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lunedì 30 marzo 2009

Aumento Massimali RC auto


Secondo le norme attualmente in vigore l'assicurazione RCAuto deve essere stipulata per un importo non inferiore ad €. 774.685,35 (1.500.000.000 delle vecchie lire).
Tale somma a seguito della gravità di incidenti stradali che si verificano e dei criteri di liquidazione adottati dai Tribunali in sede di controversie risulta assolutamente inadeguata.
A partire dal 11/12/2009 i massimali diventeranno obbligatori per €. 2.500.000,00 a sinistro con danni alle persone, e di €. 500.000,00 a sinistro per danni alle cose.
A partire dal 11/06/2012 le somme suddette verranno raddoppiate (5.000.000,00 con danni a persone, 1.000.000,00 per danni a cose).
Il tutto è disposto dal D.Lgs 198/07 che ha attuato la quinta direttiva auto .
I contratti attualmente in scadenza andranno pertanto già adeguati ai nuovi massimali con inevitabili costi aggiuntivi

Istruzioni Inps per regolare i piccoli lavori domestici


1. Utilizzo dei buoni lavoro nell’ambito dei lavori domestici

L’istituto delle prestazioni occasionali di tipo accessorio, come previsto dall’articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 e successive modificazioni, ha la finalità di regolamentare, sottoponendole a specifica disciplina retributiva e contributiva, quelle prestazioni che si qualificano per tratti di discontinuità e non sono riconducibili a specifiche tipologie di contratti di lavoro, con la finalità di far emergere prestazioni oggi rese in forma irregolare e non coperta da disposizioni normative.

Rientrano nel campo di applicazione della normativa tutte quelle prestazioni di lavoro domestico svolte in maniera meramente occasionale intendendosi per tali, ai sensi del comma 2 dell’articolo 70 del predetto d.lgs. n. 276/2003, “le attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare”. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo status di inoccupato o disoccupato e non richiede la sottoscrizione di un contratto di lavoro.

In sostanza, per aderire alla finalità della norma, il ricorso ai voucher per i lavori domestici può essere effettuato solamente per quelle attività, che per la loro natura occasionale e accessoria, fino ad oggi non sono assistite da alcuna tutela previdenziale e assicurativa, quindi attività non riconducibili né a un rapporto di lavoro già disciplinato dalla legge (il rapporto di lavoro domestico, di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339 ha uno specifico obbligo assicurativo previsto dal D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403.) né a regolamentazioni contrattuali afferenti a tale ambito lavorativo (CCNL del 16 febbraio 2007).

Va precisato che le prestazioni di natura occasionale accessoria non danno diritto alle prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione e assegni familiari. Inoltre, per quanto riguarda i cittadini extracomunitari, non consentono né il rilascio né il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Pertanto, al di fuori di tali particolari fattispecie, ai rapporti di lavoro domestico caratterizzato da prestazioni non occasionali e con carattere continuativo (anche se prestato con le modalità del lavoro ripartito o per un numero limitato di ore) si applicano le vigenti disposizioni in materia previdenziale ed assicurativa con relativo obbligo di comunicazione riguardante l’instaurazione, la proroga, la trasformazione e la cessazione del rapporto medesimo.

2. Modalità di applicazione del sistema di regolazione del lavoro occasionale accessorio attraverso i buoni lavoro (voucher)

Il valore nominale di ogni singolo buono (voucher) è pari a 10 euro, (fermo restando che sono disponibili buoni ‘multipli’, del valore di 50 euroequivalenti a cinque buoni non separabili) comprensivo della contribuzione a favore della gestione separata ex articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n.335 (convenzionalmente stabilita dall’art 72, comma 4 del d.lgs. 276/2003 e successive modifiche, per questa tipologia lavorativa, nell’aliquota del 13%), di quella in favore dell’INAIL (7%) e di una quota pari al 5% per la gestione del servizio.

Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro. Il valore netto del buono ‘multiplo’ da 50 euro, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 37,50 euro.
Si veda circolare Inps 44 del 24/03/2009

venerdì 27 marzo 2009

Iva per cassa




Va ricordato che interessati al beneficio saranno solo i contribuenti, esercenti attività d'impresa, arte e professione che nell'anno solare precedente hanno realizzato, o in caso di inizio di attività, prevedano di realizzare un volume d'affari non superiore a 200.000 euro (che dovranno indicare in fattura di avvalersi di questo meccanismo). L'articolo 1, comma 4, del decreto chiarisce che il meccanismo dell'esigibilità differita cessa al momento del superamento del limite.
Il meccanismo dell'Iva per cassa determina che l'imposta diviene esigibile solo al momento del pagamento da parte del committente/cessionario del corrispettivo dovuto ovvero decorso un anno dall'effettuazione dell'operazione, a meno che, prima del decorso del predetto termine, il cessionario/committente non sia assoggettato a procedure concorsuali o esecutive.
La fattura emessa per la quale si chiede il differimento dell’imposta deve indicare che l’esigibilità differita è richiesta ai sensi dell’art. 7 decreto legge 29/11/2008 n. 185 convertito in Legge 28/01/2009 n. 2.
In particolare, in caso di pagamento parziale del corrispettivo l'Iva diverrà esigibile solo in proporzione al pagamento effettuato. Pertanto, i contribuenti dovranno, in riferimento ai singoli pagamenti, riconciliare gli stessi con le relative fatture per versare ovvero detrarre la quota parte di Iva corrispondente alla percentuale pagata. Inoltre, nel caso in cui, trascorso un anno, una cessione o prestazione di servizio non risulti pagata l'Iva diviene integralmente esigibile e i cedenti/prestatori dovranno calcolare l'imposta a debito entro la liquidazione trimestrale o mensile successiva al verificarsi della specifica condizione.
Si richiama l’attenzione sulla complessità amministrativa che tale meccanismo agevolativo comporta, sia per le fatture emesse sia per quelle ricevute, con la necessaria documentazione probatoria dei pagamenti. Resta inteso che il meccanismo di differimento non vale nei casi di fatturazione a privati non soggetti Iva, e che il differimento può essere richiesto anche per sole singole fatture.
Il decreto attualmente già predisposto dal Ministero delle Finanze attente ancora per l’operatività definitiva la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Resta ovvio che aziende con potere contrattuale elevato faranno forza verso i propri fornitori per rendere l’esigibilità immediata del recupero iva, oltre alle minori difficoltà amministrative di gestione nel recupero dell’imposta.

giovedì 26 marzo 2009

Professionisti e ritenute acconto



L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul fatto di poter scomputare le ritenute di acconto subite allorquando al professionista non sia stata rilasciata la relativa certificazione da parte del cliente, e finalmente con la risoluzione n. 68/E del 19/03/2009 ha definitivamente chiarito la questione.
In sostanza allorquando un professionista per qualsiasi motivo non sia in grado di documentare la ritenuta subita o perché il cliente è sparito o perché lo stesso non ha rilasciato la relativa certificazione, può documentare quanto trattenuto nel pagamento tramite l’esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione proveniente da banche o da altri intermediari finanziari idonea a comprovare l’importo del compenso netto effettivamente percepito, al netto della ritenuta cosi come risulta dalla fattura.
Alla fattura e relativa documentazione del pagamento ricevuto andrà altresì allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (autocertificazione) in cui il contribuente professionista dichiari, sotto la propria responsabilità, che la documentazione attestante il pagamento si riferisce ad una determinata fattura regolarmente contabilizzata e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti.
Resta solo l’incognita dei piccoli pagamenti ricevuti in contanti per i quali sarà difficile documentare l’importo del compenso netto ricevuto.
Dovrebbe pertanto concludersi l’annosa questione che vedeva il professionista subire la ritenuta e non poterla certificare per colpa di un soggetto terzo aggiungendo al danno anche la beffa.

mercoledì 25 marzo 2009

Flexsecurity



Questo Studio si fa portavoce della proposta di "flexsecurity" di cui al progetto di legge sotto riportato, che specialmente in momento di crisi come quella attuale si ritiene sia la forma migliore per far riprendere la voglia di assumere da parte delle aziende. La proposta è caldeggiata da esponenti di entrambi gli schieramenti politici.

RIASSUNTO DEI CONTENUTI ESSENZIALI DEL DISEGNO DI LEGGE PER LA TRANSIZIONE A UN REGIME DI FLEXSECURITY

Il disegno di legge prevede la stipulazione di un contratto collettivo “di transizione”, con il quale una o più imprese si impegnano a compiere tutte le nuove assunzioni - salvo limitate eccezioni - con contratto a tempo indeterminato; e costituiscono un ente bilaterale a gestione paritetica o un consorzio che garantisca ai lavoratori, assunti nel nuovo regime, l’assistenza e il sostegno nel reddito in caso di perdita del posto di lavoro. Il disegno prevede un periodo di prova di sei mesi; superato questo termine, il licenziamento per mancanza grave del lavoratore e il licenziamento discriminatorio restano soggetti al controllo giudiziale, con applicazione dell’articolo 18. Invece è sottratto al controllo giudiziale - salvo che il lavoratore abbia raggiunto i 20 anni di anzianità di servizio - il licenziamento per motivi economici od organizzativi, che resta limitato soltanto dal relativo costo imposto all’impresa. In caso di licenziamento per motivi non disciplinari le imprese devono versare al lavoratore una cifra pari a una mensilità per ogni anno di anzianità aziendale. A questo si aggiunge il trattamento di disoccupazione erogato dall’ente (e finanziato interamente con un contributo sul monte salari dei nuovi assunti). Il lavoratore che sia stato licenziato sottoscrive, infatti, con l’ente un contratto di ricollocazione in funzione del quale percepisce - finché perdura lo stato di disoccupazione - un’indennità pari al 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, dell’80% per il secondo, del 70% per il terzo e del 60% per il quarto. Ma in questo arco temporale lo stesso ente si fa carico soprattutto di un servizio di assistenza intensiva per la ricerca di una nuova occupazione, con corsi di formazione e riqualificazione e attività di outplacement. Il lavoratore è obbligato a partecipare a tali iniziative secondo un orario settimanale analogo a quello di lavoro praticato in precedenza. Il lavoratore può in qualsiasi momento, anche senza preavviso, rinunciare al proprio trattamento di disoccupazione, mentre l’ente può recedere dal contratto nel caso in cui il lavoratore sia inadempiente oppure abbia rifiutato in modo ingiustificato un’opportunità di lavoro o iniziative di riqualificazione che gli siano state proposte.
L’ente è finanziato con i contributi del Fondo sociale Europeo e dalle stesse imprese che l’hanno istituito le quali - esonerate dal contributo all’Inps contro la disoccupazione - si devono fare anche carico pro quota dei suoi debiti verso i lavoratori nel caso di insolvenza Il finanziamento dell’ente per le aziende che aderiscano al nuovo regime e abbiano un numero di dipendenti inferiore alla soglia per l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, è a carico dell’erario per la parte corrispondente a un costo medio determinato nella misura dello 0,5% del monte-salari relativo ai nuovi rapporti di lavoro assoggettati al nuovo regime.
Il contributo pensionistico per il dipendente in nuovo regime di protezione è pari al 30% della sua retribuzione lorda.
da www.pietroichino.it

martedì 24 marzo 2009

Commissariata la Banca di Bientina



BIENTINA.La banca di credito cooperativo di Bientina è commissariata. Con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 19 marzo scorso, su proposta della Banca d’Italia, la Banca di Bientina - Credito Cooperativo - società cooperativa, con sede legale a Bientina è stata sottoposta alla procedura dell’amministrazione straordinaria.
Con provvedimento della Banca d’Italia del 20 marzo al posto dei disciolti organi amministrativi e di controllo, sono stati nominati, quali commissari straordinari, il ragioniere Antonio Potito De Magistris e il dottor Bruno Morelli e, quali componenti il comitato di sorveglianza, il dottor Gian Pietro Castaldi, l’avvocato Alessandro Portolano e il professore avvocato Umberto Tombari. Gli organi straordinari si sono insediati ieri pomeriggio nella banca.
La gestione della banca è affidata agli organi straordinari, che operano sotto la supervisione della Banca d’Italia. La banca prosegue regolarmente la propria attività. «Pertanto la clientela può continuare ad operare, con la consueta fiducia, presso gli sportelli della banca, hanno spiegato gli stessi commissari straordinari». Il commissariamento rappresenta una conferma rispetto alle voci che da tempo circolavano rispetto a certe scelte operate dagli amministratori, peraltro smentite dal consiglio d’amministrazione.
Per la Banca di Bientina è il secondo commissariamento dopo quello avvenuto a metà degli anni Novanta.
«Mi auguro che i commissari lavorino bene - dice il sindaco, Corrado Guidi - spero a breve di incontrarli. Mi auguro anche che si impegnino affinchè la banca resti dei bientinesi. Come ho già avuto modo di dire ci sono tutte le risorse necessarie per salvare l’istituto di credito».
da Il Tirreno del 24/03/2009

lunedì 23 marzo 2009

Commissione Tributaria Pisa su IRAP



La CTP di Pisa ha dichiarato ammissibile un ricorso presentato da un professionista contro una cartella esattoriale di pagamento con la quale l'Agenzia delle Entrate aveva iscritto a ruolo IRAP indicata in dichiarazione e non pagata.
Il professionista aveva infatti fatto ricorso alla notifica della cartella sostenendo l'esonero dal pagamento dell'imposta IRAP in quanto professionista privo di dipendenti e con utilizzo di limitati beni strumentali (autovettura e computer).
L'agenzia delle entrate si era opposta in quanto sosteneva che il ricorso contro il ruolo (cartella) può essere proposto solo quando sono contestati vizi propri della cartella.
Secondo la Commissione invece la cartella può essere contestata solo per vizi propri quando è preceduta da un atto impositivo proveniente dall'Amministrazione, che nel caso in questione non esiste, e pertanto il contribuente ha correttamente impuignato l'unico atto proveniente dall'Amministrazione finanziaria.
La commissione ha ritenuto peraltro anche non soggetto ad IRAP il professionista in quanto lo stesso possedeva solo un automezzo ed il computer, esclusione peraltro già ribadita dalla Corte di Cassazione con sentenza 241946/08.

Interessi Passivi su Mutuo prima casa




Come si determina l'ammontare degli interessi passivi da detrarre in sede di compilazione del Modello 730 o Modello Unico

L’ammontare degli interessi passivi detraibili deve essere determinato sulla base del rapporto tra il valore di acquisto dell’immobile, aumentato degli oneri accessori, e il capitale preso a mutuo.
Mel caso infatti in cui il valore del mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale sia maggiore del prezzo indicato nel rogito notarile aumentato degli oneri accessori e delle spese connesse all’acquisto medesimo, la quota di interessi detraibili dovrà essere determinata utilizzando la formula:

interessi pagati x costo di acquisizione dell’immobile
capitale preso a mutuo

Il "costo di acquisizione dell'immobile" è il valore di acquisto dell’immobile indicato nel rogito notarile aumentato di tutti gli oneri accessori connessi all'acquisto. La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 128/2005 ha disposto che nel costo di acquisto rientrano anche alcuni oneri accessori collegati al mutuo quali ad esempio l’onorario del notaio relativo alla stipula del contratto di mutuo, le spese di istruttoria e perizia tecnica, l’imposta per iscrizione o cancellazione di ipoteca e l’imposta sostitutiva sul capitale prestato.
Nel calcolo dell’importo detraibile il costo di acquisto dell’immobile deve essere considerato complessivamente e non va rapportato alla quota di proprietà dell’immobile. Risulta pertanto “ininfluente la ripartizione della proprietà dell'immobile, alla quale non necessariamente corrisponde una identica ripartizione del costo di acquisto. Soprattutto nel quadro dei rapporti familiari può accadere, infatti, che la ripartizione del costo tra i soggetti acquirenti non corrisponda esattamente alla percentuale di titolarità del diritto reale acquistato” (circolare n.17 del 18 maggio 2006).
Per "interessi pagati" si intendono unicamente gli interessi passivi versati a fronte del finanziamento, escludendo gli oneri accessori connessi al contratto di mutuo. Pertanto, come espressamente indicato nelle Istruzioni Ministeriali, interessi passivi e oneri accessori al contratto di mutuo sono elementi distinti. I primi devono essere riproporzionati in base alla formula sopra indicata, i secondi vanno interamente detratti nell'anno in cui sono sostenuti.
Per usufruire della detrazione è necessaria la seguente documentazione:
- quietanze comprovanti il pagamento della rata di mutuo da cui risultino quota capitale, quota interessi, oneri accessori, quote di rivalutazione e data di pagamento;
- copia notarile del contratto di mutuo;
- copia del contratto di acquisto dell’immobile redatto dal Notaio;
- dichiarazione relativa alla data di destinazione dell’immobile ad abitazione principale (oppure certificato storico di residenza);
- eventuale presenza di contributi erogati da Regioni o Enti pubblici.
In quest’ultima ipotesi la detrazione degli interessi passivi e degli oneri accessori compete per la parte effettivamente rimasta a carico del contribuente, pertanto, l’importo detraibile in sede di dichiarazione dei redditi va determinato al netto dell’eventuale contributo pubblico. Occorre precisare che se il contributo è stato erogato in conto capitale non influisce sulla detrazione degli interessi passivi e dei relativi oneri accessori del mutuo, trattandosi di una sovvenzione. Se invece lo stesso viene erogato in conto interessi, va a ridurre la quota di interessi detraibile fino a concorrenza del suo ammontare.
Qualora il contributo venga erogato in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il contribuente ha beneficiato della detrazione, è necessario assoggettare la quota indebitamente detratta a tassazione separata.

venerdì 20 marzo 2009

Banche e commissione massimo scoperto

Commissione massimo scoperto (CMS)


Quando il saldo negativo (nel linguaggio quotidiano, il conto “va in rosso”), la banca applica un tasso di interesse, detto “debitore” per il cliente.

Sull’ammontare più alto raggiunto da tale importo, oltre

all’interesse debitore, può essere prevista dal contratto una

commissione, detta “di massimo scoperto”.

Questa commissione può essere applicata se il saldo a debito dura per almeno 30 giorni consecutivi e se il conto ha un fido.

Nel contratto, nel foglio informativo e nel documento di sintesi devono essere indicati: la misura percentuale per il calcolo della commissione, il periodo al quale la commissione si riferisce (generalmente trimestrale), i criteri per determinare l’importo su cui è calcolata la commissione.

La CMS può far aumentare in maniera significativa il costo del saldo negativo, è quindi necessario prestare la massima attenzione e, in caso di dubbio, chiedere spiegazioni alla banca sul

funzionamento della CMS.


Quanto sopra è riportato nel "Documenti per la consultazione trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti" pubblicato in data 18/03/2009 dalla Banca D'Italia.

Si invita a prestare la massima attenzione al ricevimento dell'Estratto Conto bancario tenendo presente la percentuale per la CMS può variare da cliente a cliente dallo 0,125% all' 1%, e che pertanto su un massimo scoperto per ipotesi di €. 30.000,00 la stessa può variare da €. 37,5 a €. 300,00 per trimestre.


giovedì 19 marzo 2009

Professionisti ed IRAP



I professionisti sono soggetti all'Irap quando nella loro attività si avvalgono di collaboratori, effettuano investimenti economici e utilizzano sofisticate strutture informatiche, che da soli sono idonei a creare un «quid pluris» di capacità contributiva e un valore aggiunto tassabile. Lo ha affermato la Commissione tributaria regionale di Roma, seconda sezione, con la sentenza 21 del 20 gennaio 2009.

Un'altra sentenza sfavorevole in materia di IRAP per i professionisti. La commissione tributaria regionale di Roma di cui sopra è riportata la massima e sotto la sentenza integrale si è pronunciata in maniera sfavorevole al professionista in tema di assoggettabilità all'IRAP in materia di lavoro autonomo, in quanto per la Commissione citata l'utilizzo di strutture informatiche sofisticate e/o investimenti economici significanti, bastano da soli a far scattare il " quid pluris" di maggior capacità contributiva che assoggetta di conseguenza il contribuente all'IRAP.

Sent. n. 21 del 20 gennaio 2009 (ud. del 19 dicembre 2008) della Comm. trib. reg. di Roma, Sez. II - Pres. Cellitti, Rel. Moscaroli Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) - Soggetti passivi -
Esercenti arti e professioni – articoli 2 e 3, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 - Presupposto - Autonoma organizzazione - Nozione

Fatto e Diritto - Con ricorso avanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma il sig. Mo.Eu. impugnava la cartella di pagamento emessa, ad istanza dell'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Roma 2, a seguito
di controllo formale ex articolo 36 bis del DPR 600/73 della dichiarazione dei redditi anno 2003 e portante l'iscrizione a ruolo dell'importo complessivo di Euro 12.651,68 per omessi versamenti IRPAP.
Il contribuente esponeva di non essere assoggettabile a detta imposta in quanto nella sua attività professionale di ingegnere libero professionista non era riscontrabile alcuna struttura organizzativa, tale da configurare potenzialità economica produttiva.
L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Roma 2, costituendosi in giudizio, contestava le argoment32ioni del contribuente e chiedeva il rigetto del ricorso.
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 89/20/08 deposita il 10/03/2008, respingeva il ricorso.
Avverso questa decisione propone appello il contribuente ribadendo l'inesistenza delle condizioni per la sua assoggettabilità all'imposta IRAP.
L'Ufficio, costituendosi nel grado, rileva la mancata formulazione, da parte dell'appellante, di censure dirette contro l'operato dei primi giudici. Chiede pertanto, in via pregiudiziale declaratoria di
inammissibilità dell'appello, in subordine la conferma della impugnata decisione.
Va pregiudizialmente respinta l'eccezione, sollevata dall'Ufficio, di inammissibilità dell'appello per assenza di censure dirette alla sentenza di primo grado.
La ripropostone da parte dell'appellante delle eccezioni sollevate in primo grado e non accolte dalla Commissione tributaria provinciale, ha l'implicita valenza di censura all'operato dei giudici che hanno emesso la sentenza che il contribuente ha inteso di impugnare.
Va pertanto esaminato l'aspetto sostanziale della vertenza.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001, nel confermare la legittimità costituzionale della legge istitutiva dell'IRAP, per la quale (art. 2 del D.Lgs. 446/72) il presupposto dell'imposta é l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione e allo scambio di beni o servizi, ha posto l'accento sul
requisito dell'organizzazione rilevando che "mentre l'elemento organizzativo
è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per
quanto riguarda l'attività di lavoro autonomo", per cui l'imposizione è da
escludere "nel caso di un'attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione".
La stessa Corte, con ordinanza n. 124 del 26 marzo 2003, ha precisato
che "tale norma è pienamente conforme ai princìpi di eguaglianza e di
capacità contributiva" in quanto essa determina l'assoggettamento ad imposta
del valore aggiunto prodotto da un'attività autonomamente organizzata, sia
di carattere imprenditoriale sia di natura professionale, "identica essendo,
in entrambi i casi, l'idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta".
L'art. 3 del citato D.Lgs indica, tra i soggetti passivi tenuti ai
pagamento dell'imposta, anche quelli che esercitano arti e professioni. Non
c'è subbio quindi che anche il libero professionista sia tenuto ad assolvere
l'imposta, qualora peraltro ricorra il presupposto dell'art. 2 di un'attività autonomamente organizzata.
E proprio in merito all'attività di lavoro autonomo la c.c. ha sancito
che la presenza o l'assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui,
in assenza di specifiche disposizioni normative, sia una condizione da verificare in via di fatto.
L'Amministrazione sostiene che la sentenza emessa dal Giudice delle
leggi deve essere correttamente interpretata, onde evitare esclusioni
d'imposta che i supremi giudici non hanno inteso determinare.
In sostanza il campo di esenzione delineato dalla Consulta deriva da una
corretta interpretazione della normativa IRAP che, postulando tra i
presupposti impositivi il requisito dell'autonoma organizzazione, non poteva
applicarsi a soggetti la cui attività risulti in concreto del tutto priva di
una pur minima forma organizzativa. Peraltro, l'aver ricompreso all'art. 3
delle legge istitutiva tra i soggetti d'imposta gli esercenti attività di
lavoro autonomo, significa che ti legislatore aveva riconosciuto in tali
forme di attività quel minimo di profilo organizzativo idoneo a far nascere
il presupposto impositivo. Il fatto che la disciplina dell'imposta sia nel
suo complesso passata al vaglio della Consulta, fa ritenere che l'attività
di lavoro autonomo includa in sé quel minimo di organizzazione che
giustifica l'applicazione dell'imposta. Pertanto il requisito
dell'organizzazione connoterebbe e sarebbe presente in tutti i soggetti
passivi previsti nell'art. 3, onde l'elencazione dei soggetti passivi altro
non sarebbe che un'esplicita indicazione delle ipotesi in cui viene
esercitata un'attività autonomamente organizzata.
Secondo l'Amministrazione quindi i giudici della Consulta avrebbero
inteso escludere la sussistenza del presupposto impositivo solo laddove
l'aspetto organizzativo risulti assolutamente carente (così dovrebbe
interpretarsi la locuzione "in assenza di elementi di organizzazione") e
quindi soltanto quando sia del tutto assente qualsivoglia tipo di
organizzazione. Ciò si verificherebbe soltanto nei casi di un'attività
esercitata solo occasionalmente oppure avvalendosi di un'organizzazione altrui.
Ritiene la Commissione che questa tesi massimalista (che tenderebbe ad
un generale assoggettamento all'imposta di tutti i lavori autonomi con
esclusione di quelli occasionali e di quelli inseriti in altra
organizzazione) non sia rispondente ai principi che la Consulta ha inteso fissare.
Che tali soggetti siano esclusi dalla disciplina IRAP discende in tutta
evidenza dalla legge istitutiva secondo la quale presupposto dell'imposta è
"l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata". Sono quindi
per principio esclusi i lavoratori autonomi occasionali e quelli che sono
inseriti in altre organizzazioni, per cui una conferma interpretativa della Consulta non avrebbe ragion d'essere.
I giudici delle Leggi, nel ribadire la natura reale dell'imposta, hanno invece inteso affermare che, proprio per il valore aggiunto che può discendere da un'organizzazione del lavoro (che è poi quello che si è voluto
separatamente tassare) esistono dei profili di lavoratori autonomi
(professionisti} nei quali non sono presenti elementi di organizzazione che
giustifichino l'applicazione dell'imposta. La Corte ha altresì sancito che,
in assenza di specifiche disposizioni normative, l'indagine circa l'esistenza di tali elementi è questione di fatto che va sottoposta, di volta in volta, al vaglio del giudice tributario.
Detto quindi delle condizioni di legittimità dei tributo secondo il dettato costituzionale, occorre in concreto definire il concetto di "organizzazione", quale entità di per sé idonea a creare valore aggiunto
tassabile, per poi accertare se nel caso concreto tale organizzazione sia presente.
Ad avviso di questa Commissione il concetto di "organizzazione" deve
intendersi come "organismo economico" astrattamente in grado di funzionare,
che si aggiunge al contributo lavorativo personale del professionista e
contribuisce autonomamente al risultato complessivo dell'attività
professionale.
Le prestazioni professionali sono infatti caratterizzate dalla
personali2zazione dell'attività resa dal professionista, in quanto nascono
da un rapporto che è squisitamente fiduciario. Per quanto concerne poi le
professioni protette (quelle cioè per l'esercizio delle quali è necessaria
l'iscrizione all'albo professionale) queste sono inscindibilmente legate
alla presenza ed all'opera del libero professionista, onde l'organizzazione
è sempre funzionale allo svolgimento dell'attività nella quale l'apporto
personale resta assolutamente prevalente.
Non riuscire a dare un valore ed un significato autonomo al concetto di
3
"organizzazione del lavoro professionale" può portare al rischio di
percorrere una linea minimalista per cui l'imposta non sarebbe mai dovuta
dal professionista la cui attività non potrebbe mai essere spersonalizzata,
proprio perché imprescindibile, dipendendo sempre dall'intuitus personae che
è alla base di qualsivoglia rapporto professionale con il cliente. I
sostenitori di questa tesi sostengono infatti che, per quanto ampia e
sofisticata sia l'organizzazione, sarà sempre e comunque necessario fare
riferimento alla presenza personale del professionista abilitato perché
l'attività possa effettivamente svolgersi.
Appare evidente invece che una organizzazione del lavoro, in quanto
presente, diventa un fattore di produzione, creando di per sé ricchezza
generata e quindi in maggior reddito per il professionista. Questa
ricchezza, rappresentando valore aggiunto, è sicuramente presupposto per
l'applicazione dell'imposta.
E' facilmente intuibile che un'attività che richiede la presenza di
personale dipendente (impiegati, segretarie), di collaboratori o
tirocinanti, oppure di sofisticate attrezzature informatiche, di
investimenti economici, di crediti bancari, è in maniera concreta correlata
con tutti questi fattori aggiunti, i quali, anche se non congiuntamente
presenti, hanno comunque la ragion d'essere proprio in quanto idonei di
perse a creare valore. In questa situazione l'apporto personale del
professionista, che resta in ogni caso prevalente, è fortemente
condizionato, nel risultato da garantire al cliente, dalla qualità della
organizzazione del lavoro.
L'organismo economico, come sopra individuato, è astrattamente in grado
di funzionare autonomamente, proprio perché ha in sé i meccanismi idonei
allo scopo, senza che il professionista ne determini di volta in volta gli
automatismi o gli aspetti operativi (solo inizialmente definiti nella logica
di una programmazione complessiva dell'attività da svolgere) a prescindere
dalla resa concreta di attività da parte del professionista. Poiché quindi
l'organizzazione è idonea da sola a creare valore e quindi reddito, che si
aggiunge a quello proveniente direttamente dal professionista, esistono le
condizioni volute dai legislatore per l'applicazione dell'imposta
sull'attività produttiva.
La sussistenza delle circostanze che legittimano l'applicazione del
tributo va riscontrata dal giudice tributario, caso per caso, attraverso
un'analisi qualitativa (più che quantitativa) dell'organizzazione posta in
essere dal professionista. Diventa infatti difficile stabilire degli indici
di prevalenza dell'attività professionale su quella derivante
dall'organizzazione, fissando delle percentuali al di sotto delle quali
l'organizzazione non può che ritenersi squisitamente funzionale all'attività
del professionista (questa strada viene percorsa seppure in dottrina).
Quello che invece va in concreto valutato é se l'organismo economico
(organizzazione) è presente nell'attività del professionista e se ha
influito, con proprio valore aggiunto, al reddito professionale.
Venendo al caso concreto quello che questa Commissione deve accertare è
se nell'attività svolta dall'appellante sia riscontrabile una
organizzazione, intesa come organismo economico, la quale legittimi l'applicazione dell'imposta IRAP.
Che cosa debba essere in concreto inteso per organizzazione discende da
quanto già specificatamente detto in argomento. Trattasi cioè di fattori
aggiunti che siano in sé idonei a creare ricchezza, percepibili attraverso
un'analisi qualitativa dell'attività in concreto svolta dal professionista. Il sig. Mo. eccepisce che nella sua attività di ingegnane libero professionista, non si serve di personale dipendente né di collaboratori,
opera in via personale utilizzando attrezzature minimali e comunque di
valore complessivo assai modesto.
Da questi elementi, che ritiene abbiano un valore probatorio significativo, fa discendere la prova dell'assenza di qualsivoglia organizzazione economica nell'ambito della propria attività.
Proprio perché l'analisi sui possibili fattori produttivi aggiunti è ad
ampio spettro e deve essere focalizzata su tutti gli elementi che concorrono
determinare l'attività professionale, fattori che, proprio perché aggiunti,
si traducono in costi per il professionista, questo collegio non può
esimersi dal vagliare l'insieme delle componenti negative che sono state
indicate nelle dichiarazioni annuali presentate dalla parte, come tali
influenti e correlate all'attività professionale svolta, perché è da queste e attraverso queste che si potrà raggiungere il convincimento circa l'inesistenza di un organismo economico aggiunto.
Dall'esame delle dichiarazioni dei redditi del contribuente per
l'attività professionale svolta nell'anno 2003 si evince che lo stesso ha
indicato una serie di spese corrispondenti all'ammontare dei costi ammessi in deduzione ai fini IRAP.
Tali spese, ammontanti a complessivi Euro 13.101,00, si riferiscono a
normali acquisti di strumenti informatici e relativi applicativi, tra
l'altro ammortizzati negli anni, e a materiale di arredamento dell'ufficio,
ivi comprese lampade ed altri oggetti per i quali era semmai da verificare
l'inerenza. Altri costi sono riferiti alla vettura (sempre in procedura di
ammortamento) ed a compensi a terzi per la tenuta della contabilità, i quali
non possono considerarsi incrementativi del reddito.
Ritiene questo collegio che impropriamente primi giudici abbiano
considerato tali spese come significative di una organizzazione autonoma
nell'ambito dell'attività svolta dall'appellante. Di contro le stesse devono
ritenersi necessario e strumentati per lo svolgimento dell'attività, proprio
perché questa non può essere esercitata in assenza di strumenti logistici e
tecnici, seppure minimali. Per questi motivi il contribuente non deve ritenersi soggetto
all'applicazione dell'imposta IRAP e conseguentemente non fiscalmente tenuto
all'assolvimento dell'imposta richiesta dall'Agenzia delle Entrate.
Per quanto complessivamente esposto l'appello del contribuente va quindi
accolto. Esistono giusti motivi per la compensazione delle spese.
P.Q.M. - Accoglie l'appello del contribuente e dichiara illegittima la
cartella di pagamento impugnata. Spese compensate.

mercoledì 18 marzo 2009

Lavoratrici domestiche


Nuove regole sull'avviamento e norme da armonizzare, nuovi importi delle retribuzioni dal CCNL e dei contributi Inps relativi.

Con l'introduzione del nuovo art. 16bis (commi 11 e 12) alla legge n. 2/09 (conversione del cd "decreto anticrisi") sono state modificate dal 29 gennaio le modalità di comunicazione di avviamento al lavoro per lavoratori domestici.

La norma prevede che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro domestico siano presentate all'Inps con efficacia nei confronti dei servizi competenti (Ministero, Inail, Prefettura UTG). Nel msg n.2230/09 l'Inps comunica che nelle more del rilascio di specifica modulistica, gli Uffici possono accettare comunicazioni presentate anche su altri moduli.

La nuova disposizione legislativa andrà ora raccordata con il decreto direttoriale del Lavoro del 25 novembre 2008 - il quale da metà marzo prevede che alla comunicazione di lavoro domestico sarà riservato un modello ad hoc. Si chiama "Unidom" e verrà reso operativo sul sistema delle comunicazioni obbligatorie "Co" dalle ore 19 del 15 marzo 2009 (la data prevista dal dm è il 15 gennaio, ma con nota protocollo n. 8830 del 16 dicembre il Ministero ne ha comunicato la proroga di due mesi), per rispondere, tra l'altro, alle esigenze dell'Inps sull'iscrizione contributiva degli obbligati. Il sistema delle comunicazioni obbligatorie "Co" prevede oggi la sola modalità telematica d'invio del modello, salvo che per i datori di lavoro domestico, che possono ancora avvalersi di modalità alternative.

martedì 17 marzo 2009

La sede INPS di Lucca all'avanguardia nei rapporti con i professionisti


Partirà da Lucca la nuova interazione tra Inps e Consulenti . Venerdì prossimo, 13 marzo, sarà infatti attivata la Convenzione sperimentale tra l’Inps Nazionale ed il Consiglio provinciale di Lucca per la costituzione di un “Punto Cliente assistito per Consulenti del Lavoro”.
Il servizio sarà avviato presso i locali dell’Ordine provinciale, per consentire una più agevole erogazione di servizi previdenziali (iscrizioni, variazioni, ricicli, note di rettifica, recuperi crediti, ecc.). " È un'iniziativa da estendersi a tutto il territorio nazionale per la sua valenza e la sua utilità pratica .
É uno dei segnali evidenti dell'interazione tra Inps e Consulenti , che speriamo si estenda quanto prima anche alle altre provincie.

Presso il nuovissimo “Punto Cliente” i professionisti potranno usufruire dei seguenti servizi forniti da parte dell’Inps:

· iscrizioni e variazioni anagrafiche e contributive

· gestione ricicli e note di rettifiche

· informativa recupero crediti/cartelle esattoriali

· ricezione di istanze o documentazione a corredo di istanze già in corso di definizione con relativa protocollazione.

Saranno possibili in seguito ulteriori implementazioni dei servizi, sulla base di nuove esigenze degli utenti.

Il “Punto Cliente” di Lucca fornirà il servizio nella giornata di mercoledì – dalle ore 9.00 alle ore 12.00 – per l’area dei datori di lavoro DM e nella giornata di giovedì – dalle ore 9.00 alle ore 12.00 – per l’area degli iscritti alla Gestione Artigiani e Commercianti.

I servizi citati saranno forniti dal personale della sede Inps di Lucca relativamente ai soggetti rientranti nella competenza territoriale della sede stessa. Il servizio sarà reso nei giorni indicati previa prenotazione telefonica e/o telematica, da parte dei professionisti interessati, mediante la procedura “Agenda Appuntamenti”.


Servizi CAF

Si ricorda che lo studio, è delegato quale centro di assistenza fiscale del CAF C.G.N. e tramite i servizi che lo stesso CAF mette a disposizione vengono effettuati i seguenti servizi:
  • Modello 730 per lavoratori dipendenti e pensionati
  • Modello ISEE per beneficiare di determinate agevolazioni
  • Modelli RED per pensionati che devono trasmettere la situazione reddituale all'INPS.
La compilazione dei modelli RED ed ISEE è completamente gratuita.

Da quest'anno inoltre tramite convenzione con Cariprato S.p.a. tramite la filiale di Guamo (Lu) vengono effettuati a pensionati clienti e non della Cariprato i modelli 730 gratuitamente, sempre attraverso il CAF C.G.N.

Pluralità di episodi oggetto di contestazione disciplinare



SENTENZA 27/01/2009 n. 1890 Corte di Cassazione

In tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, il giudice di merito non deve esaminarli atomisticamente, riconducendoli alle singole fattispecie previste da clausole contrattuali, ma deve valutare complessivamente la loro incidenza sul rapporto di lavoro.

In molte aziende vengono contestati al lavoratore addebiti o mancanze in relazione al comportamento tenuto sul luogo di lavoro. Queste contestazioni venivano valutate in sede giudiziale singolarmente, cosicché qualora un lavoratore avesse ricevuto anche una pluralità di contestazioni disciplinari nel corso dell’anno, giudicandole singolarmente queste non davano luogo e non potevano essere prese a pretesto per un eventuale licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.

Con la sentenza di cui sopra è riportata la massima, la Corte di Cassazione ha ribaltato l’orientamento finora prevalente, dichiarando che ripetute contestazioni vanno valutate nel loro complesso e non singolarmente dando la possibilità in caso di ripetute mancanze del lavoratore alla procedura di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.

sabato 14 marzo 2009

Comunicazione all'Inail del rappresentante per la sicurezza


INAIL Circolare 12/03/2009, n. 11

Il datore di lavoro deve comunicare all'Inail, in via telematica tramite il sito dell'Inail, i nominativi dei rappresentanti per la sicurezza, con cadenza annuale, per ogni singola azienda ovvero per ciascuna unità produttiva in cui si articola la azienda stessa nella quale opera/no il/i Rappresentante/i e deve riferirsi alla situazione in essere al 31 dicembre dell'anno precedente.
Per il 2009 (con situazione in essere al 31 dicembre 2008) il termine è fissato al 16 maggio 2009

Banca Toscana confluisce in Banca Monte Paschi Siena



Banca Toscana S.p.A.


Si ricorda a tutti i clienti che la Banca Toscana S.p.a. dal prossimo 30/03/2009 viene fusa in Banca Monte Paschi Siena S.p.a.-.
Questo comporta il cambio delle coordinate bancarie che servono sia per ricevere i pagamenti (codice Iban) sia per effettuare i pagamenti telematici mediante modello F24.
Si invita pertanto tutti i clienti dello studio che intrattengono rapporti con Banca Toscana di attivarsi qualora non li avessero già ricevuti tramite il canale postale ad attivarsi presso lo sportello per ottenere tali codici, al fine di pregiudicare i futuri pagamenti e riscossioni.
Si invita anche gli stessi clienti a comunicare le nuove coordinate ai propri clienti in caso di riscossioni tramite bonifici al fine di non ritardare le proprie riscossioni.

mercoledì 11 marzo 2009

Dal 15 gennaio 2009 tutti gli atti da depositare al Registro delle imprese devono essere in formato PDF/A


L'articolo 6, comma 3 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2008 "Specifiche tecniche del formato elettronico elaborabile (XBRL) per la presentazione dei bilanci di esercizio e consolidati e di altri atti al registro delle imprese" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2008 prevede - in attesa delle specifiche tecniche XML che dovranno essere definite dal Centro Nazione per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) - che "Nelle more della definizione delle specifiche di cui al comma 1, l'interessato allega all'istanza di cui all'art. 4 un documento informatico in formato PDF/A con il contenuto dell'atto, anche senza immagini ottenute dalla scansione di documenti cartacei"

Si precisa che la conformità del documento informatico depositato (file) allo standard PDF/A deve essere verificata dall'ufficio ai sensi dell'articolo 7 del precitato DPCM 10 dicembre 2008, con l'obbligo di rifiuto di iscrizione qualora l'interessato non provveda alla regolarizzazione nel termine assegnato.

Il formato PDF/A (regolato dallo standard pubblico ISO 19005-1 Document management - Electronic document file for long-term preservation - part. 1 Uso of PDF 1.4 (PDF/A-1) può essere creato utilizzando diversi strumenti sia di estrazione "open source" e gratuiti - ad esempioOpenoffice (http://it.openoffice.org/ ), versioni 2.4 e successive (File – Esporta in formato PDF – Scegliere il check PDF/A-1) - ovvero soggetti a licenza e a pagamento quali ad esempio Adobe Acrobat Professional versioni 8.0 (www.adobe.it )

domenica 8 marzo 2009

Si riporta fac-simile di ricorso al Giudice di Pace per ricorso avverso una cartella esattoriale notificata per multe relative al codice della strada
Ricorso al Giudice di Pace avverso cartella di pagamentoPDFStampaE-mail
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI . . .

Ricorso in opposizione a cartella esattoriale
Ill.mo Sig. Giudice,
il sottoscritto . . ., nato a . . . il . . . e residente in via . . . n. . . ., codice fiscale . . . , elettivamente domiciliato ai fini della presente procedura in . . . ,

premesso che
- in data . . ., la . . . (indicare l´esattore) notificava al ricorrente cartella esattoriale n. . . . per una somma di euro . . .;
- che la cartella esattoriale . . . si riferisce a titoli di pagamento mai notificati all´odierno ricorrente;
- . . .
Tanto premesso, il signor . . .

ricorre
alla S.V. affinché, previa sospensione, fissata con decreto la comparizione delle parti, voglia dichiarare inefficace e/o annullare la cartella esattoriale n. . . ., emessa in data . . ., da . . ., notificata in data . . ., e conseguentemente pronunciare ordinanza di archiviazione degli atti, per i seguenti

Motivi di legittimità e di merito
1) indicare i motivi;
2) . . . ;


Si insiste, pertanto, nell´accoglimento del presente ricorso.
Si allega:
- cartella esattoriale notificata.
- . . .
Con osservanza.
Luogo e data.

Il ricorrente

venerdì 6 marzo 2009

Le fatture per fax non hanno valore per la Cassazione



Cassazione, sez. Tributaria, sent. 25 febbraio 2009, n. 4502 - (2) Internet,fatturazione,fotocopie,fax,email,valore
"In altri termini, le fotocopie di documenti originali, che non risultino smarrite o distrutte per cause non imputabili al contribuente, non hanno lo stesso valore probatorio degli originali, apparendo anzi come una documentazione sospetta. "
"Il ragionamento appare errato perche' non tiene conto del fatto che proprio la irregolarita' della documentazione non consente di ritenere sussistente il requisito della certezza del costo (il cui onere probatorio grava sul contribuente), alla quale segue poi la verifica della inerenza e della competenza."

Fatto

La controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento con il quale il competente ufficio finanziario recuperava a tassazione, tra l'altro, costi considerati privi di documentazione, perche' certificati con copie di fatture ricevute via fax, invece che con gli atti originali.

La societa' ... ... spa, destinataria dell'avviso di accertamento ha proposto ricorso vittoriosamente dinanzi alla competente commissione provinciale. La commissione tributaria regionale, invece, accogliendo l'appello dell'Agenzia delle Entrate, ha ritenuto legittimo il recupero effettuato in relazione alle fotocopie dei fax, considerando che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, impone la conservazione degli originali degli atti ricevuti e che le fotocopie non offrono le stesse garanzie dei documenti originali.

Avverso questa decisione ha proposto ricorso la societa' contribuente, sostenuto da due motivi. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

Il ricorso non puo' trovare accoglimento.

Con il primo motivo, la societa' ricorrente denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, e vizi di motivazione, sostiene che erroneamente la CTR ha ritenuto che la copia del fax non abbia la stessa efficacia probatoria dell'originale, posto che, comunque, la fattura trasmessa a mezzo fax non e' la fattura originale.

La tesi della ricorrente non e' condivisibile. E' ben vero che il documento che incorpora la fattura trasmessa a mezzo fax e' sostanzialmente una copia dell'originale. Ma e' altrettanto vero che l'originale del fax offre maggiori garanzie perche', non puo' esser frutto di un fotomontaggio, almeno da parte del ricevente. Peraltro, il legislatore, ove mai si fosse trattato di fax trasmesso per mezzo di un personal computer, ha imposto l'obbligo di conservare il supporto elettronico fino al momento della stampa, proprio per evitare il rischio di manipolazioni (a monte come a valle), insito in ogni riproduzione meccanografica non confrontabile con l'originale.

L'obbligo di conservare la documentazione originale, previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, e' norma speciale rispetto al regime ordinario della prova documentale dettato dal codice civile, che equipara la copia all'originale se non ci sia espressa contestazione sulla conformita' (art. 2712 c.c.). La diversita' della disciplina trae origine dalla tendenziale indisponibilita' del rapporto tributario e del suo regime probatorio. D'altra parte non risulta che il contribuente abbia giustificato in qualche modo il fatto di non aver conservato gli originali (allegando, ad esempio, la distruzione accidentale o per causa di forza maggiore degli originali), si che la violazione della legge, anche ammesso che le si volesse attribuire un carattere meramente formale, sarebbe comunque sospetta, in relazione al comportamento tenuto dal contribuente. In altri termini, le fotocopie di documenti originali, che non risultino smarrite o distrutte per cause non imputabili al contribuente, non hanno lo stesso valore probatorio degli originali, apparendo anzi come una documentazione sospetta. Specialmente se, come e' accaduto nella specie, non sono allegate valide ragioni che giustifichino la mancata esibizione degli originali.

Con il secondo motivo la societa' ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 TUIR e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, sul rilievo che anche ammesso che la documentazione prodotta non fosse formalmente corretta, la deducibilita' dei costi deve essere comunque riconosciuta in quanto non e' mai stata posta in dubbio la loro effettivita', inerenza e competenza. Il ragionamento appare errato perche' non tiene conto del fatto che proprio la irregolarita' della documentazione non consente di ritenere sussistente il requisito della certezza del costo (il cui onere probatorio grava sul contribuente), alla quale segue poi la verifica della inerenza e della competenza.

Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato. Sussistono giuste ragioni per compensare le spese del giudizio di legittimita', attesa la novita' della questione.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita'.

Cosi' deciso in Roma, il 2 dicembre 2008.

giovedì 5 marzo 2009

La Cassazione si pronuncia su cancellazione protesti

GIURISDIZIONE - CANCELLAZIONE DEL NOMINATIVO DEL DEBITORE DAL REGISTRO DEI PROTESTI – DIRITTO SOGGETTIVO – GIURISDIZIONE DEL G.O.

Con la massima sotto trascritta a Cassazione a Sezione Unite si è pronunciata sul fatto che adendo all'autorità giudiziaria ordinaria la stessa può far annullare un provvedimento amministrativo, come l'iscrizione nel registro protesti tenuti dalla CCIAA, a cui le stesse Camere di Commercio si erano finora opposte



Con la sentenza n. 4464 del 2009 le Sezioni unite si pronunciano per la prima volta sul procedimento di cui all'art. 4 della L. n. 77 del 1955 (come riformato dalla legge n. 235 del 2000), soffermandosi sulla natura giuridica della posizione sottesa in favore del debitore protestato e sull'oggetto della eventuale fase oppositiva, affermando l'attribuzione della cognizione della relativa controversia in favore del giudice ordinario.

Di talché, è qualificabile come diritto soggettivo pieno la posizione giuridica del debitore che, provvedendo al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati nel rispetto dei tempi e degli adempimenti prescritti dalla disciplina prevista nell'art. 4 della legge n. 77 del 1955 (come sostituito dall'art. 2 della legge n. 235 del 2000), proponga istanza, in sede amministrativa, al responsabile dirigente dell'ufficio protesti della competente Camera di commercio per ottenere la cancellazione del proprio nominativo dal registro informatico dei protesti, con la conseguente attribuzione al giudice ordinario della cognizione sulla successiva opposizione avverso il provvedimento di diniego o l'omessa pronuncia da parte del suddetto responsabile amministrativo, senza che rilevi in senso ostativo il generale divieto per il giudice ordinario di sostituirsi nell'esercizio di un'attività amministrativa, ricadendosi, nel caso di specie, in una di quelle ipotesi eccezionali il cui al predetto giudice è riconosciuta la legittimazione ad attuare la tutela giurisdizionale piena e completa del diritto soggettivo leso dal provvedimento amministrativo, attraverso non soltanto la disapplicazione, ma anche la sua diretta caducazione.

mercoledì 4 marzo 2009

Inefficacia degli atti non notificati direttamente dal Comune

Atti inesistenti se la notifica non è effettuata direttamente dal comune

“Devono ritenersi giuridicamente inesistenti le notifiche dei verbali di contestazione fatte da società di recapito alle quali il Comune affida il servizio di consegna di atti giudiziari”.

Ciò è quanto emerge da una recente sentenza del Giudice di Pace di Milano (sez. VI, sent. nr. 25170 del 13 maggio 2008, Dott. Corrado Iannace), la quale evidenzia l’illegittimità dell’operato del Comune di Milano che ha affidato la notifica degli atti giudiziari ad una società privata (CENTRO SERVIZI S.I.N., Milano).

Il caso in questione ha avuto inizio con il ricevimento in capo al ricorrente di un verbale di contestazione per violazione del Codice della strada.

Il ricorrente, quindi, proponeva tempestivo ricorso evidenziando una serie di vizi dell’atto tra cui, in via preliminare, la giuridica inesistenza e/o comunque la radicale nullità della notificazione del verbale.

Infatti, l’art. 3 della legge nr. 890 del 1982 (norma relativa alla notifica degli atti a mezzo posta) al 1° comma, riferendosi all’attività dell’agente notificatore, prevede che questi scriva: “la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto [...]”. Inoltre, il 3° comma del predetto articolo prevede ancora che, nello svolgimento delle proprie attività, l’ufficiale giudiziario: “Presenta contemporaneamente l’avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’amministrazione postale, con l’aggiunta del numero del registro cronologico”.Nel caso in questione, invece, nulla di tutto ciò era stato rispettato.Inoltre, il ricorrente evidenziava che seppur l’articolo 14 della medesima legge prevede la notificazione degli atti a mezzo posta, è altrettanto vero che, tale attività, deve essere effettuata da un soggetto legittimato che garantisca, attraverso l’apposizione del numero del registro cronologico e degli altri ulteriori successivi adempimenti, una corretta attività di notifica degli atti.

In questo caso, invece, il procedimento adottato risultava del tutto inesistente sia per la mancanza della relata di notifica e sia anche perché l’attività era stata affidata ad un soggetto non legittimato (CENTRO SERVIZI S.I.N., Milano).

Trattasi, quindi, di una procedura irrituale che si pone in contrasto oltre che alle precedenti norme anche agli articoli 12 e 201 del C.d.s., i quali stabiliscono che la notifica del verbale deve essere effettuata dai messi comunali o da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione.

Al riguardo, inoltre, si ricorda che la Corte di cassazione, con sentenza nr.20440 del 21 settembre 2006, ha affermato che “sono giuridicamente inesistenti le notifiche dei verbali di contestazione fatte da società di recapito, alle quali un Comune affida il servizio di consegna di atti giudiziari. In tale guisa, le notifiche eseguite da tali soggetti sono equiparate all’omessa notificazione con l’effetto giuridico dell’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per violazioni al C.d.s.”.

Alla luce di ciò, quindi, è bene chiarire che quanto detto per le notifiche dei verbali vale anche per tutti gli altri atti che il cittadino e/o l’impresa dovesse ricevere (si pensi per esempio ad un’ordinanza/ingiunzione di pagamento da parte della Provincia o del Prefetto, un avviso di accertamento Tarsu da parte del Comune, ecc...).

In tutti questi casi, infatti, laddove l’attività di notifica degli atti sia stata affidata a soggetti terzi non legittimati, ciò costituisce senza dubbio vizio di notificazione che inevitabilmente si ripercuote in vizio dell’atto il quale non è suscettibile di sanatoria alcuna, trattandosi di giuridica inesistenza.

Fonte Impresa e Diritto.

martedì 3 marzo 2009

Comunicato INPS per la CIG


CASSA INTEGRAZIONE DI GENNAIO

CRESCE ANCORA, MA NON RISPETTO A DICEMBRE

In gennaio si conferma l’andamento della cassa integrazione ordinaria (cigo), così come emerso nei mesi di novembre e dicembre: si evidenzia un forte incremento delle ore autorizzate rispetto al mese di gennaio del 2008 (+334,33%: 17,4 milioni in totale, contro 4 milioni del gennaio 2008) ma una lieve diminuzione rispetto al mese precedente (dicembre 2008: -14%). L’aumento omogeneo (gennaio su gennaio) è stato pari a 13,4 milioni di ore. I settori di attività che hanno registrato gli incrementi più significativi – sempre nella gestione ordinaria – sono quelli dell’industria metallurgica (+719,08% rispetto a gennaio 2008) e meccanica (+586,50% rispetto a gennaio 2008).

Anche la cassa integrazione straordinaria (cigs) mostra un andamento simile a quello manifestato negli ultimi due mesi dell’anno scorso: il numero di ore autorizzate (9,7 milioni) indica un aumento molto meno esplosivo (+8,52%) rispetto alla cassa integrazione ordinaria. Nel caso della cigs l’incremento è avvenuto anche a confronto del dato del mese immediatamente precedente: +21% rispetto al dicembre 2008. Per gli interventi straordinari il settore che ha registrato l’incremento più significativo è quello dell’industria tessile (+43,28% rispetto a gennaio 2008).

Stabile il dato che viene invece dall’edilizia. La gestione della cassa integrazione nel settore mostra un lieve incremento delle ore autorizzate rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (+2,52% su gennaio 2008). Il numero delle ore autorizzate (2,5 milioni) è comunque in linea con quanto registrato negli ultimi due mesi del 2008: dicembre 2,6 milioni di ore, novembre 2,5 milioni di ore.

In totale le ore di cassa integrazione (tutte le gestioni, ordinaria più straordinaria) autorizzate in gennaio sono state 29,5 milioni, quasi il doppio rispetto ai 15,3 milioni del gennaio 2008.