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venerdì 30 gennaio 2009

Posta elettronica certificata (P.E.C.)


Posta elettronica certificata per le imprese (articolo 16, D.l. 185/08 )

Con la definitiva conversione il Legge del D.L. 185/08 cosiddetto decreto “anticrisi” prende forma in maniera sostanziosa la posta elettronica certificata PEC.
Nasce l’obbligo per le imprese costituite in forma societaria di indicare nella domanda di iscrizione al registro delle imprese il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità del contenuto.
Tale obbligo sussisteva già in caso di società in caso le stesse dovessero attuare delle midifiche da presentare al registro imprese.
Obbligo per i professionisti iscritti in albi di comunicare all'Ordine o al Collegio di appartenenza do comunicare a questi ultimi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno dall'entrata in vigore del decreto-legge anticrisi. Ordini e Collegi renderanno poi consultabile esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni in via telematica l'elenco riservato dei propri iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica. Ritocchi alle comunicazioni tra le amministrazioni pubbliche, allo scopo di portare a regime l'uso della posta elettronica certificata come ordinario e tendenzialmente unico strumento di comunicazione, in alternativa all'invio postale di documenti cartacei.
Per amministrazioni, imprese costituite in forma societaria e professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, l'invio di comunicazioni tramite posta elettronica certificata non richiede che il destinatario dichiari previamente la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo. Consultazione telematica libera e senza oneri da parte delle pubbliche amministrazioni, delle imprese e dei cittadini degli indirizzi di posta elettronica certificata presenti nel Registro delle imprese o negli albi o elenchi. L'estrazione di elenchi di indirizzi è consentita solo a pubbliche amministrazioni per le comunicazioni relative agli adempimenti amministrativi di competenza.
Già attualmente gli elenchi delle amministrazioni pubbliche che hanno già attivato la PEC sono consultabile al seguente indirizzo http://www.indicepa.gov.it/
E’ stato di conseguenza novellato anche il Codice dell'amministrazione digitale approvato con D.Lgs. 07/03/2005.
Una volta istituita la PEC e resa pubblica e necessario monitorare costantemente la casella perché eventuali comunicazioni sia da parte della PA che di altre società e professionisti si danno come ricevute una volta che il sistema accetta l’invio della posta elettronica.

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giovedì 29 gennaio 2009

Periodo di prova nel lavoro subordinato

Nozione generale

I soggetti di un rapporto di lavoro, rispettivamente il datore di lavoro ed il prestatore, frequentemente, avvertono l’esigenza di verificare, mediante un congruo periodo di prova, la reciproca convenienza alla conclusione del contratto definitivo.
Lo scopo del datore sarà quello di valutare le attitudini e le competenze necessarie per l’espletamento delle mansioni assegnate al prestatore, mentre il lavoratore analizzerà le condizioni, i contenuti della prestazione e l’interesse allo svolgimento dell’obbligazione lavorativa.
Il contratto di lavoro pertanto, qualora sia concluso con la previsione del patto di prova, si configura come contratto sottoposto a condizione sospensiva, in quanto la sua efficacia risulterà sospesa fino al verificarsi del gradimento o del mancato recesso delle parti, o risolutiva, se il contenuto del contratto definitivo è destinato a risolversi al verificarsi del mancato gradimento o del recesso delle parti.
Il patto di prova, assume una fisionomia tipica, ricevendo una specifica regolamentazione sia dalla disciplina legislativa che da quella contrattuale.
Esso trova il suo fondamento nelle disposizioni codicistiche (art.2096 comma 1 del Codice Civile) e nell’art.4, del Regio Decreto Legge n.1825/1924 che prevedono la forma scritta per tale contratto, richiesta ad substantiam per la sua validità; la sua mancanza infatti, determina la nullità assoluta dell’assunzione in prova e la sua immediata ed automatica conversione in assunzione definitiva.

Gli orientamenti della giurisprudenza
Si ritiene che la partecipazione ad un corso di perfezionamento non sia assimilabile ad un rapporto di lavoro in prova, poiché vi è la mancanza del requisito formale, previsto "ad substantiam" dall'art.2096 del c.c.
La presenza di un corso di addestramento è estranea all'assunzione in prova; dalla partecipazione ad esso, pertanto, anche se lodevole, non discende di regola un diritto all'assunzione, mentre l'esito positivo della prova rende definitivo il contratto (Cassazione 13/6/1990 n. 5731).
La sottoscrizione del patto deve essere effettuata all’inizio del periodo di prova (Cassazione 19/11/1993 n.11427) e durante lo svolgimento di tale periodo il lavoratore gode del medesimo trattamento normativo che dovrebbe competergli in caso di assunzione definitiva, in quanto gli verrà richiesto l’adempimento delle normali prestazioni di lavoro, pari dal punto di vista qualitativo e quantitativo a quelle degli altri lavoratori di uguale qualifica (Corte Costituzionale 22/12/1980 n.189).
La stipulazione scritta del patto di prova deve essere anteriore o contestuale all'inizio del rapporto di lavoro, in mancanza esso sarà nullo, con conseguente, automatica ed immediata, assunzione definitiva del lavoratore, che non sarà più licenziabile, a meno che non ricorrano le ipotesi di giusta causa e/o giustificato motivo (Massima della Cassazione 3/1/1995, n. 25).

Contenuto
La clausola contenente il periodo di prova dovrà indicare esattamente le mansioni affidate al lavoratore (Sent. Cass.22/3/2000, n.3451), ma a differenza della forma scritta, necessaria per l'assunzione del lavoratore con patto di prova, al fine di stabilire inequivocabilmente il periodo durante il quale il recesso delle parti è libero, nulla è previsto dalla legge, circa le mansioni, la cui indicazione potrà avvenire anche con patto orale (Tribunale Milano, 31/1/1997).

Durata
Per tutelare gli interessi del lavoratore è necessario stabilire una durata massima del periodo di prova, che il codice civile non contempla, demandando alla contrattazione collettiva, il lasso di tempo previsto, in relazione alla categoria ed al livello di inquadramento.
Ma tale lacuna viene colmata indirettamente dall’art.10 della Legge 604/1966 in materia limitativa dei licenziamenti, che prevede 6 mesi per tutte le categorie di lavoratori e 3 mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive (Cassazione 13/3/1992 n.3093).
Per quanto riguarda i criteri di computo del periodo di prova, la giurisprudenza prevede diversi orientamenti, pertanto secondo una parte, qualora il termine sia fissato in mesi, in assenza di una specifica previsione, dovrà essere osservato il calendario comune, considerando anche le giornate in cui vi sia sospensione della prestazione lavorativa (Massima della Cassazione 24/12/1999 n.14538; Sentenza della Cassazione 12/9/1991 n.9536), mentre un opposto indirizzo interpretativo ritiene che la durata della prova si determina in base all’effettiva attività svolta, senza tenere conto dei periodi di sospensione per determinati eventi quali, malattia, gravidanza e puerperio, infortunio, permessi sciopero e ferie, ma solo i riposi settimanali e le festività che invece vanno considerati (Cassazione 18/7/1998 n. 7087, Cassazione 24/10/1996 n.9304).
Nel caso in cui il periodo di prova sia stabilito in giorni, dovranno essere considerati solo i giorni in cui effettivamente viene prestata attività lavorativa, ad esclusione dei periodi in cui opera la sospensione, comprendendo, invece i riposi settimanali e le festività.
Il periodo di prova può essere sospeso nel caso di aspettativa per la copertura di cariche pubbliche, decorrendo con la ripresa del servizio (art.2 comma 2 Legge 816/1985).
Si precisa che è, in ogni caso, demandata alla contrattazione collettiva la previsione delle ipotesi in cui opera la sospensione del periodo di prova.

Recesso
Ciascuna delle parti contraenti ha la facoltà di recedere liberamente dal rapporto di lavoro in prova, senza obbligo di darne preavviso all’altra (art.2096 comma 3 Codice Civile) né di pagare l’indennità sostitutiva (art.4, del Regio Decreto Legge n.1825/1924).
Qualora la prova sia stabilita per un periodo minimo necessario tale facoltà non potrà essere esercitata prima della scadenza del termine pattuito, a meno che non ricorra una giusta causa di licenziamento (art.10 della Legge 604/1966).

Gli orientamenti della giurisprudenza
E’ illegittimo il comportamento del datore di lavoro che esercita il potere di recesso prima di aver effettivamente verificato le capacità professionali del lavoratore o qualora il periodo di prova risulti obiettivamente insufficiente a verificare la capacità del prestatore, o conseguentemente all’esito negativo della prova in relazione a mansioni superiori rispetto a quelle pattuite (Sent. Cass. 6/6/1987 n.4979, Cass.8/2/2000, n.1387).
E’ inoltre illegittimo il licenziamento, intimato dal datore durante il periodo di prova, qualora sia riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto di lavoro, spettando in tal caso al lavoratore l’onere di provare l’esistenza di una di tali condizioni, al fine di ottenere l’annullamento del recesso (Sent. Cass.12/3/1999, n. 2228).
E’ prevista la possibilità per il datore di intimare il licenziamento anche oralmente, poiché l’obbligo della comunicazione scritta sorge solo dal momento in cui l’assunzione del lavoratore diviene definitiva e in ogni caso decorso il termine massimo del periodo di prova, pari a 6 mesi (Corte Cost.4/12/2000, n.541).
Qualora il recesso sia considerato illegittimo sarà riconosciuto, al lavoratore, il diritto a terminare la prova e ad ottenere il pagamento delle retribuzioni per i giorni residui, considerando che il datore di lavoro, nel lasso di tempo tra l'interruzione del periodo di prova ed il giorno della prefissata sua scadenza, avrebbe potuto esercitare la facoltà di recesso, senza limiti e condizioni (Sent. Cass.18/11/1995, n. 11934).

CASI PARTICOLARI

Apprendisti
Il datore di lavoro e l’apprendista possono convenire, precedentemente o contestualmente, all’assunzione, un periodo di prova che non può eccedere la durata di due mesi (art.9 Legge 25/1955), superati i quali l’assunzione dell’apprendista diviene definitiva.
Al riguardo è stato comunque affermato che sono legittime quelle clausole, previste dai contratti collettivi, che al fine di tutelare gli interessi degli apprendisti, prevedono, ad esempio nel caso di prestazioni lavorative di natura tecnica, richiedenti particolare perizia o per motivi indipendenti dalla volontà o diligenza dell’apprendista, la possibilità di rinnovare il periodo di prova per una durata non superiore a due mesi.
La contrattazione collettiva consente, inoltre, l’esonero dello svolgimento del periodo di prova o una sua riduzione, qualora gli apprendisti, precedentemente all’assunzione, abbiano frequentato con profitto corsi professionali.
Un volta terminato il suddetto periodo di prova, l’assunzione dell’apprendista diviene definitiva.

Part time
In virtù del principio di non discriminazione, sancito dalle disposizioni normative relative al lavoro a tempo parziale, spettano al lavoratore che effettua prestazione lavorativa ad orario ridotto (part-time) i medesimi diritti previsti per il lavoratore a tempo pieno, anche riguardo la durata del periodo di prova (art.4, comma 2 D.Lgs. 61/2000).
E’ compatibile, infatti, il periodo di prova con il rapporto di lavoro part-time, pertanto saranno applicate le norme relative alla generalità dei rapporti di lavoro, a condizione che tale periodo risulti da atto scritto non posteriore all’inizio del rapporto di lavoro stesso (circolare Ministero del Lavoro del 26/8/1986 n.102).
La sua quantificazione è prevista dalla contrattazione collettiva, entro i limiti fissati dalla legge secondo il principio di proporzionalità, concretizzandosi nello stesso numero di giorni computabili per il rapporto full-time, per quanto riguarda il contratto part-time di tipo orizzontale, mentre nel caso di part-time verticale, dovranno essere computati solo i giorni effettivamente lavorati.

Contratto a tempo determinato
Non esistono ostacoli all’inserimento del patto di prova in un contratto a tempo determinato nei limiti, si intende, di durata stabiliti dalla normativa generale e dalla contrattazione collettiva.
Anche il patto di prova deve risultare da atto scritto e deve essere di data non posteriore all’inizio dell’attività lavorativa, esso dovrà essere espresso in modo esplicito, non essendo sufficiente, semplicemente, la sua previsione nel contratto collettivo (art.2096 cod. civ.).
Le conseguenze di tale patto comportano la libertà di ciascuna delle parti di recedere dal contratto durante la prova senza necessità di preavviso (art.4 R.D.L. 1825/1924).
Si precisa che qualora il patto di prova sia considerato nullo, ad esempio, per carenza di forma scritta, rimane valida l’apposizione del termine poiché, osservate le disposizioni in materia, la nullità della prova non determina anche la nullità del contratto a termine; ci troveremo pertanto innanzi ad un rapporto di lavoro definitivo, quindi senza periodo di prova, pur rimanendo la tipologia contrattuale a tempo determinato.
E’ ammessa, inoltre la reiterazione del periodo di prova in due contratti di lavoro a tempo determinato, successivamente stipulati fra le stesse parti, in virtù dell’astratta volontà delle parti stesse di derogare alla disciplina tipica del rapporto e consentire ad una di esse la libera recedibilità prima della scadenza del termine.
Tale ripetizione è consentita, al fine di verificare la permanenza delle qualità professionali del lavoratore e la sua personalità complessiva, in relazione all'adempimento della prestazione, poiché tali elementi sono certamente suscettibili di modifiche nel corso del tempo e talvolta tra le due assunzioni può trascorrere un notevole intervallo temporale (Sent.Cass.18/2/1995, n. 1741).

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mercoledì 28 gennaio 2009

IRAP piccoli professionisti

Si pubblica un interessante sentenza della Corte di Cassazione in merito all'IRAP dei piccoli professionisti. La questione dibattuta da diversi anni circa l'assoggettabilità all'IRAP del professionista che non si avvale di personale dipendente è stata interpretata dalla Suprema Corte: basta il ricorso ad un collaboratore per far scattare il pagamento dell'imposta, quindi solo il professionista che non si avvale neppure occasionalmente di collaboratori e non utilizza rilevanti beni ed attrezzature può essere esonerato da Irap.


CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 dicembre 2008, n. 29146
Basta un collaboratore di numero a far scattare l’Irap del consulente fiscale e dei piccoli professionisti in genere. La Cassazione accoglie il ricorso del fisco contro un piccolo professionista.

Ritenuto in fatto
che l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagnaindicata in epigrafe, con la quale, rigettando l'appello dell'Ufficio, è statoriconosciuto a ... consulente fiscale, il diritto al rimborsodell'IRAP versata per gli anni 1998/2001;
che il contribuente non si è costituito.

Considerato in diritto
che il ricorso - con i cui due motivi si censura la sentenza impugnata per violazione della normativa istitutiva dell'IRAP sotto il profilo del presupposto; impositivo e per vizio di motivazione - è manifestamente fondato, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata (che ha negato la sussistenza di struttura organizzativa pur avendo accertato che il contribuente esercitava la professione "con l'ausilio di un solo collaboratore") non è conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, in base al quale, a norma del combinato disposto degli art. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. e), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all'art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 è escluso dall'applicazione dell'IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito della "autonoma organizzazione", il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 3673,3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007);
che, in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dell'intero giudizio.

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Condotta antisindacale

Nozione

L’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori disciplina il procedimento diretto a reprimere la condotta antisindacale dei datori di lavoro, quella condotta cioè che lede, impedisce o limita l’esercizio della libertà o dell’attività sindacale e del diritto di sciopero.
Si considera antisindacale il comportamento del datore di lavoro oggettivamente idoneo ad impedire e/o limitare la libertà sindacale (Cfr. Cass., 12 agosto 1993, n.° 8673; Cass., 13 agosto 1991, n.° 8815; Cass., 3 settembre 1991, n.° 9341; Cass., 26 ottobre 1991, n.° 11442), sia nell’ipotesi in cui vengano violati diritti attribuiti al sindacato da norme di legge, sia nel caso in cui vengano lese posizioni soggettive che trovano la loro fonte nella contrattazione collettiva.
L’indeterminatezza della categoria dei comportamenti antisindacali del datore di lavoro risponde allo scopo di ricomprendere all’interno della stessa una molteplicità di comportamenti datoriali che possono definirsi antisindacali.

Condotta plurioffensiva
Il comportamento antisindacale del datore di lavoro può concretarsi nella c.d. condotta plurioffensiva, ogniqualvolta la violazione di clausole del contratto collettivo vada a ledere sia il diritto del singolo lavoratore che quello del sindacato.
Esempio di condotta plurioffensiva può essere il caso del licenziamento del lavoratore a causa della sua partecipazione all’attività sindacale, oppure la violazione dei diritti retributivi dei lavoratori partecipanti ad uno sciopero.
Nelle suddette ipotesi possono proporsi due giudizi, separati ed indipendenti tra di loro e senza alcun nesso di pregiudizialità, l’uno per la repressione della condotta antisindacale e l’altro per la tutela della posizione individuale lesa da tale condotta.
Conseguentemente sarà possibile una difformità di giudizi e di provvedimenti i cui effetti si produrranno indipendentemente l’uno dall’altro.

Accertamento della condotta antisindacale
Ai fini dell’accertamento della condotta antisindacale non è necessaria l’effettiva lesione della posizione soggettiva del sindacato, essendo sufficiente il solo pregiudizio potenziale arrecato al ruolo del sindacato dalla condotta denunciata (Cass., 3 settembre 1991, n.° 9341).
Sul problema della necessità o meno dell’intenzionalità della condotta le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente affermato che per essere valutata come antisindacale è sufficiente che la condotta del datore di lavoro abbia oggettivamente leso la libertà sindacale o il diritto di sciopero senza essere necessario uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro (Cfr. Cass., S.U. 12 giugno 1997, n.° 5295).

Attualità della condotta antisindacale
L’azione può essere intrapresa e sussiste ancora l’interesse ad agire anche dopo che sia trascorso un lungo periodo dall’inizio della condotta antisindacale, purché il comportamento illegittimo sia ancora in atto e ne permangano gli effetti lesivi all’atto della proposizione del ricorso (Cfr. Cass., 16 febbraio 1998, n.° 1600; Cass., 2 settembre 1996, n.° 8032; Cass., 9 febbraio 1991, n.° 1364; Cass., 8 maggio 1990, n.° 3780).
La necessità dell’attualità della condotta lesiva pone il problema, in relazione a tutti quei comportamenti che cessano istantaneamente nel momento in cui vengono posti in essere, dell’ammissibilità della cosiddetta “condanna in futuro” , quella che ordina al datore di lavoro di astenersi in futuro dal tenere lo stesso comportamento lesivo denunciato.
La giurisprudenza ritiene ammissibile l’emissione di un simile provvedimento ogniqualvolta le circostanze lascino presagire che il datore di lavoro possa ripetere i comportamenti lesivi che abbiano già cessato i loro effetti (Cass., 2 settembre 1996, n.° 8032; Cass., 20 novembre 1997, n.° 11573).

Legittimazione attiva
Sono legittimati ad agire gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse.
Sul requisito della dimensione nazionale sono sorte diverse questioni di legittimità costituzionale, con riferimento in particolare agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione.
La Corte costituzionale ha affermato che detto requisito dimensionale non è contrario alla Costituzione, precisando altresì che l’attribuzione della legittimazione ai sindacati nazionali risponde allo scopo di privilegiare quegli interessi collettivi che sono frutto di una sintesi operata da soggetti che rappresentano un largo strato di lavoratori (Cfr. sentt. n.° 334/1988 e 89/1995).
La Corte di Cassazione a sezioni unite ha stabilito che legittimati ad agire sono i sindacati provinciali di categoria in quanto rappresentano le articolazioni più periferiche del sindacato ed in quanto tali maggiormente vicine alle situazioni lavorative da tutelare (S.U., 17 marzo 1995, n.° 3105; Cass., 17 giugno 1998, n.° 6058).
Non sono legittimati gli organismi intermedi, ma solo quelli che si trovano per competenza territoriale in relazione immediata con l’impresa stessa e soltanto per la tutela di quei diritti che risultano lesi nei luoghi di lavoro da parte dei datori di lavoro e non per una tutela delle associazioni sindacali nazionali.
Sono altresì esclusi i sindacati che non hanno nel proprio statuto un carattere nazionale, le RSA in quanto risultano essere forme spontanee di aggregazione dei lavoratori di una unità produttiva.
E’ ammissibile l’intervento nel procedimento del lavoratore che abbia interesse, in quanto si tratta di un intervento che va ad aggiungersi all’azione del sindacato senza ampliare l’oggetto del procedimento.

Legittimazione passiva
Il solo datore di lavoro è legittimato passivo all’azione ex art. 28, legge n.° 300/1970 inteso estensivamente per ricomprendere tutti quei soggetti che si trovano in una posizione tale all’interno dell’azienda da porre in essere comportamenti antisindacali.
Devono invece considerarsi escluse le associazioni imprenditoriali.
Si considerano ricomprese anche le cooperative di produzione e lavoro e le società per azioni in liquidazione.

Giudice competente
E’ competente il tribunale in composizione monocratica del luogo ove è stato posto in essere il comportamento antisindacale del datore di lavoro, non rileva pertanto, ai fini dell’individuazione del giudice competente, il luogo in cui è stata deliberata la condotta antisindacale, né quello, diverso, in cui si sono prodotti gli effetti (Cfr. Cass., 24 giugno 2000, n.° 8647).

Il procedimento
E’ caratterizzato dalla celerità e dall’informalità in quanto si basa su “sommarie informazioni” e non su prove ritualmente assunte.
All’esito del procedimento il giudice emette decreto motivato ed immediatamente esecutivo con il quale si ordina la cessazione della condotta antisindacale e la rimozione degli effetti della stessa.
Entro quindici giorni dalla comunicazione dello stesso alle parti, la parte soccombente può proporre opposizione di fronte allo stesso tribunale.
Il giudizio di opposizione così instaurato segue le regole dettate dagli artt. 414 e segg. c.p.c per il processo del lavoro e si conclude con sentenza immediatamente esecutiva.
L’inottemperanza del datore di lavoro al decreto o alla sentenza che condannano lo stesso alla cessazione e rimozione degli effetti della condotta antisindacale configura il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità ed è punito ai sensi dell’art. 650 c.p.
La sentenza penale di condanna viene pubblicata ai sensi dell’art. 36 c.p.

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martedì 27 gennaio 2009

Cassa Edile

Iscrizione

Le imprese del settore edile e affini, industriali e non, che effettuano lavori rientranti nell’ambito di applicazione dei CCNL del settore edile ed aventi alle proprie dipendenze sia operai che apprendisti, sono tenute ad iscriversi presso la Cassa edile.
In genere le imprese dopo aver comunicato l’inizio dell’attività, riceveranno una scheda anagrafica di iscrizione che dovrà essere compilata in ogni sua parte, sottoscritta dal titolare o dal legale rappresentante e trasmessa alla Cassa edile.
La Cassa dopo aver ricevuto detta scheda di iscrizione assegnerà un “numero di posizione” e sulla base di quanto dichiarato nella scheda, l’impresa sarà classificata e le verrà attribuita l’aliquota contributiva dovuta.
L’assegnazione del numero di posizione e l’attribuzione dell’aliquota contributiva verranno rispettivamente comunicate all’impresa con contestuale invio della modulistica necessaria.
Si precisa che qualora l’impresa desideri che la modulistica venga inviata al recapito del proprio studio di consulenza, potrà inoltrare richiesta alla Cassa stessa che provvederà a far pervenire direttamente al consulente dell’azienda la documentazione necessaria.
Con l’iscrizione alla Cassa Edile, le imprese ed i lavoratori sono vincolati al rispetto del CCNL, degli accordi locali, adottati a norma del contratto stesso, dello Statuto e del Regolamento della Cassa, impegnandosi ad osservarli integralmente.
Mediante, infatti, l’iscrizione alle Casse i lavoratori e le imprese aderiscono alla politica contrattuale delle organizzazioni rispettivamente dei lavoratori e dei datori di lavoro firmatarie dei CCNL avendo l’obbligo di versare delle quote di adesione contrattuale.
La Cassa Edile, secondo le modalità stabilite a livello locale, raccoglierà dai datori di lavoro e dai lavoratori che si avvalgono del servizio e delle prestazioni della stessa, una dichiarazione scritta di adesione al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, agli accordi locali adottati a norma del contratto medesimo ed allo Statuto ed al Regolamento della Cassa stessa, con formale impegno di osservare integralmente gli obblighi ed oneri da essi derivanti.

Con l'iscrizione alla Cassa Edile i lavoratori e le imprese sono vincolati al versamento delle quote di adesione contrattuale il cui importo a carico degli operai è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione di ogni singolo periodo di paga ed è versato, unitamente all'importo a proprio carico, alla Cassa Edile con la periodicità e le modalità previste per i versamento contributivi dovuti alle Casse.
Il gettito della quota nazionale di adesione contrattuale riscosso a carico dei datori di lavoro sarà attribuito all'ANCE; il gettito della quota nazionale di adesione contrattuale riscosso a carico dei lavoratori sarà attribuito alle Federazioni nazionali dei lavoratori.

Val la pena di citare alcune disposizioni legislative, al fine di comprendere l’importanza che assume l’iscrizione dei lavoratori operanti nel settore edile, alla relativa Cassa.

L’appaltatore di opere pubbliche (art. 36 della legge 300/70) sarà tenuto ad applicare nei confronti dei propri dipendenti "condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona", laddove per condizioni si intendono non solo quelle economiche, ma tutte quelle prestazioni aggiuntive che solo l’iscrizione dell’impresa alla Cassa Edile può garantire agli operai.

La Legge Antimafia (art. 18 comma 7, Legge n. 55/1990) dispone che chi esegue le opere pubbliche deve:

- osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai CCNL;
- trasmettere all’ente committente, prima dell’inizio dei lavori, la documentazione della denuncia agli enti previdenziali inclusa la Cassa Edile;
- trasmettere periodicamente all’ente committente copia dei versamenti agli enti previdenziali, nonché di quelli dovuti agli organismi paritetici previsti dalla contrattazione collettiva, cioè le Casse Edili.

La documentazione di avvenuta denuncia agli enti previdenziali, compresa la Cassa Edile, dovrà essere presentata prima dell’inizio dei lavori e la trasmissione delle copie dei versamenti dovuti agli organismi paritetici previsti dalla contrattazione collettiva dovrà essere effettuata con cadenza quadrimestrale (art. 9 DPCM n. 55/1991).

Il committente, sarà tenuto a chiedere alle imprese esecutrici dei lavori, l’indicazione dei CCNL applicati ai lavoratori dipendenti ed una dichiarazione in merito al rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali previsti dalle leggi e dalla contrattazione collettiva e quindi anche l’iscrizione alla Cassa Edile (D.Lgs 81/2008).
Qualora le aziende edili aderiscano agli organismi paritetici territoriali e siano in regola con le norme relative alla sicurezza sul lavoro ed il versamento dei premi assicurativi, almeno nel biennio precedente l’anno di applicazione della stessa agevolazione, verrà concessa loro una riduzione del 10% del premio dovuto in base alle tariffe I.N.A.I.L. (DM del 7/5/1997).

Si precisa che gran parte degli accantonamenti e dei versamenti contributivi che le imprese sono tenute ad effettuare alle Casse Edili vanno a copertura degli istituti contrattuali e delle prestazioni (ferie, gratifica natalizia, anzianità, malattia e infortunio, indumenti da lavoro e calzature di sicurezza) o consentono loro di fruire a condizioni agevolate dei servizi erogati dagli altri Enti paritetici (scuole e comitati antinfortunistici territoriali).

L'iscrizione cessa per i seguenti motivi:

- decesso dell'iscritto;
- cessazione definitiva dell'attività lavorativa dell'iscritto;
- cessazione dell'attività della Cassa;
- trasferimento dell'iscritto alle dipendenze di un datore di lavoro esercente attività diversa;
- espatrio dell'iscritto.

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lunedì 26 gennaio 2009

Denuncia dei fabbricati inagibili

Fabbricati inagibili

In caso di inagibilità di un fabbricato per accertato degrado fisico (ad esempio fabbricato diroccato, pericolante o fatiscente) o per obsolescenza funzionale, strutturale o tecnologica non superabile con interventi di manutenzione, è possibile inoltrare, entro il 30 giorni dal verificarsi delle variazioni, all'Ufficio del Territorio competente una denuncia per la richiesta di attribuzione di una nuova rendita catastale.

Come e quando effettuare la denuncia
Come accennato, in alcuni casi è possibile farsi attribuire una nuova rendita catastale che tenga conto di particolari situazioni in cui l’immobile viene a trovarsi e che, di fatto, ne impediscono un adeguato utilizzo.
In particolare è possibile presentare una apposita denuncia per accertare l’inagibilità dell'immobile:

* per degrado fisico (diroccati, pericolanti o fatiscenti);
* per obsolescenza funzionale, strutturale o tecnologica non superabile con interventi di manutenzione.

Ciò, infatti, permette al contribuente di farsi attribuire una nuova rendita catastale che tenga conto di tale stato dell’immobile.
In attesa di attribuzione di rendita, è possibile dichiarare una rendita presunta.
Come anticipato, la denuncia va inoltrata entro 30 giorni dal verificarsi delle variazioni, con validità per l’anno in corso e per quelli successivi.
Si ricorda che se il contribuente non ha posto in essere la suddetta procedura, deve dichiarare il reddito del fabbricato secondo i criteri ordinari.
Dal punto di vista operativo, la denuncia va redatta utilizzando la procedura “DOCFA” (Documenti Catasto Fabbricati) disponibile sul sito Internet dell’Agenzia del territorio.
DOCFA è un prodotto informatico di ausilio ai tecnici professionisti quali geometri, architetti, ingegneri, ecc., per la compilazione e presentazione agli uffici tecnici erariali del modello di "Accertamento della Proprietà Immobiliare Urbana".
Con tale modello si possono presentare al Catasto:

* dichiarazioni di fabbricato urbano o nuova costruzione (accatastamento);
* denunce di variazione;
* denunce di unità afferenti ad enti urbani.
(fonte agenzia delle entrate)

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Variazione redditi terreni (scade 02/02/2009)

Denuncia variazioni redditi dei terreni

In caso di variazione del reddito dominicale ed agrario dei terreni occorre procedere alla revisione del classamento dei terreni cui si riferiscono.

Le variazioni possono essere in aumento o in diminuzione.

Le variazioni in aumento devono essere denunciate entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti modificativi e hanno effetto da tale anno.
Le variazioni in diminuzione, se denunciate entro il 31 gennaio dell'anno successivo hanno effetto dall'anno in cui si sono verificati i fatti modificativi, se, invece la denuncia è presentata successivamente, hanno effetto dall'anno in cui la stessa è stata presentata.

Per il 2009, le scadenze di cui sopra sono prorogate al 2 febbraio in quanto il 31 gennaio cade di sabato.

* Come si determina il reddito dei terreni
* Le variazioni del reddito
* Come e quando denunciare le variazioni
* Le sanzioni

1. Come si determina il reddito dei terreni

Ai fini Irpef, i terreni che sono o devono essere iscritti in catasto producono reddito fondiario e sono dotati di apposita rendita.

Il reddito dei terreni si distingue in:

* reddito dominicale;
* reddito agrario.

Il reddito dominicale è attribuito al titolare per il solo fatto che questi è proprietario del terreno ed è costituito dalla parte del reddito medio ordinario del terreno adibito ad attività agricole, destinato alla proprietà.

Il reddito dominicale viene determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo in funzione della qualità e classe del terreno.

Il reddito agrario invece è quello riferibile all'esercizio di attività agricole poste in essere sul fondo impiegando capitale e lavoro.

2. Le variazioni del reddito
Se non vi è corrispondenza tra coltura praticata sul terreno e coltura risultante dal catasto, è necessario comunicare la variazione intervenuta.

Le variazioni possono essere:

* in aumento quando si sostituisce una coltura risultante dal catasto con una di maggior reddito;
* in diminuzione quando si introduce una coltura di minor reddito o anche nel caso in cui si ha una diminuzione della capacità produttiva del terreno per cause di forza maggiore (naturale esaurimento, eventi fitopatologici o entomologici, ecc.).

Non si tiene conto delle variazioni intenzionali o transitorie.

3. Come e quando denunciare le variazioni
Come accennato, i termini per la presentazione delle denunce di variazione differiscono ed esplicano effetti diversi a seconda che si tratti di variazioni in aumento o in diminuzione.

In particolare:

* in caso di variazione in aumento, la denuncia deve essere presentata entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti modificativi e hanno effetto da tale anno;
* in caso di variazioni in diminuzione se la denuncia è stata presentata entro il 31 gennaio dell'anno successivo, hanno effetto dall'anno in cui si sono verificati i fatti modificativi; se presentata successivamente, dall'anno in cui la stessa è stata presentata.

N.B. Per il 2009, le scadenze di cui sopra sono prorogate al 2 febbraio in quanto il 31 gennaio cade di sabato

La denuncia va presentata all'Ufficio del Territorio competente, indicando la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono, con dimostrazione grafica del frazionamento, qualora le variazioni interessino porzioni di particelle.

Se il terreno è concesso in affitto per uso agricolo, la denuncia può essere presentata direttamente dall'affittuario.

4. Le sanzioni
L'omessa denuncia delle situazioni che danno luogo a variazione in aumento del reddito dominicale comporta una sanzione da euro 258 a euro 2.065.
(fonte agenzia entrate)

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sabato 24 gennaio 2009

IVA - Comunicazione dei dati annuali (scade 28/02/2009)

Adempimento

(Articolo 8-bis, DPR n. 322/98)

Ai sensi dell'articolo 8-bis del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, introdotto dall'articolo 9 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, entro il mese di febbraio di ciascun anno i soggetti passivi devono presentare la “Comunicazione dati IVA” relativa alle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta riferite all’anno solare precedente.
La comunicazione è presentata esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite gli intermediari di cui all'articolo 3, commi 2-bis e 3 del DPR n. 322/98.

Soggetti esonerati

Sono esonerati dall’obbligo:

- i contribuenti che per l'anno solare precedente hanno registrato esclusivamente operazioni esenti, salvo che abbiano registrato operazioni intracomunitarie;
- i contribuenti esonerati ai sensi di specifiche disposizioni normative dall'obbligo di presentazione della dichiarazione IVA annuale;
- i soggetti di cui all'articolo 88 del testo unico delle imposte sui redditi;
- i soggetti sottoposti a procedure concorsuali;
- le persone fisiche che hanno realizzato nel periodo di riferimento un volume d'affari inferiore o uguale a euro 25.822,84

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Comunicazione dell’opzione IRAP (scade 02/03/2009)

Adempimento
( art. 5-bis, DLgs. N. 446/97; Provvedimento 31/3/2008; Provvedimento 29/5/2008 )

L’articolo 1, comma 50, lettera b), della Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) ha inserito l’articolo 5-bis del D.Lgs. n. 446/97, concernente la determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP per le società di persone e le imprese individuali.
Il comma 2, del suddetto articolo 5-bis, prevede per le società di persone e le imprese individuali, in regime di contabilità ordinaria, la facoltà di optare per la determinazione del valore della produzione netta secondo le regole dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 446/97, che attiene alla determinazione del valore della produzione netta delle società di capitali e degli enti commerciali.

Soggetti interessati
La comunicazione dell’opzione IRAP per la determinazione del valore della produzione netta secondo le regole previste per società di capitali ed enti commerciali può essere presentata dai seguenti soggetti in regime di contabilità ordinaria:

a) le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all’art. 55 del DPR n. 917/86 (TUIR);
b) le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell’art. 5, co. 3, del Tuir.

Modalità e termini
L’opzione IRAP deve essere comunicata utilizzando il modello approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 31 marzo 2008, pubblicato il 31/03/08 sul sito dell’Agenzia ai sensi dell'art. 1, comma 361, della Legge n. 244/2007.
La comunicazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati, entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta in cui si esercita l’opzione, ovvero la revoca dell’opzione precedemente comunicata (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare entro il 1° marzo).
L’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio.
In caso di revoca, invece, il valore della produzione netta deve essere determinato secondo le regole del comma 1, dell’articolo 5-bis, del D.Lgs. n. 446/97 per almeno tre periodi d’imposta, al termine del quale la revoca si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio salvo l’esercizio dell’opzione.

Per il periodo d’imposta 2008 la comunicazione deve essere trasmessa entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento di approvazione del modello di comunicazione, cioè entro il 30 maggio 2008.
Con provvedimento del 29 maggio 2008, limitatamente al periodo d’imposta 2008, l’Agenzia delle Entrate ha disposto la proroga del termine per la presentazione della comunicazione dell’opzione IRAP al 31 ottobre 2008.

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venerdì 23 gennaio 2009

Autoliquidazione Inail (scade 16/02/2009)

Autoliquidazione premi e contributi associativi

Con l'autoliquidazione del premio, il datore di lavoro, entro il 16 febbraio di ogni anno:
dichiara le retribuzioni pagate nell'anno precedente;
calcola il premio anticipato sulle retribuzioni corrisposte l'anno precedente, detraendo eventuali agevolazioni contributive;
paga la somma dovuta all'INAIL, data dal premio anticipato e dall'eventuale conguaglio relativo all'anno precedente, in unica soluzione oppure in forma rateale, utilizzando il "Modello di pagamento unificato - F24", che consente di compensare direttamente debiti e/o crediti nei confronti di più enti pubblici.

Per agevolare queste operazioni, l'INAIL mette a disposizione sul suo sito Internet (www.inail.it, sezione Punto Cliente), i seguenti servizi informatici:
Servizio di visualizzazione e stampa delle basi di calcolo.
Servizio di richiesta e ricezione delle basi di calcolo in formato elettronico.
Servizio di "Invio telematico dichiarazione salari".
Servizio "AL.P.I. on line" (AutoLiquidazione Premi INAIL online), che consente, mediante collegamento diretto con il sito internet dell'INAIL, di calcolare i premi, compilare le denunce retributive ed inviarle in via telematica.
Le dichiarazioni delle retribuzioni possono essere presentate, in via telematica, entro il 16 marzo, ferma restando la scadenza dei pagamenti al 16 febbraio.

Rateazione del premio da autoliquidazione (L. 449/97 Art. 59, c. 19 e L. 144/99 Art. 55, c. 5)
Il pagamento di quanto complessivamente dovuto a titolo di autoliquidazione può essere effettuato in quattro rate trimestrali con applicazione di interessi. Il datore di lavoro deve manifestare la volontà di avvalersi del beneficio della rateazione, barrando la relativa casella SI presente nel modulo solo se accede per la prima volta a tale beneficio e comunque se non ha già espresso tale volontà nella precedente Autoliquidazione. Il datore di lavoro che non intende più pagare ratealmente deve esprimere tale volontà entro lo stesso termine di pagamento dell'autoliquidazione (v. modello di revoca a pag. 21). Il pagamento della prima rata dovrà essere effettuato entro il 16 febbraio 2009 versando il 25% dell'importo complessivamente dovuto comprensivo di ANMIL. Le rate successive alla prima devono essere versate entro il giorno 16 dei mesi di maggio, agosto e novembre 2009 e devono essere maggiorate degli interessi. Il tasso di interesse da applicare è fissato dal Ministero dell'Economia e Finanze in tempo utile per il versamento della 2°, 3° e 4° rata ed è determinato in misura pari al tasso medio di interesse dei titoli del debito pubblico dell'anno precedente (v. http://www.debitopubblico.it/ - voce principali tassi di interesse - tasso medio di interesse dei titoli di Stato).

Compensazioni
Qualora si intenda compensare quanto dovuto per autoliquidazione con un credito preesistente, si devono compilare due righe della sezione Inail del modello F24 indicando, nella prima, il progressivo dell'autoliquidazione e il relativo importo nel campo "importi a debito versati", nella seconda il progressivo del credito e il relativo importo nel campo "importi a credito compensati". Per quanto riguarda i contributi associativi (riguardanti solamente le associazioni di categoria titolari di apposita convenzione), la compensazione è ammessa esclusivamente utilizzando un credito INAIL per premi ed accessori. Non è invece possibile utilizzare un credito relativo a contributi associativi per pagare un premio INAIL, né tanto meno effettuare compensazioni tra contributi associativi. Prima di effettuare qualsiasi compensazione, il datore di lavoro deve verificare presso la Sede Inail l'effettiva sussistenza del credito medesimo.

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Deducibilità IRAP

LA “MICRO DEDUCIBILITA’” DELL’IRAP: I PRIMI CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti sui criteri di deducibilità dell’Irap dalla base imponibile Irpef o Ires. L’intervento è avvenuto prima della conversione del decreto legge n. 185/2008. Infatti il testo ha “incassato” la fiducia della Camera ed ora la sua approvazione da parte del Senato, senza alcuna modifica, appare pressoché scontata
L’articolo 6 del decreto legge prevede, con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre del 2008, la deducibilità parziale dell’Irap nella misura forfetaria del 10 per cento. Tale quota forfetaria è riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi ed oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati, ovvero delle spese relative al personale dipendente ed assimilato al netto delle deduzioni spettanti.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, in occasione della teleconferenza del 17 gennaio scorso, che non spetta alcuna deduzione forfetaria dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi in totale assenza delle spese sostenute per lavoro dipendente e per oneri finanziari. Inoltre, per determinare la quota rimborsabile relativa agli anni pregressi, devono essere nuovamente determinate le imposte sui redditi gravanti virtualmente sulla medesima percentuale del 10 per cento.
Dalla prima lettura del testo normativo sembrava che il contribuente, per calcolare la quota deducibile, dovesse andare a verificare la composizione della propria base imponibile determinando la quota del tributo (Irap) che risultava dovuta in relazione ai costi del personale e degli interessi passivi, ma tale interpretazione aveva destato subito delle perplessità.
L’Agenzia delle Entrate ha scelto la soluzione più semplice, cioè fondata su l’applicazione di una semplice deduzione forfetaria con l’applicazione “secca” della percentuale del 10 per cento, senza che vi sia la necessità di calcolare un’Irap virtuale tenendo conto della quota di costo rappresentata dagli oneri finanziari e dal costo del personale.
L’INTERPRETAZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Irap 2008 X 10% = Quota deducibile ai fini Ires/Irpef


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giovedì 22 gennaio 2009

Libro Unico Lavoro (3 parte)

Elenchi riepilogativi mensili
E’ eliminato l'obbligo di riepilogo mensile delle retribuzioni (art.4, comma 1, DM 9 luglio 2008), mentre è attribuito al personale ispettivo, in occasione dell'accesso in azienda, il potere di richiedere ai datori di lavoro che occupino oltre dieci lavoratori oppure operino con più sedi stabili di lavoro di esibire appositi elenchi riepilogativi mensili riferiti:

- al personale occupato - anche in merito ai soggetti che risultano iscritti nel libro unico del lavoro senza percepire alcuna retribuzione o compenso o senza svolgere alcuna prestazione lavorativa - ;

- ai dati individuali relativi alle presenze, alle ferie e ai tempi di lavoro e di riposo, aggiornati all'ultimo periodo di registrazione sul libro unico del lavoro, anche suddivisi per ciascuna sede di lavoro.

Ai fini del calcolo dei lavoratori (art.5, comma 2, DM 9 luglio 2008) si devono computare:
- i lavoratori subordinati, a prescindere dall'effettivo orario di lavoro svolto;
- i collaboratori coordinati e continuativi;
- gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.
iscritti sul libro unico del lavoro e risultino ancora in forza al momento della commissione dell'illecito, nonché:
- i lavoratori occupati "in nero" nel periodo di riferimento, il cui rapporto di lavoro sia riconducibile ad una delle tipologie contrattuali iscrivibili nel libro unico del lavoro.

Il personale ispettivo ha altresì la facoltà di richiedere gli elenchi riepilogativi mensili relativi ai cinque anni che precedono l'inizio dell'accertamento, dovendo però aver cura di verificare, caso per caso, la materiale possibilità di realizzazione e di esibizione degli stessi da parte del datore di lavoro, del consulente del lavoro o del servizio o centro di assistenza della associazione di categoria (art.4, comma 2, DM 9 luglio 2008).
L'omessa esibizione dei suddetti elenchi riepilogativi mensili non è soggetta a sanzione pecuniaria amministrativa.

Obbligo di conservazione
Il datore di lavoro ovvero il consulente del lavoro, i professionisti autorizzati o i servizi e centri di assistenza delle associazioni di categoria che detengono il libro hanno l'obbligo di conservare il libro unico del lavoro per la durata di cinque anni dalla data dell'ultima registrazione e di custodirlo nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (art.6, comma 1, DM 9 luglio 2008).

E’ peraltro, estende il medesimo termine di conservazione, per la durata di cinque anni dalla ultima registrazione, ai libri obbligatori in materia di lavoro dismessi in seguito all'entrata in vigore della semplificazione di cui al Decreto Legge n. 112 del 2008 (art.6, comma 2, DM 9 luglio 2008).
La mancata conservazione del libro unico, ma anche dei libri preesistenti ora dismessi, per il periodo indicato è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da euro 100 a euro 600 (art.39, comma 7, D.L. n. 112/2008).
La diffida obbligatoria è inapplicabile, in ragione della insanabilità della inosservanza.

Regime transitorio e coordinamento normativo
E’ previsto (art.7, comma 1, DM 9 luglio 2008), in via transitoria, che fino al periodo di paga relativo al mese di dicembre 2008 - fino al 16 gennaio 2009 - i datori di lavoro possono adempiere agli obblighi di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro, mediante la corretta e regolare tenuta del libro paga, nelle sue sezioni paga e presenze o del registro dei lavoranti e del libretto personale di controllo per i lavoranti a domicilio, preventivamente vidimati e debitamente compilati e aggiornati.
Conseguentemente, le sedi Inail sono tenute a vidimare i libri paga fino alla data sopra individuata (Nota Inail del 02 settembre 2008, n. 6901).
Resta inteso che i documenti menzionati sono assoggettati agli obblighi di tenuta, compilazione ed esibizione di cui all'articolo 39 del Decreto Legge n. 112 del 2008 e, in caso di violazione, il regime sanzionatorio applicabile sarà solo quello contemplato dalla medesima disposizione normativa.
Il libro matricola e il registro d'impresa s'intendono immediatamente abrogati a far data dal 18 agosto 2008 (comma 3 articolo 7, DM 9/7/2008).
Va infine rilevato che molte disposizioni normative, soprattutto in campo fiscale e previdenziale, fanno riferimento agli aboliti libri di matricola e di paga (si pensi, a titolo di esempio, all'articolo 21 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). In tal senso (art. 7, comma 2, DM 9 luglio 2008) dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto tutte le disposizioni normative ancora vigenti che fanno richiamo ai libri obbligatori di lavoro o ai libri di matricola e di paga, devono intendersi riferite al libro unico del lavoro, per quanto compatibile.
Si precisa che durante il periodo transitorio (dal 18 agosto 2008 al periodo di paga relativo al mese di dicembre 2008) i datori di lavoro che adempiono agli obblighi di istituzione e tenuta del Libro unico del lavoro attraverso la tenuta del libro paga, nelle due sezioni paga e presenze, possono continuare a tenere detto libro anche in forma manuale, nel rispetto delle nuove disposizioni intervenute in tema di tenuta, conservazione ed esibizione (Nota Inail del 19 settembre 2008, n. 7357).

Regime sanzionatorio

Obbligo di istituzione e tenuta
A seguito della introduzione della comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, il libro unico del lavoro non soccorre più a esigenze di contrasto al lavoro sommerso, ma consente agli organi ispettivi l'analisi approfondita e specifica della regolarità di gestione dei rapporti di lavoro con riguardo ai profili retributivi, assicurativi, previdenziali e fiscali, agli aspetti sostanziali di inquadramento contrattuale e professionale, di corretto sviluppo dell'orario di lavoro e dei tempi di riposo, della fruizione di ferie e permessi, della esatta valorizzazione e gestione delle assenze tutelate (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).
In merito alla violazione dell'obbligo di tenuta la condotta sanzionabile riguarda esclusivamente le irregolarità riscontrate riguardo alla adozione di una delle modalità di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale 9 luglio 2008.
La sanzione pecuniaria amministrativa per la violazione dell'obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro è ora stabilita dall'articolo 39, comma 6, del D.L. n. 112/2008 nell'importo da 500 a 2.500 euro.
La condotta illecita specificamente sanzionata riguarda le ipotesi in cui il datore di lavoro:
- sia sprovvisto del libro unico del lavoro;
- utilizzi un libro unico del lavoro senza rispettare uno dei sistemi di tenuta previsti (art.1 DM 9 luglio 2008).
E’ inoltre applicabile la diffida obbligatoria (art.13 D.Lgs n. 124 del 23 aprile 2004), trattandosi di inosservanza sanabile, perché materialmente realizzabile (Circolare Ministeriale del 23 marzo 2006, n. 9).
Il datore di lavoro che ottemperi si troverà ammesso a pagare la sanzione minima pari a euro 500.

Obblighi di registrazioni
Il datore di lavoro non può essere punito per gli errori di carattere meramente materiale e formale e per le omesse registrazioni che non incidono sui trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).
Sono oggetto di sanzione le omesse e le infedeli registrazioni che direttamente comportano un disvalore ai fini retributivi, previdenziali (contributivi e assicurativi) o fiscali relativamente al singolo rapporto di lavoro, ovvero un occultamento ai fini legali: si tratta di due distinte ipotesi di violazione, una di tipo omissivo (i dati non sono stati registrati), una di tipo commissivo (i dati sono registrati in modo non corrispondente al vero).
A integrare la condotta concorre l'omissione o l'infedeltà nella registrazione di uno qualsiasi dei dati che incida direttamnte sugli aspetti legati alla retribuzione o al trattamento fiscale o previdenziale del rapporto di lavoro, senza che la violazione possa ritenersi realizzata per ciascun dato omesso o infedelmente trascritto.
Non sono condotte punibili le ipotesi in cui, per incertezze interpretative su modifiche legislative, amministrative o contrattuali ovvero per ritardi nella diffusione del testo di un rinnovo contrattuale o ancora per la difficoltà di individuare correttamente la natura delle prestazioni di lavoro rese (ad esempio con riguardo agli straordinari giornalieri e settimanali), il datore di lavoro non abbia aggiornato i dati retributivi nel mese di decorrenza o di riferimento.
La sanzione pecuniaria amministrativa si distingue in base alla gravità della condotta, sulla scorta del numero dei lavoratori interessati dalle omesse o infedeli registrazioni sostanziali (art.39, comma 7, DL 112/2008):
- fino a dieci lavoratori l'importo della sanzione va da 150 a 1.500 euro;
- da undici lavoratori in su la sanzione va da 500 a 3.000 euro.
Ai fini del calcolo dei lavoratori (art.5, comma 2, DM 9 luglio 2008) si devono computare:
- i lavoratori subordinati, a prescindere dall'effettivo orario di lavoro svolto;
- i collaboratori coordinati e continuativi;
- gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.
iscritti sul libro unico del lavoro e risultino ancora in forza al momento della commissione dell'illecito, nonché:

- i lavoratori occupati "in nero" nel periodo di riferimento, il cui rapporto di lavoro sia riconducibile ad una delle tipologie contrattuali iscrivibili nel libro unico del lavoro.

La diffida obbligatoria è applicabile nei casi di omissione, trattandosi di inosservanza sanabile, in quanto le registrazioni omesse sono materialmente realizzabili (il datore di lavoro che ottempera è ammesso a pagare la sanzione minima pari a euro 150, fino a dieci lavoratori e a euro 500, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori).
Non così nei casi di infedele registrazione, trattandosi di condotta di tipo commissivo.

Limiti temporali
Le scritturazioni obbligatorie sul libro unico del lavoro (art.39, comma 1, 2 e 3, Decreto Legge n. 112 del 2008) devono avvenire "per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo".
Si ritengono non tardive, e quindi non sanzionabili, le scritturazioni effettuate con riferimento al termine di versamento mensile, in tutti i casi in cui lo stesso sia proposto per la particolare ricorrenza del giorno di scadenza (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).
E’ in ogni caso fatta salva la facoltà, per le aziende che hanno in uso una retribuzione "sfasata", di seguitare a valorizzare le presenze nel mese successivo, evitando qualsiasi complicazione: la registrazione dei dati variabili delle retribuzioni può avvenire, infatti, con un differimento non superiore ad un mese, a condizione che di ciò sia data precisa annotazione sul libro unico del lavoro. Al riguardo, si precisa, tuttavia, che possono essere oggetto di registrazione differita i soli dati variabili retributivi, permanendo l'obbligo di annotare sul libro unico del lavoro - per ciascun periodo entro il giorno 16 del mese successivo - le presenze del periodo di riferimento.
La sanzione pecuniaria amministrativa (art.39, comma 7, D.L. n. 112 del 2008) è differenziata in ragione della gravità della condotta, in base al numero dei lavoratori interessati:
- fino a dieci lavoratori l'importo della sanzione va da 100 a 600 euro;
- da undici lavoratori in su la sanzione va da 150 a 1.500 euro.
La diffida obbligatoria è applicabile in tutti i casi di tardiva registrazione, nella forma della cd. "diffida ora per allora", trattandosi di inosservanza sanabile, poiché le registrazioni, seppure in ritardo, sono state materialmente effettuate e l'interesse previsto dalla norma è stato recuperato (il datore di lavoro è ammesso a pagare la sanzione pecuniaria minima pari a euro 100, fino a dieci lavoratori, e a euro 150, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori).
Ai fini del calcolo dei lavoratori (art.5, comma 2, DM 9 luglio 2008) si devono computare:
- i lavoratori subordinati, a prescindere dall'effettivo orario di lavoro svolto;
- i collaboratori coordinati e continuativi
- gli associati in partecipazione con apporto lavorativo
iscritti sul libro unico del lavoro e risultino ancora in forza al momento della commissione dell'illecito, nonché:
- i lavoratori occupati "in nero" nel periodo di riferimento, il cui rapporto di lavoro sia riconducibile ad una delle tipologie contrattuali iscrivibili nel libro unico del lavoro (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).

Obbligo di esibizione
Gli ispettori all'atto dell'accesso ispettivo in azienda, o in una delle sedi della azienda, dovranno richiedere l'esibizione del libro unico aggiornato fino al mese precedente (se l'ispezione avviene dopo il 16 del mese) ovvero fino a due mesi precedenti (se l'ispezione avviene prima del 16 del mese) nonché verificare la corretta instaurazione dei rapporti di lavoro dei lavoratori presenti in azienda all'atto dell'accesso ispettivo, mediante l'esame delle comunicazioni obbligatorie preventive di instaurazione.
L'obbligo di esibizione grava sia sul datore di lavoro che sul consulente del lavoro o su uno dei professionisti parimenti autorizzati, ovvero sul servizio o centro di assistenza della associazione di categoria (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008):

- il datore di lavoro
Il datore di lavoro soggetto all'obbligo di istituzione del libro unico del lavoro, che lo detenga nella sede legale, è altresì obbligato alla "esibizione agli organi di vigilanza" (art.39, comma 6, D.L. n. 112 del 2008).
Il libro unico del lavoro deve essere esibito tempestivamente dal datore di lavoro agli organi di vigilanza nel luogo in cui si esegue il lavoro, solo quando si tratta di sede stabile di lavoro, prevedendo che l'esibizione possa avvenire anche a mezzo fax o posta elettronica (art.3, comma 2, DM 9 luglio 2008).
Al fine di individuare la sede stabile (in merito, chiaramente, alle solo aziende multilocalizzate) si applica il criterio definitorio di cui all'art.5, comma 1, del DM 9 luglio 2008, in base al quale deve considerarsi "sede stabile di lavoro" soltanto quella articolazione autonoma della impresa, stabilmente organizzata, che si presenta idonea ad espletare, in tutto o in parte, l'attività aziendale e risulta dotata degli strumenti necessari, anche con riguardo alla presenza di uffici amministrativi.
Nell’ipotesi in cui l’ispezione del lavoro riguardi attività mobili o itineranti, le cui procedure operative comportino lo svolgimento delle prestazioni lavorative presso più luoghi di lavoro nell'ambito della stessa giornata o sono caratterizzate dalla mobilità dei lavoratori sul territorio, il personale ispettivo procederà a formulare espressamente la richiesta di esibizione del libro unico del lavoro, in apposito "verbale di primo accesso ispettivo" che diviene prassi necessaria e indispensabile per qualsiasi funzionario accertatore, a garanzia del corretto andamento del procedimento ispettivo.
La sanzione pecuniaria amministrativa (articolo 39, comma 6, DL n. 112 del 2008), è fissata nell'importo da 200 a 2.000 euro. L'inosservanza non è ammessa alla procedura di diffida obbligatoria, trattandosi di condotta commissiva, materialmente insanabile.

- il consulente del lavoro
E’ confermata la facoltà per il datore di lavoro di affidare la tenuta del libro unico direttamente al consulente del lavoro o ad uno degli altri professionisti (art.1 comma 1, Legge n. 12/1979), ribadendo l'onere per il datore di lavoro di comunicare preventivamente alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio il nome, le generalità e l'indirizzo del professionista cui ha conferito l'incarico di tenuta e cura del libro unico del lavoro (e dell'altra documentazione di lavoro) (art.40, comma 1 D.L. n. 112/2008).
Il consulente del lavoro e gli altri professionisti sono sanzionabili per non aver esibito e portato in visione il libro unico del lavoro, conservato e tenuto presso il proprio studio, solo qualora sia decorsi 15 giorni dalla richiesta espressamente formulata nel "verbale di primo accesso ispettivo" (art.3, comma 3, D.M. 9 luglio 2008), senza opporre un "giustificato motivo" ostativo o impeditivo.
In caso di prima violazione il professionista che non ottempera all'ordine di esibizione impartito dall'organo di vigilanza va incontro alla sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 1.000 euro (la diffida obbligatoria non trova applicazione, in quanto trattasi di condotta commissiva).
Peraltro, nel caso in cui il professionista risulti recidivo (art.8 bis, Legge n. 689/1981), ferma restando l'irrogazione della sanzione pecuniaria amministrativa, il funzionario accertatore che contesta la violazione deve darne tempestivamente comunicazione al Consiglio provinciale dell'Ordine professionale di appartenenza del trasgressore, per l'adozione di eventuali provvedimenti disciplinari.

- le associazioni di categoria
I servizi e i centri di assistenza delle associazioni di categoria delle imprese artigiane e delle altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, possono tenere presso i loro uffici il libro unico del lavoro.
Si ritiene che anche per l'affidamento del libro ai servizi e ai centri di assistenza delle associazioni di categoria, i datori di lavoro interessati devono provvedere alla preventiva comunicazione scritta alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, con riferimento alle generalità del soggetto al quale è stato affidato l'incarico, nonché al luogo dove il libro unico è materialmente reperibile.
Sul piano sanzionatorio, il legislatore prevede una sanzione pecuniaria amministrativa differenziata in base alla gravità della condotta tenuta.
A fronte di una prima e isolata inosservanza, sempreché siano decorsi 15 giorni dalla richiesta espressamente formulata nel "verbale di primo accesso ispettivo" (art. 3, comma 3, DM 9 luglio 2008), e non sia stato apposto un "giustificato motivo" ostativo o impeditivo, le associazioni di categoria sono tenute alla sanzione da 250 a 2.000 euro. In caso di recidiva nella violazione dell'obbligo di esibizione la sanzione pecuniaria va da 500 a 3.000 euro. La diffida obbligatoria non può applicarsi, trattandosi di condotta commissiva.

Accertamenti ispettivi e procedura sanzionatoria
Sono competenti a constatare e contestare gli illeciti amministrativi relativi agli obblighi di istituzione, tenuta, registrazione, esibizione e conservazione del libro unico del lavoro, nonché alla conseguente irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative previste, tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza (articolo 39 D.L. n. 112/2008).
Il libro unico del lavoro può pertanto essere verificato dagli ispettori delle Direzioni provinciali e regionali del lavoro, degli Ispettori regionali del lavoro della Sicilia e dei servizi ispettivi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, ma anche dai funzionari ispettivi degli Istituti ed Enti previdenziali ed assicurativi.
Peraltro, in caso di mancata estinzione delle violazioni mediante pagamento delle sanzioni in misura ridotta l'autorità competente a ricevere il rapporto è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.

Le norme abrogate
Il libro matricola ed il registro d'impresa s'intendono immediatamente abrogati pertanto non è più obbligatorio l’aggiornamento dei libri esistenti, né la costituzione di nuovi in casi di avvio di nuove attività (Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15, punto 19).
Dal 25 giugno 2008 devono intendersi abrogate le seguenti disposizioni relative ad adempimenti, registrazioni, formalizzazioni relative al rapporto di lavoro:
a) l'articolo 134 del regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422 - obbligo di istituzione di libro paga e matricola;
b) l'articolo 7 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 - obbligo di tenuta libro paga e matricola per i datori di lavoro di giornalisti professionisti assicurati presso INPGI;
c) gli articoli 39 e 41 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 - registrazioni su libri paga e matricola di una serie di dati;
d) il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1963, n. 2053 - norme di riordino relative ai lavoratori dello spettacolo;
e) gli articoli 20, 21, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 - modalità di tenuta dei libri obbligatori del lavoro;
f) l'articolo 42 della legge 30 aprile 1969, n. 153 - obblighi temporali di tenuta dei libri paga e matricola;
g) la legge 8 gennaio 1979, n. 8 - obblighi relativi all’impiego di personale tecnico e artistico nel settore dello spettacolo;
h) il decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1981, n.179 - norme su collocamento dello spettacolo ;
i) l'articolo 9-quater del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito con modificazioni nella legge 28 novembre 1996, n. 608 - obblighi circa il registro d’impresa agricolo;
j) il comma 1178 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - obblighi, modalità e sanzioni di tenuta libri paga e matricola (scompare la maxi sanzione sull’omessa istituzione del libro matricola dal 4000 a 12000 euro);
k) il decreto ministeriale 30 ottobre 2002 - modalità di tenuta del libro matricola su supporti magnetici;
l) la legge 17 ottobre 2007, n. 188 - modalità di presentazione delle dimissioni volontarie;
Dal 18 agosto 2008 ogni norma che faccia riferimento ai “vecchi” libri obbligatori di lavoro o ai libri di matricola e di paga, deve essere riferita al libro unico del lavoro, per quanto compatibile.

per ulteriori informazioni info@studiogennai.com oppure fax 0587/949935

Libro Unico Lavoro (2 parte)

Continuo con l'esposizione delle normative relative al Libro Unico del Lavoro in vigore dal 16/01/2009

Luogo di tenuta
Il luogo di tenuta e conservazione del libro unico non è più, come in passato, il "luogo in cui si esegue il lavoro", ma alternativamente (art. 3, comma 1, DM 9 luglio 2008):
- la sede legale dell'impresa;
- la sede dello studio del consulente del lavoro o di altro professionista abilitato (articolo 5 comma 1, della legge n. 12/1979);
- la sede dei servizi e dei centri di assistenza delle associazioni di categoria delle imprese artigiane e delle altre piccole imprese, anche in forma cooperativa.

Per i gruppi di impresa si ribadisce che (art.31, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003), la società capogruppo può essere affidataria di tutti gli adempimenti di cui all'articolo 1 della legge n. 12/1979 per le società collegate del gruppo, ivi compreso l'affidamento della tenuta del libro unico del lavoro.
Al riguardo si precisa che per sede stabile, si intende “qualsiasi articolazione autonoma della impresa, stabilmente organizzata, che sia idonea ad espletare, in tutto o in parte, l’attività aziendale e risulti dotata degli strumenti necessari, anche con riguardo alla presenza di uffici amministrativi”. Senza queste caratteristiche la sede di lavoro deve ritenersi mobile o itinerante.
Il riferimento alla “sede legale” non sembra doversi intendere in modo rigoroso. Infatti, appare possibile la conservazione anche presso la sede in cui risiede il centro degli interessi dell’azienda e dove è presente l’amministrazione della società. Queste caratteristiche spesso si riscontrano in sedi aziendali diverse dalla sede legale.
Al riguardo va tenuto distinto il soggetto incaricato alla tenuta del libro unico, da colui il quale conservi lo stesso libro.
Infatti, il consulente del lavoro che assiste l’impresa può tenere il libro unico mediante uno dei sistemi previsti dal DM e non essere necessariamente il soggetto deputato alla conservazione (punto 12 Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15).
Si afferma, peraltro che (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008):
- non sarà più necessario istituire e tenere copie "conformi" del libro obbligatorio;
- resta fermo l'obbligo di preventiva comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente dell'affidamento della tenuta del libro unico del lavoro al consulente della lavoro, al professionista autorizzato o al servizio o centro di assistenza.
Sono, invece, esclusi dalla tenuta del libro unico del lavoro per conto delle aziende associate (come in passato per il libro paga e matricola), le associazioni di categoria delle aziende industriali e i centri elaborazione dati (articolo 1, comma 5 della legge n. 12/1979) anche se costituiti da consulenti del lavoro o da altri soggetti di cui alla legge n. 12/1979 (punto 8 Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15).

Numerazione unitaria
Possono essere autorizzati ad adottare un sistema di numerazione unica del Libro unico del lavoro per i datori di lavoro assistiti i seguenti soggetti (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095):
- i consulenti del lavoro e gli atri professionisti abilitati;
- i servizi e i centri di assistenza delle associazioni di categoria delle imprese artigiane e delle altre piccole imprese, anche in forma cooperativa;
- nei gruppi di impresa le società capogruppo delegate dalle società controllate e collegate all'esecuzione degli adempimenti di cui all'art. 1 della Legge n. 12/1979

Non sono altresì autorizzati all’adozione della numerazione unica i centri elaborazione dati di cui all’articolo 1, comma 5 della legge n. 12/1979; ciò anche se tale centro e costituito, controllato o semplicemente assistito da un consulente del lavoro (punto 8.2 Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15).
Tali soggetti, devono, peraltro (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008):
- munirsi, preventivamente, di una delega scritta da ciascun datore di lavoro assistito, la quale potrà risultare anche dalla lettera di incarico o da altro documento similare (art. 2, comma 1, DM 9 luglio 2008).
- inviare all’Inail, contestualmente alla prima richiesta di autorizzazione, in via telematica, un elenco dei datori di lavoro assistiti, indicandone il codice fiscale;
- comunicare all'Istituto, sempre in via telematica, la formalizzazione dell'incarico da parte di un nuovo datore di lavoro ovvero la cessazione dell'incarico nei confronti di uno dei datori di lavoro già comunicati, entro 30 giorni dall'evento.

I soggetti già abilitati alla tenuta del libro paga unificato per più datori di lavoro, ferma restando tale abilitazione, sono tenuti, entro la fine del periodo transitorio, a presentare un elenco dei soggetti assistiti all'INAIL.
L'Istituto provvederà a una verifica formale delle condizioni di autorizzazione, soprattutto, per quanto attiene alla repressione di eventuali ipotesi di abusivismo.
La numerazione unitaria, indipendentemente dalle modalità di realizzazione del libro unico, dovrà essere unica per ciascun autorizzazione.

Le sedi Inail hanno la facoltà, anche su indicazione della Direzione provinciale del lavoro, di sospendere o revocare le autorizzazioni alla numerazione unitaria in tutti i casi in cui la tenuta del libro unico del lavoro da parte del soggetto autorizzato mostri elementi di dolo o di gravi mancanze rispetto alle modalità di regolare gestione dello stesso, sia relativamente alla tenuta unitaria che riguardo alle scritturazioni eseguite.

Obblighi di registrazione
Le registrazioni sul libro unico del lavoro (art.39, comma 1, D.Legge n. 112/2008 conv. Legge 133/2008) sono obbligatorie (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008):
- per la generalità dei lavoratori subordinati inseriti nell'organizzazione d'impresa,
- per i lavoratori in somministrazione, che pertanto risulteranno iscritti nel libro unico dell'utilizzatore oltreché in quello dell'agenzia per il lavoro che li assume,
- per i collaboratori coordinati e continuativi;
- per i collaboratori coordinati e continuativi a progetto;
- per i collaboratori coordinati e continuativi occasionali (cd. "mini-co.co.co.");
- per gli associati in partecipazione con apporto di lavoro.

Con riferimento a ciascun lavoratore il cui il rapporto di lavoro sia riconducibile a una delle tipologie contrattuali menzionate devono essere indicati:

- il nome e cognome;
- il codice fiscale;
- la qualifica e il livello di inquadramento contrattuale (nei casi in cui ricorrono);
- la retribuzione base;
- l'anzianità di servizio;
- le relative posizioni assicurative e previdenziali.
nonché (art.39, comma 2, D.L.n. 112/2008)
- ogni altra annotazione riferita a dazioni in denaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro;
- le somme a titolo di rimborso spese;
- le trattenute a qualsiasi titolo effettuate;
- le detrazioni fiscali;
- i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare;
- le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali.
- le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario, individuate specificatamente.

Il libro unico del lavoro, inoltre, deve contenere il calendario delle presenze.
Per i lavoratori dipendenti dovranno risultare registrate, per ogni giorno:

- il numero delle ore di lavoro effettuate;
- l'indicazione delle ore di straordinario;
- le eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite;
- le ferie;
- i riposi.

Le annotazioni relative alla presenza o assenza dei lavoratori devono essere effettuate utilizzando causali inequivoche, risultanti da apposita legenda tenuta anche separatamente dal libro unico.

Infine (art.39, comma 5, D.L. n. 112 del 2008 conv. Legge 133/2008) il datore di lavoro può, nei confronti dei lavoratori subordinati, assolvere all'obbligo di consegna del prospetto di paga (legge 5 gennaio 1953, n. 4) mediante consegna di una fotocopia delle scritturazioni effettuate sul libro unico del lavoro.
In tal caso, tuttavia, l'adempimento si intende comunque assolto anche se la copia delle registrazioni consegnata al lavoratore non comprende i dati relativi al calendario delle presenze.
Le scritturazioni obbligatorie sul libro unico del lavoro (art.39, comma 3, D.L. n. 112/2008 conv. Legge 133/2008), devono avvenire "per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo.

Gli eventi ed elementi cui fare riferimento sono (Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15).
1 compensi per lavoro straordinario;
2 indennità di diaria o missione;
3 indennità economica di malattia o maternità anticipate dal datore di lavoro per conto dell'INPS;
4 indennità riposi per allattamento;
5 giornate retribuite per donatori di sangue;
6 riduzioni delle retribuzioni per infortuni sul lavoro indennizzabili dall'INAIL;
7 permessi non retribuiti;
8 astensioni dal lavoro;
9 indennità per ferie non godute;
10 congedi matrimoniali;
11 integrazioni salariali (non a zero ore);
12 ratei di retribuzione del mese in caso di nuova assunzione (circolare Inps n. 117/2005).

Casi particolari ed esclusioni
Per i lavoratori retribuiti in misura fissa o a giornata intera o per periodi superiori deve essere annotata solo la giornata di presenza al lavoro; in tale ipotesi permane l'obbligo di indicare la casuale relativa alle assenze (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).
Tale obbligo riguarda anche i collaboratori autonomi iscritti sul libro unico del lavoro, in merito alle assenze che hanno riflesso su istituti legali o prestazioni previdenziali.
Nei casi in cui il lavoratore non percepisca alcuna retribuzione o compenso, ad esempio alcuni collaboratori amministratori di società, ovvero non presti attività lavorativa, ad esempio il lavoratore intermittente nei periodi di stand by, la registrazione sul libro unico del lavoro deve essere effettuata solo in occasione della prima immissione al lavoro e, successivamente, per ogni mese in cui il lavoratore si trovi a svolgere l'attività lavorativa o a percepire compensi o somme, nonché al termine del rapporto medesimo.
In caso di lavoro a chiamata con obbligo di risposta le scritturazioni sul libro unico sono da intendersi sempre obbligatorie, anche nei periodi in cui il lavoratore percepisce la sola indennità di disponibilità.
Vanno esclusi dalle registrazioni nel libro unico del lavoro tutti quei soggetti che svolgano tali attività in forma professionale o imprenditoriale autonoma, quali, a titolo esemplificativo:
- agenti e rappresentanti individuali che svolgono l'attività in forma di impresa;
- amministratori, sindaci e componenti di collegi e commissioni, i cui compensi sono attratti nei redditi di natura
professionale;
- associati in partecipazione, che svolgano tale attività in forma imprenditoriale o quale parte della propria attività di impresa o lavoro autonomo.

Per quanto riguarda i lavoratori in somministrazione, l'utilizzatore dovrà limitarsi ad annotare i dati identificativi del lavoratore (nome, cognome, codice fiscale, qualifica e livello di inquadramento contrattuale, agenzia di somministrazione), mentre il somministratore dovrà procedere alle annotazioni integrali anche con riferimento al calendario delle presenze e ai dati retributivi.

I datori di lavoro agricoli che, assumendo lavoratori per un numero di giornate non superiori a 270 in ragione di anno, adottavano il registro d'impresa semplificato (allegato B del D.M. 29 settembre 1995) sono esonerati dal documentare la registrazione delle presenze nel libro unico del lavoro.

In merito al lavoro a domicilio (legge n. 877 del 1973 modificata dall'articolo 39, comma 9, D.L. 112 del 2008 conv. Legge 133/2008) nel libro unico del lavoro dovranno essere riportati, con riferimento a ciascun lavoratore a domicilio, anche i seguenti dati:
- le date e le ore di consegna del lavoro;
- le date e le ore di riconsegna del lavoro;
- la descrizione del lavoro eseguito;
- la specificazione della quantità e della qualità del lavoro eseguito.

I dati sul lavoro a domicilio potranno essere esposti sul libro unico del lavoro, regolarmente istituito e tenuto, anche con modalità analoghe a quelle in atto con riferimento all'abrogato libretto personale di controllo, secondo l'organizzazione della singola azienda o del soggetto cui è affidata la elaborazione e la tenuta del libro stesso, ferma restando l'unicità documentale del libro unico del lavoro.

per maggiori informazioni info@studiogennai.com oppure fax 0587/949935

Libro Unico Lavoro (1 parte) in vigore dal 16/01/2009

Dal 16/01/2009 è entrato in vigore il Libro Unico del Lavoro, se ne spiegano le finalità e modalità operative. Data la complessità della materia le esposizioni vengono trattate in 3 parte che verranno pubblicate a breve

Libro unico del lavoro (1 parte)

Nozione

Il Libro unico del lavoro nasce da una esigenza di semplificazione in materia di tenuta dei documenti di lavoro. A tale fine sono stati soppressi i libri paga e matricola ed è stato istituito detto Libro unico costruito sulla base di due elementi:
- le presenze del lavoratore;
- lo sviluppo del trattamento retributivo.

Il Libro unico del lavoro equivale, infatti, al cedolino paga tenuto con i sistemi attualmente previsti, integrato, sugli stessi sistemi, con il dettaglio delle presenze del lavoratore. Esso assolve alla duplice funzione di documentare ad ogni lavoratore lo stato del proprio rapporto di lavoro ed agli organi di vigilanza lo stato occupazionale dell'impresa (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095).

Entrata in vigore
A seguito della eliminazione dei libri paga e matricola e di altri libri obbligatori e della loro sostituzione, a far data dal 18 agosto 2008, è operativo il libro unico del lavoro (articoli 39 e 40 del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 e D.M. 9 luglio 2008) in particolare (Principio Fondazione studi CDL del 21 novembre 2008, n. 15 punto 18):
- fino al 17 agosto 2008 i datori di lavoro erano tenuti ad istituire e tenere gli ordinari libri matricola, paga, registro autotrasporto eccetera, con le “vecchie” modalità;
- tra il 18 agosto 2008 e il 31 dicembre 2008 (periodo transitorio), i datori di lavoro che non adottano il libro unico possono continuare a tenere il solo libro paga tradizionale costituito dal cedolino e dal registro delle presenze nelle modalità legittimate dalla norma previgente (cartaceo, badge, cartellini eccetera). Il libro matricola a partire dal 18 agosto non viene più vidimato dall’Inail e dalla stessa data non ricorre più alcun obbligo di tenuta;
- a partire dal 1° gennaio 2009, tutti i datori di lavoro sono tenuti ad istituire e tenere il libro unico del lavoro con le modalità sopra descritte. Per le aziende in essere che gestiscono autonomamente il i prospetti paga, si ritiene sia sufficiente adeguare la stampa dei documenti con le modalità previste dalle nuove disposizioni senza procedere ad alcuna formale comunicazione agli Enti. Diversamente, nel caso di datore di lavoro che abbia affidato la tenuta del libro al professionista, (circolare n. 20/2008) è previsto che quest’ultimo comunichi all’Inail - entro il 16 gennaio 2009 - l’elenco delle aziende assistite.

I soggetti obbligati
Sono obbligati alla istituzione e alla tenuta del nuovo libro obbligatorio i datori di lavoro privati di qualsiasi settore, compresi i datori di lavoro agricoli, quelli dello spettacolo, quelli dell'autotrasporto e quelli marittimi, con la sola eccezione dei datori di lavoro domestico (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).

Nel libro unico del lavoro dovranno essere indicati i dati relativi:
- ai lavoratori subordinati;
- ai lavoratori subordinati occupati presso sedi operative situate all'estero;
- ai lavoratori in missione nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro;
- ai lavoratori distaccati;
- ai collaboratori coordinati e continuativi, indipendentemente dalla modalità organizzativa (con o senza progetto);
- agli associati in partecipazione con apporto lavorativo (anche se misto, capitale e lavoro).

Sono altresì obbligate a istituire il libro unico le società, anche cooperative, per i soci solo nel momento in cui gli stessi instaurano uno specifico rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i propri dipendenti, collaboratori e associati in partecipazione con apporto di lavoro, alla medesima stregua della generalità dei datori di lavoro.

Soggetti esclusi
Non sono più oggetto di registrazione, invece, i dati riguardanti (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008):

- i collaboratoti e i coadiuvanti delle imprese familiari;
- i coadiuvati delle imprese commerciali;
- i soci lavoratori di attività commerciale e di imprese in forma societaria.

Non sono obbligati, pertanto, alla tenuta del libro unico del lavoro:

- le società cooperative di produzione e lavoro ed ogni altro tipo di società, anche di fatto, per il lavoro manuale e non manuale (quando sovrintendono al lavoro altrui) dei rispettivi soci;
- l'impresa familiare per il lavoro, con o senza retribuzione, del coniuge, dei figli e degli altri parenti e affini, che nell'impresa prestino attività manuale o non manuale (salvo che non siano dipendenti, collaboratori coordinati o associati in partecipazione con apporto lavorativo);
- i titolari di aziende individuali artigiane che non occupano lavoratori dipendenti, collaboratori coordinati o associati in partecipazione, ma operino con solo del titolare o avvalendosi esclusivamente di soci o familiari coadiuvanti;
- le società (di persone e di capitali) e le ditte individuali del commercio (terziario) che non occupino dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi a progetto, associati in partecipazione o simili, ma operino solo col lavoro del titolare o dei soci lavoratori;
- le pubbliche amministrazioni, le quali provvedono alle prescritte registrazioni mediante i fogli o cedolini o ruoli di paga, elaborati individualmente per ciascun dipendente pubblico.

Obbligo di istituzione e tenuta
Il libro unico del lavoro ha la funzione di documentare a ogni singolo lavoratore lo stato effettivo del proprio rapporto di lavoro e agli organi di vigilanza lo stato occupazionale della impresa (Circolare n. 20 del 21 agosto 2008).

Il datore di lavoro deve istituire e tenere un solo ed unico libro, anche in presenza di più posizioni assicurative e previdenziali in ambito aziendale o di più sedi di lavoro, sebbene stabili ed organizzate.
Il Libro unico del lavoro non può essere tenuto in forma manuale (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095).
La tenuta e la conservazione del libro unico del lavoro può essere effettuata soltanto mediante la utilizzazione di uno dei seguenti sistemi (art.1 DM 9 luglio 2008):

- a elaborazione e stampa meccanografica su fogli mobili a ciclo continuo, con numerazione di ogni pagina e vidimazione prima della messa in uso presso l'INAIL o, in alternativa, con numerazione e vidimazione effettuata, dai soggetti appositamente autorizzati dall'INAIL, in sede di stampa del modulo continuo;

- a stampa laser, con autorizzazione preventiva, da parte dell'INAIL, alla stampa e generazione della numerazione automatica;

- su supporti magnetici, sui quali ogni singola scrittura costituisca documento informatico e sia collegata alle registrazioni in precedenza effettuate, o ad elaborazione automatica dei dati, garantendo oltre la consultabilità, in ogni momento, anche la inalterabilità e la integrità dei dati, nonché la sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite, nel rispetto delle regole tecniche vigenti (art.71 D.Lgs n. 82 del 7 marzo 2005). Tali sistemi sono sottratti ad obblighi di vidimazione ed autorizzazione, previa apposita comunicazione scritta, anche a mezzo fax o e-mail, alla DPL competente per territorio, prima della messa in uso, indicando dettagliatamente le caratteristiche tecniche del sistema adottato.

I documenti informatici che compongono il libro unico del lavoro:

- devono avere la forma di documenti statici non modificabili
- devono essere emessi, per garantirne l'attestazione della data, l'autenticità e l'integrità, con l'apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica.
- possono essere memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità nel tempo, a condizione che sia assicurato l'ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità per ciascun periodo di paga
- devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni degli archivi informatici in relazione al cognome e nome e al codice fiscale del lavoratore, alla data e alle associazioni logiche di tali dati.

Il libro unico su supporti magnetici deve essere reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico (formato "pdf"), in caso di verifiche, controlli o ispezioni.

Indipendentemente dal diverso sistema adottato, resta fermo l'obbligo, in fase di stampa (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095):

- attribuire a ciascun foglio che compone il libro unico del lavoro una numerazione sequenziale;
- conservare eventuali fogli deteriorati o annullati;
- istituire un documento unitario. Non è infatti possibile istituire sezioni distinte del libro unico del lavoro, il quale dovrà essere costituito da un documento unitario, quanto a vidimazione, numerazione, registrazioni, tenuta e conservazione.

E’, tuttavia, corretta, e quindi non sanzionabile, all'interno del libro unico del lavoro regolarmente istituito, l'eventuale elaborazione separata del calendario delle presenze, mantenendo ovviamente una numerazione sequenziale.
Al fine di semplificare la registrazione, i dati del calendario delle presenze potranno essere esposti sul libro unico del lavoro anche con modalità analoghe a quelle in atto con riferimento alla sezione presenze dell'abrogato libro paga, secondo l'organizzazione della singola azienda o del soggetto cui è affidata la elaborazione e la tenuta del libro stesso, ferma restando l'unicità documentale del libro unico del lavoro.

Elaborazione e stampa meccanografica su fogli mobili a ciclo continuo
In tale ipotesi, il Libro unico del lavoro, prima di essere messo in uso, deve essere numerato in ogni pagina e vidimato presso una qualsiasi Sede dell'Istituto dai funzionari a ciò incaricati (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095).
Nel caso in cui l’elaborazione e stampa meccanografica su fogli mobili a ciclo continuo con numerazione e vidimazione effettuata, sia effettuata dai soggetti autorizzati dall’Inail (datori di lavoro, consulenti del lavoro, professionisti e gli altri soggetti abilitati) è necessario che tali utenti presentare all'Inail una richiesta di autorizzazione alla vidimazione in fase di stampa tipografica del tracciato dei moduli da utilizzare.
La richiesta di autorizzazione alla vidimazione in fase di stampa tipografica dei moduli può essere presentata presso una qualsiasi Sede dell'Istituto
Dal 16 gennaio 2009, la vidimazione del Libro unico del lavoro va registrata in procedura Gestione Rapporto assicurativo (GRA) esclusivamente con riferimento al "Codice Cliente" e non più alla Posizione Assicurativa Territoriale (PAT),

Stampa laser
Al riguardo, gli Utenti debbono presentare ad una qualsiasi Sede Inail una iniziale richiesta di autorizzazione alla vidimazione in fase di stampa laser del Libro unico del lavoro (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095).
L'autorizzazione alla vidimazione in fase di stampa laser del Libro unico del lavoro riguarda il Libro nel suo complesso, anche in caso di eventuale elaborazione separata del calendario delle presenze.
Tutti i soggetti autorizzati alla vidimazione in fase di stampa laser sono tenuti al rispetto delle seguenti condizioni:

- la stampa del tracciato deve essere conforme al fac-simile autorizzato
- il programma di elaborazione deve prevedere la data e l'ora di stampa di ogni foglio
- su ogni foglio devono, inoltre, essere riportati il numero progressivo della pagina, il numero di autorizzazione attribuito, la data di autorizzazione e il codice della Sede Inail che ha rilasciato l'autorizzazione.

Rispetto ai previgenti adempimenti viene meno l'obbligo di produrre il prospetto riepilogativo mensile delle retribuzioni, nonché l'obbligo di inoltrare alla Sede Inail, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, detto prospetto riepilogativo.

Supporti magnetici e sistemi di elaborazione automatica dei dati
Il Libro unico del lavoro può essere tenuto con modalità informatiche e precisamente (Nota Inail del 10 settembre 2008, n. 7095):

- su supporti magnetici, a condizione che ogni singola scrittura costituisca documento informatico e sia collegata alle registrazioni in precedenza effettuate. Il documento informatico deve avere la forma di documento statico non modificabile e deve essere emesso, al fine di garantirne l'attestazione della data, l'autenticità e l'integrità, con l'apposizione del riferimento temporale e della firma digitale;

- con sistemi di elaborazione automatica dei dati che garantiscano la consultabilità dei dati in ogni momento, l'inalterabilità e l'integrità dei dati, nonché la sequenzialità cronologica delle operazioni eseguite, nel rispetto delle regole tecniche stabilite dal Codice dell'Amministrazione digitale;
Unico adempimento per i soggetti che si avvalgono di questa modalità di tenuta è l'inoltro di un'apposita comunicazione scritta, anche a mezzo fax o e-mail, alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, prima della messa in uso, con l'indicazione dettagliata delle caratteristiche tecniche del sistema adottato.

per maggiori informazioni info@studiogennai.com oppure fax 0587/949935