatture e da sempre vi è un ufficio amministrazione in tutta l'azienda. I sistemi SCM se possibile sono ancora più facili da comprendere: servono per produrre di più e meglio.
Ma i sistemi CRM? A che servono? Come la buona gestione della relazione con i clienti aiuta a migliorare il valore dell'azienda? Esaminiamo il CRM nei suoi aspetti distintivi:
Approccio integrato: l'organizzazione dei processi aziendali, la struttura, le dinamiche aziendali sono fortemente plasmate ed integrate con i sistemi informativi a disposizione, per sviluppare politiche di gestione del cliente in fase di acquisizione (marketing) e gestione (post vendita).
Gestione del ciclo di vita del cliente: Il cliente nelle relazioni con l'impresa esprime delle necessità, siano esse vere o percepite, capendone il significato, analizzando l'evoluzione, comprendendo i bisogni, l'azienda può aumentare il valore di ogni cliente durante il suo ciclo di vita (Customer Lifetime Value): comprendendo i bisogni si possono proporre servizi sempre più specializzati e rispondenti alle necessità del cliente.
Conoscenza approfondita ed integrata dei clienti: Il semplice fatto di possedere dati non significa di per se avere informazioni, questo ovviamente è tanto più vero quanto l'informazione è intangibile, pertanto questa conoscenza prende forma da tutte le fonti dati presenti in azienda (call centre, anagrafiche, ordini, etc.) opportunamente elaborate e gestite. La comprensione dei clienti
deve essere tale da poter effettivamente incidere sui processi aziendali, pertanto queste informazioni devono essere in grado di incidere sui servizi offerti, sul miglioramento interno dei processi, cioè deve produrre un costante miglioramento dell'azienda.
Come si evidenzia il CRM non è tanto e solo un software aziendale necessario, ma un vero e proprio modello di business, che coinvolge certo i sistemi informativi, ma soprattutto l'organizzazione aziendale ed i suoi processi.
Quindi un sistema di CRM serve per aumentare le vendite ad un cliente esistente, facilitare nuovi contatti, conoscere meglio i propri clienti, per proporre sempre servizi adeguati.
Cosa fa un CRM
Oggi il CRM si estende in tutte le dimensioni dell'azienda, sia orizzontalmente, cioè in tutti i dipartimenti aziendali, che verticalmente, cioè è utilizzato da tutti i livelli aziendali, dal management al livello operativo. Questo è dovuto al fatto che il cliente è al centro dell'azienda anche quando questa non è propriamente customer oriented.
I sistemi CRM aiutano a sintetizzare i processi aziendali di vendita, di supporto e di marketing, attraverso tutti i canali di contatto. Questi processi, vengono integrati quanto più possibile in un "unicum" e vengono automatizzati al fine di minimizzare i tempi di percorrenza interna e dare le risposte che il cliente si aspetta nel minor tempo possibile.
In ultimo i sistemi CRM devono fornire conoscenza aziendale sul cliente per supportare decisioni di cambiamento dei processi e/o servizi
Articolo tratto da Riccardo Grassi www.pmi.it

Per un primo approccio ad un sistema informatico CRM si consiglia la procedura offerta gratuitamente sul web dal portale zoho www.zoho.com che fornisce un sistema utilizzabile in n. 3 postazioni ed integrabile con altri prodotti sempre gratuiti del portale.

giovedì 1 aprile 2010

Via libera alla fusione tra Bcc di Bientina e Credito Valdinievole



È arrivato l’ok di Bankitalia. Nasce un istituto con 2mila soci

BIENTINA. La Banca d’Italia ha detto sì. Saranno “celebrate” le nozze tra Credito Valdinievole e Banca di credito cooperativo di Bientina. L’ok è arrivato dall’organo di vigilanza sugli istituti di credito, anche se per rendere operativa la fusione per incorporazione ci sarà da aspettare la formalità delle rispettive assemblee dei soci, cui spetterà l’ultima parola. Le voci che si rincorrevano dalla fine del 2008 sul salvataggio di Bientina da parte del Credito Valdinievole hanno avuto un approdo concreto.
Le opportunità. Con la fusione per Bientina cessa il commissariamento disposto dalla Banca d’Italia nel marzo 2009, mentre per l’istituto montecatinese si apre l’opportunità di presentarsi in forze nel territorio pisano e della Valdera. Un’espansione naturale verso un’area dove non sono presenti altre banche di credito cooperativo. Un accordo non scritto tra gli istituti della federazione sconsiglia lo sconfinamento su mercati già presidiati da banche locali. E nel Pistoiese il Credito Valdinievole avrebbe trovato la presenza di altre realtà consolidate. Quindi, meglio guardare altrove su obiettivi messi bene in vista dagli organi di controllo.
I numeri di Bientina. Gli ultimi dati disponibili descrivono un istituto con oltre 1.800 soci, un capitale sociale di 4,9 milioni di euro e un patrimonio netto di 21,7 milioni di euro. A questi numeri vanno aggiunti sei sportelli (Bientina, Montecalvoli, Altopascio, Pontedera, a Cascine di Buti solo bancomat, Navacchio, Montacchiello e Montecarlo dove c’è lo sportello della tesoreria comunale) e una settantina di dipendenti. Ad indurre la Banca d’Italia a commissariare la banca, il secondo nella sua storia, fu soprattutto l’aumento dei crediti in sofferenza che a fine 2007 rispetto all’anno precedente erano cresciuti del 5,70%, passando da 6,9 milioni di euro a 7,3 milioni, rappresentando il 3,83% dei crediti verso la clientela, contro il 4,57% del precedente esercizio. Rischi vennero valutati anche sotto l’aspetto di sostanziose perdite di patrimonio. A metà febbraio del 2009 erano usciti allo scoperto, con esposti e denunce alla magistratura, circa 200 dei 1.800 soci per sottolineare la situazione di gravi sofferenze ed esposizioni per milioni di euro, e invocare chiarezza nei rapporti tra la banca e alcune società che facevano riferimento all’ex presidente del Pisa calcio, Leonardo Covarelli.
E quelli della Valdinievole. Conti in salute quelli del Credito Valdinievole. E con un bilancio del genere la fusione con i vicini di casa di Bientina è sembrato un passaggio più che sollecitato da federazione e Bankitalia. La raccolta è passata dai 310,379 milioni del 2007 ai 335,334 milioni del 2008 (+ 8,04%) e gli impieghi dai 258,664 milioni del 2007 ai 291,358 del 2008 (+ 12,64%). L’incidenza delle sofferenze nette sugli impieghi è allo 0,21% rispetto allo 0,46% dell’anno precedente. Il portafoglio di proprietà ammonta a 69,415 milioni. Il patrimonio di bilancio, comprensivo dell’utile destinato a riserve, passa da 43,674 a 46,569 milioni con un incremento del 6,6%. L’utile di esercizio ammonta ad oltre 3 milioni. Il matrimonio s’ha da fare.
Tratto da Il Tirreno del 01/04/2010